racconti - stories


Valerio Sgalambro

 


Valerio Sgalambro, nato a Francofonte i129.3.1961 residente in Via Degli Orti Oricellari, 26 -50123 Firenze.
Tel. 055.291199 e-mail valerio.sgalambro@poste.it


Esperienze formative
Conseguita Laurea in Pedagogia presso l'Università degli Studi di Firenze con una valutazione complessiva di 108/110 discutendo una tesi dal titolo: "La dimensione neuropsicologica e spirituale del colore".
Completato Training di Formazione in Psicosomatologia ex-spressionale della durata complessiva di quattro anni più un anno introduttivo di sensibilizzazione alla formazione.
Diplomato in Musicoterapia presso il CETOM Centro Toscano di Musicoterapia di Firenze.
Frequentato il Training formativo di introduzione alla scienza di guarigione riconosciuto dal Sistema Sanitario degli Stati Uniti presso la "Barbara Brennan School of Healing in San Francisco California.
Conseguita attestazione alla frequenza di vari corsi riguardanti l'area della Corporeità quali: Anatomia Esperienziale, Tecnica Metamorfica, Osteopatia Craniale, Integrazione Funzionale, Eutonia, Pedagogia Curativa, Medicina Andina, Euritmia, Pittura ed Arte Espressiva, Globalità dei Linguaggi, Shiatsu.

Esperienze Professionali
Dal 29.3.96 al 20.9.96, ha svolto un periodo di Tirocinio professionale, presso il Servizio di Tutela e Salute Mentale dell'U.S.L. n. 8 di Siracusa, all'interno dell'U.O. Neuropsichiatria Infantile con un progetto riguardante la riabilitazione dei bambini autistici in acqua.
Dal 7.7.95 al 20.3.96 e dal 20.10.96 al 1.7.98, ha collaborato con il Centro Studi L.A.M.P.F. (Laboratorio Medico Psicologico Fiorentino), con l'incarico di Pedagogista Professionale, in un progetto sperimentale di "terapia combinata corpo-mente" occupandosi, in equipe con Psicologi e Neuropsichiatri del recupero di soggetti recanti danni emozionali ed alla rieducazione delle abitudini alimentare in soggetti bulimici e anoressici.

Presidente dell'A.N.P.E (Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani) della Regione Toscana, con nomina elettiva del 29.3.98 dell'Assemblea Regionale dei
Soci tenutasi a Firenze presso la sede del Consiglio del Quartiere 5 - Villa Fabbricotti, per quattro anni consecutivi.
Responsabile della Direzione e della Programmazione del Cielo di Conferenze pubbliche mensili per gli anni 1999-2000-2001 organizzato in collaborazione con il Comune di Firenze - Assessorato alla Pubblica Istruzione ed Assessorato alla Cultura dal titolo: "Incontri Pedagogici", tal evento, ha coinvolto più di cinquanta Relatori e professionisti del settore.

Direttore Responsabile del progetto di prevenzione e intervento allo stress e al burn out effettuato con un gruppo pilota di 26 infermieri dell'Azienda Sanitaria 10 di Firenze presso il Salone Martino V dell'Ospedale S. Maria Nuova di Firenze.
Direttore Responsabile del corso d'aggiornamento, per lo sviluppo dell'area espressivo-relazionale dei responsabili A.V.O. (Associazione Volontari Ospedalieri) per la Sezione di Firenze in data 03.03.1999.
Membro della Consulta Nazionale dei Pedagogisti Liberi Professionisti della FIPED (Federazione Nazionale Pedagogisti) giusta nomina del Consiglio Direttivo Nazionale n. 97-A2.
Direttore del progetto formativo area tematica n 8 "Il corpo e il suo linguaggio" e Docente dello stesso corso di formazione, per il personale educativo del Comune di Roma, a seguito assegnazione con regolare gara d'appalto giusta Delibera Consigliare n.3363 del 22.09.98.
Responsabile e docente del Master triennale per Armonizzatori Familiari riconosciuto dalla SIAF (Società Italiana Armonizzatori Familiari).
Convenzionato con l'Università agli Studi di Firenze come Tutor per gli studenti al corso di laurea in Scienza dell'Educazione con delibera Rettorale n. 92/99 del 08.03.1999
Direttore Didattico del Master triennale in "Pedagogia Olistica" rivolto a Laureati in Pedagogia e Scienza dell'Educazione.
Presidente dell'istituto I.B.A. di Firenze, Ente abilitato dall'Università agli studi di Padova, ad ospitare psicologi per il loro tirocinio professionale post-lauream.
Dal 24 aprile ad oggi titolare dello STUDIO PEDAGOGICO I.B.A. di Valerio Sgalambro libero professionista con partita IVA 04882650486.

Esperienze didattiche
Nell'anno accademico 1996 ha svolto attività di docenza con l'incarico di cultore della materia presso la Cattedra di Pedagogia Generale dell'Università degli Studi di Firenze con il Prof Antonio Sbisà ed espletando infine, in collaborazione con lo stesso Docente i rispettivi lavori della Commissione d'esame.
Ha svolto attività di Docenza, per conto dell'U.O. Educazione alla Salute dell'A.S.L. n. 8 di Siracusa all'interno del Progetto D.E.S.A. rivolto agli insegnati della scuola elementare e materna del secondo circolo didattico nell'aprile 1996.
Direttore Responsabile e Docente del progetto d'aggiornamento quadriennale, con inizio dicembre 1996 per le educatrici degli asili nido del Comune dì Siracusa riguardante l'area della corporeità e dei linguaggi non verbali.

Docente al corso di formazione"Assistenza infermieristica in oncologia"
organizzato dall'U.O. Formazione Permanente del Personale dell'ASL n 8 di Siracusa nelle date: 05,12,19,26, ottobre e 09 novembre 1997. La docenza giusta nomina del Direttore Generale dell'Azienda, riguarda in particolare, gli aspetti psicologici, la qualità della vita, le terapie di supporto e di riabilitazione dei soggetti affetti da malattia terminale, soffermandosi in particolare sugli aspetti antalgici del trattamento oncologico.

Direttore Responsabile e Docente del progetto d'aggiornamento dal titolo "Dal contatto alla relazione", autorizzato ai fini della Circolare Ministeriale n. 309 del 2.7.96, Direttiva n. 305 del 1.7.96 del Provveditorato agli Studi di Firenze per due anni consecutivi. Tale progetto è stato realizzato in parecchi circoli didattici del Comune di Firenze.
Docente di "Problem Solving" nell'anno 1997 al Master di "Pedagogia Relazionale", legalmente riconosciuto dalla Regione Toscana, con un programma di studio sul modello A.T.I. (Interazione - Trattamento - Attitudini) nella prospettiva attualmente dominante dell'Information Processing.
Relatore al 3° Congresso Scientifico Nazionale "Etica e Qualità dei Processi Formativi - Prospettive Italiane ed Europee" organizzato dall'ANPE nella sede dell'Università di Bari Aula Magna il 19-20 novembre 1999. L'intervento, nello specifico, riguardava l'Etica e la Qualità nella Formazione Socio-Sanitaria.
Relatore e Responsabile dell'area educativa del convegno nazionale "Costruiamo il futuro per una nuova coscienza planetaria" organizzato dall'Associazione Nuovo Mondo con il patrocinio della Regione Veneto in data 11.12.13 maggio 2001.
Relatore al convegno "Dedalo" progetto interdisciplinare organizzato dalla sede regionale Toscana della SIPO (Società Italiana di Psico Oncologia) in data 06 giugno 2001, con un intervento che riguardava "Il supporto alle Famiglie dei Malati terminali".
Relatore al convegno IMC dal titolo "Chi ha rubato il futuro" Il disagio giovanile nella società postindustriale, organizzato con il patrocinio della Regione Toscana e del Dipartimento di Pediatria dell'Università di Firenze, in data 09 novembre 2001, presso la sede della sala conferenze della Regione Toscana.
Relatore e conduttore del Workshop "La Via della Bellezza una Medicina per l'Anima" al Convegno Nazionale "Medicine e Guarigioni" organizzato dall'Associazione Viriditas in data 1-2 dicembre 2001 con l'alto patrocinio della Regione Toscana.
Relatore alla V Biennale Internazionale sulla Didattica Universitaria organizzata dall'Università agli Studi di Padova 1.2.3. dicembre 2004 "Quale cultura e competenza per la formazione dell'insegnante oggi" Sessione parallela: la Formazione dei Docenti in Ambito Sanitario.
Pubblicazioni
Nel 1999 viene pubblicato il libro "Piccole Fiabe per Grandi Bambini" da Coppini Editori - Firenze.
Si tratta di tre racconti apologhi che si inseriscono del filone letterario del racconto fiabesco e fantastico. Il linguaggio metaforico utilizzato diventa quel filo conduttore delle vicende e dei messaggi educativi della Pedagogia del terzo millennio.

Nel bimestre Febbraio/Marzo 2004, sulla rivista nazionale di medicina e conoscenza olistica "Armonia & Salute Naturale" viene pubblicato un articolo dal titolo "La Coppia Maltrattata" per la sezione PEDAGOGIA.

Nel bimestre Maggio/Giugno 2004, sulla rivista nazionale di medicina e conoscenza olistica "Armonia & Salute Naturale" viene pubblicato un articolo dal titolo "Responsabilità o Rassegnazione" per la sezione PEDAGOGIA.
Nel bimestre Settembre/Ottobre 2004, sulla rivista nazionale di medicina e conoscenza olistica "Armonia & Salute Naturale" viene pubblicato un articolo dal titolo "La radice dell'Autotradimento" per la sezione PEDAGOGIA.

Nel sito www.piuchepuoi.it/iba e nel settimanele Toscano di annunci economici" la locandina" sono stati pubblicati i seguenti articoli: La dipendenza Affettiva; Il tradimento è un maltrattamento; La via dell'Amore; Il tradimento della psicoterapia; La radice dell'autotradimento; Il senso dell'inquietudine; La giungla terapeutica; Lettera di addio alla scuola; La via della bellazza; La Schiavitù della Dagnosi:


Lumen


C'era una volta, lontano lontano, tanto tempo fa, una splendida Principessa che abitava in un paese straordinario di nome Lumen. Qui gli abitanti vivevano sereni e immersi nell'amore e nella gioia, poiché fra di loro non vi era nessun tipo di mistero; la luce stessa del posto, finissima e purissima, aveva la proprietà di far brillare qualsiasi parte buia, favorendo una felice comunione tra gli abitanti e la natura, gli animali e le piante.
Un pomeriggio d'estate, quando il sole stava per volgersi al tramonto e la bellezza del luogo si esaltava nelle sue più alte vette, una strega infelice e cattiva, inviata in missione speciale dalla tribù delle tuniche nere, catturò la bellissima Principessa, mentre si trovava assorta a cantare e danzare per il suo popolo.
Il rapimento avvenne in un batter d'occhio, ed ancora prima che potessero essere chiamati i soccorsi, la nostra giovane sovrana si trovò rinchiusa in una cella sotterranea del Paese di Solitudine.
Il Tiranno di Solitudine, contrariamente ai suoi seguaci che erano costretti ad indossare delle lunghe tuniche nere, vestiva di bianco perché non potendo vivere la luce dell'anima, si ammantava di colori chiari e pietre preziose per brillare di luce riflessa e costringeva a vestirsi di nero non solo i suoi sudditi, ma anche i prigionieri che catturava nel regno di Lumen.
Tutto ciò però non gli bastava e, per quanti stratagemmi potesse adoperare, non riusciva a vivere di luce propria e non sopportava l'idea che potessero esistere degli esseri di luce in grado di brillare in modo naturale. Decise così di impadronirsi assolutamente della luce di Lumen, perciò ne fece rapire la Principessa.
Nel Regno di Solitudine, dove viveva la tribù delle tuniche nere, i prigionieri erano rinchiusi in piccole scatole di pietra nera chiamate Famiglie, costretti a vivere in un'apparente intimità priva di qualsiasi comunicazione e scambio, fino al punto da dimenticarsi la loro origine di Esseri di Luce e di Splendore.
Per la Principessa questo non poteva accadere, dal momento che la sua danza e il suo canto generavano una luce potentissima in grado di dissolvere qualsiasi principio di ombra.
Fu per questo che nel cuore della notte la strega cattiva, fedele fautrice del Tiranno, senza fare il minimo rumore, si avvicinò con passi felpati nella stanza dove dormiva la Principessa e, senza farsi sentire, con molta prudenza, cominciò ad installare pazientemente sul cuore della Principessa una speciale griglia sottilissima quasi impercettibile chiamata Vergogna, in grado di impedire qualsiasi emanazione di luce.
Il giorno dopo, quando la Principessa si svegliò e andò in contro al Sole per salutarlo, si accorse che aveva delle difficoltà, non riusciva più a cantare e non era più in grado di danzare, i suoi movimenti non erano più spontanei, sembravano come filtrati, impediti da un qualcosa di cui non si rendeva conto. Più tentava di muoversi liberamente, più si sentiva impacciata, e non c'era niente da fare… La luce, non potendo più sgorgare liberamente dal suo cuore, ben presto incominciò a trovare vie alternative.
Al di là del Sentiero dell'Intenzione Pura vi era il Fiume Logos conosciuto come il fiume dei Miraggi. Gli abitanti di Lumen conoscevano benissimo il pericolo nell'attraversarlo: essendo, infatti, essi stessi Esseri di Luce, si riflettevano in queste acque, smarrendosi in un infinito gioco di specchi. Dietro questo fiume vi era la vallata dei Fantasmi della Mente: fin qui davvero nessun essere non si era mai spinto; in passato le rare persone che avevano osato, non erano più riuscite a tornare indietro. Un'antica leggenda tramanda che in questa valle non ci fosse nulla su cui appoggiarsi per un'eventuale sosta, ai visitatori non era concesso di riposarsi un attimo, dal momento che vi era un continuo turbinio di immagini… ma non solo: più si andava avanti, più lo scenario cambiava in un ininterrotto succedersi di fogge, ora bizzarre, ora accattivanti e seducenti, altre inquietanti e spaventevoli.
Trovandosi senza la Principessa, nel giro di poco tempo, gli abitanti di Lumen cominciarono a perdere la loro luminosità. Tutti si davano pena per cercarla e non trovavano più il tempo per cantare e danzare, diventando così ben presto facili prede per le tuniche nere.
Nel frattempo anche alla Principessa era stato imposto di fare giuramento di fedeltà sul librone nero del Caso, dimenticando così il proprio paese d'origine e accettando le regole di Paura e Separazione.
Per gli abitanti di Solitudine, il Caso era considerato la loro unica fonte di verità: non potendo sentire più con il proprio cuore, essi si affidavano al senso delle parole che provenivano dalla valle dei Fantasmi della Mente. L'eco di tali parole generava loro un ridondante stato di confusione e di smarrimento, sovralimentato dai professionisti della valle della mente, in grado di tenerli in prigione senza l'uso di catene.
Questa sottomissione al Caso era la vera causa delle malattie che iniziavano ad imperversare, nel frattempo e in gran quantità, nel Regno di Lumen.
Perdendo la naturale predisposizione ad ascoltare il loro sistema di bilanciamento, i cittadini di Lumen cominciarono a sperimentare la disarmonia e la malattia. L'unico modo per ritrovare il loro perduto equilibrio era di affidarsi ai Chironi, specialisti vicari delle tuniche nere, che tagliavano a pezzi il loro corpo fatto buio e n'offrivano le parti eliminate al proprio Tiranno per placare la sua insaziabile fame di luce.
A Solitudine i prigionieri vivevano apparentemente liberi, potevano andare ovunque, ma non sapevano più dove andare, perché non si ricordavano chi erano, potevano parlare e scriversi di tutto, ma non essendo in contatto con il loro cuore, non riuscivano a capirsi l'unaltro.
Non potendosi più nutrire di luce, i reclusi di Lumen avevano imparato dagli abitanti di Solitudine a mangiare animali vivi per nutrire nel loro interno l'illusione di un mondo animato che sfuggiva al controllo dei loro dominatori.
Secondo le specie animali che i nostri carcerati ingerivano, alimentavano le loro fantasie, che affioravano liberamente e variavano a seconda del tipo di cibo, ad esempio: quelli che si nutrivano di vitellini, generalmente uomini grossolani, alimentavano la fantasia di esseri forti e virili, quelli invece che mangiavano i maialini, gli intellettuali, rafforzavano la loro fantasia di ingegno. Le donne, invece, preferivano i pesci che le aiutavano a svincolarsi da tutti gli intrighi in cui erano solite cacciarsi. Le classi sociali più evolute, al contrario, preferivano la selvaggina per meglio alimentare la fantasia della libertà e della supremazia. La Principessa, invece, preferiva cibarsi di ranocchi che, saltellando in continuazione, le conferivano una certa levità; a volte, invece, sceglieva dei Cammellini, che con il loro musino coccoloso le conferivano un'aria di ammirevole tenerezza.
Gli animali che servivano per sostenere le fantasie degli abitanti di Solitudine erano quelli rubati a Lumen durante le notti di luna piena e condotti, di nascosto, in speciali recinti separati fra di loro, secondo la loro specie di appartenenza.
Così, in breve tempo a Lumen non solo cominciarono a sparire gli animali ma, stranamente, si scorgevano in giro sempre meno bambini; pare addirittura che il Tiranno di Solitudine si nutrisse di questi, anche se nessuno però lo aveva visto con certezza…
Le forze oscure di Separazione e Dominio, valorosi Generali al comando della tribù delle tuniche nere, stavano conquistando sempre più potere su Lumen. Lo stesso Re aveva perso la sua magnificenza, nel tentativo di contrastare le forze contrarie. Affranto dal dolore per la perdita della giovane figlia aveva perfino perso la sua gloriosa lucentezza e, non intravedendo altra soluzione, si stava preparando alla resa che avrebbe dovuto verificarsi in concomitanza con il prossimo solstizio d'inverno.
Il Tiranno di Solitudine per quella data, infatti, aveva già organizzato un Giubileo per festeggiare la vittoria sulla luce di Lumen. Finalmente nessuno più sarebbe riuscito a brillare e mettere in secondo piano il tenue bagliore dell'invidioso despota.
Gli abitanti dei Regni confinanti con Lumen erano seriamente preoccupati perché, vivendo della luce riflessa di questo regno luminoso, sarebbero rimasti per sempre nelle tenebre più profonde e oscure. Consapevoli del pericolo cui andavano incontro, non osavano sfidare il Caso, che ormai dettava le sue leggi praticamente in ogni regno.
Dominio e Separazione stavano già conquistando il mondo intero ed imponevano le loro leggi di Paura e Sofferenza per affermare la loro autorità inoppugnabile.
Sembrava una vera epidemia… come un virus, la paura s'impossessava dell'anima delle persone, dapprima lievemente, poi in un crescendo continuo, fino ad aumentare spontaneamente dentro di loro e arrivare a spegnerne la luce interiore.
Attraverso dei provati impianti educativi la paura era trasmessa alla velocità della luce anche ai bimbi, i quali all'inizio non n'erano consapevoli, e col tempo questa cresceva in loro smisuratamente. Come un sassolino cadendo da una montagna è capace di generare una valanga, la paura accresceva nei bambini impetuosamente quanto più questi scappavano da lei, per raggiungere proporzioni gigantesche e incontrollabili in età adulta.
Tutti vivevano assoggettati a queste regole eccetto Manu, un giovane disadattato e girovago che non era mai riuscito a conformarsi alle regole di nessun Regno, per questo viveva liberamente alla giornata. Provocare il caso, per lui, appariva più che naturale, fin da piccolo aveva scelto l'avventura come compagna di vita e sfidare le leggi della Paura e della Sofferenza, era un invito cui non sapeva di certo resistere.
Ben presto, infatti, si mise in viaggio per farsi ricevere dal Re di Lumen.
Il tragitto non fu dei più facili: tutte le persone che incontrava erano spaventate e afflitte e, appunto per lo stato in cui versavano, non gli porgevano certo aiuto, dal momento che paura e sofferenza si erano insinuate così profondamente nella loro anima, al punto tale da paralizzarli, rendendoli servizievoli e docili come agnellini sacrificali.
Gli imprevisti di certo non mancarono ma, con il suo proverbiale entusiasmo e ardore, Manu arrivò al Castello Imperiale di Lumen nel tardo pomeriggio, con molta pace nel cuore. Stanco, si annunciò alla servitù che lo accolse con moderata reverenza.
Il Re aveva in ogni modo rinviato l'incontro con Manu per l'indomani, perché il tramonto gli ricordava il rapimento della sua unica figlia, ed in quell'ora era solito ritirarsi nella sua stanza a meditare.
Nonostante il dolore si stesse facendo sempre più spazio nel cuore del Re, fino quasi a distoglierlo dalla contemplazione quotidiana della luce, nel suo animo egli nutriva ancora una recondita speranza di salvezza…
La mattina successiva, non appena il Sole aveva fatto la sua tenue apparizione nell'ormai decadente regno di Lumen, i due s'incontrarono:

-Chi sei?
Disse il Re con voce calda e risoluta.

-Mi chiamo Manu, sono un Cercatore di Verità e vengo in pace.

-Da dove vieni?

-Dal Regno di Meraviglia.

-Cosa sei venuto a fare qui a Lumen?
Sai che ormai abbiamo deciso di arrenderci al Tiranno di Solitudine!

-Si, lo so!
Ma io non ho nessun'intenzione di arrendermi, fin da quando sono nato non ho fatto altro che cercare la verità, essa per me è più preziosa della vita stessa; non ho mai accettato nessuna legge di nessun governo se non quella del mio stesso cuore: non accetterò mai le leggi del Caso!
Io sono venuto qua per sperimentare la conoscenza, senza la quale la mia coscienza stessa di Essere non esiste…
La Ricerca è nella mia Natura e la mia Natura è la Ricerca stessa.
Svelami, dunque, il segreto per entrare nel Regno di Solitudine…
Ormai manca poco tempo al solstizio d'inverno e senza le tue indicazioni potrei arrivare troppo tardi.

-Non poso svelarti questo segreto, è molto rischioso, fino ad oggi nessuno è mai riuscito a far ritorno in patria dalle mura di quell'orribile Regno.

-Non m'interessa far ritorno, a me interessa solo entrare!
Non credo molto nella morte se non in quella che ci diamo tutti i giorni quando non ascoltiamo la
voce del nostro cuore.
Non sono mai tornato indietro dal mio cammino fino ad ora; non vedo perché dovrei farlo adesso.
Io ho sempre guardato avanti nella mia vita e non per incoscienza né per coraggio, ma come ti ho
detto prima, è la mia stessa natura che mi spinge ad andare avanti e così farò: con o senza le tue
indicazioni, io oltrepasserò quelle mura!

A queste parole il Re rimase un po' sorpreso e lentamente si avvicinò alla sua poltrona regale, posta proprio di fronte la finestra del tramonto, si sedette in maniera elegante e con la gentilezza di cui era solito iniziò:

-Mi avevano riferito che eri molto determinato ma non immaginavo tanto…
Mi hai convinto!
Forse abbiamo ancora una possibilità, non posso garantirti nulla, è un impresa molto azzardata, ma con la tua determinazione e il tuo coraggio, possiamo farcela!
Fra tre giorni, quando il sole tramonta ad ovest sul mare, per solo pochi minuti uscirà un raggio di Luce Verde, devi essere pronto a seguirlo, t'indicherà la direzione per trovare il luogo dove si trova la sorgente della luce unificatrice. Quando sarai arrivato alla sorgente, devi restare immobile fino all'alba, per non farti sentire dalle Ondine che stanno di guardia. Dopo, t'immergerai in quelle acque completamente nudo e, quando sarai uscito, senza asciugarti, volteggerai per tre volte velocemente nell'aria con le braccia aperte, per permettere alle Selfiche di intessere un mantello di luce attorno al tuo corpo che ti renderà invisibile. Non dimenticare di portare con te un alambicco contenente essenza concentrata di innocenza. Il frutto da cui si ricava tal essenza, cresce solamente nella valle dell'Umiltà. Ti servirà per penetrare dentro la Roccaforte dell'Angoscia dove vive il Tiranno. Una volta entrato devi scendere velocemente nelle segrete, lì troverai una porta chiusa che si apre solamente con una parola segreta che gli Uomini non possono conoscere e le donne non possono rivelare.
L'unica persona che può proferirlo agli Uomini è Gnosis.

-Dove posso incontrare Gnosis?

-E' inutile cercarla, ella è dappertutto e sicuramente quando sarà il momento giusto la incontrerai lungo il tuo cammino.

-Cosa c'è dietro quella porta?

-Vi è una grande stanza con otto pareti e nel mezzo vi è un pozzo senza fondo: nessuno sa cosa ci sia dentro.

-Quando sarò lì cosa dovrò fare?

-Non lo so neppure io.
L'unica cosa che posso dirti è che se tu riuscirai a portare la luce del tuo cuore lì dentro, il regno di
Solitudine si disintegrerà immediatamente.

Dette queste parole, il Re si alzò molto lentamente, in silenzio, con area pensosa, si accostò alla finestra, fissò il Sole per alcuni attimi con un'intensità straordinaria e dopo si voltò verso un mobile in radica di noce, aprì un piccolo cassetto intarsiato e tirò fuori un cofanetto contenente una medaglia legata ad una catena sottile colore della luce al tramonto. Nel centro della medaglietta vi
era una pietra caratteristica che non s'era mai vista prima da nessuna parte: la luce che emanava da questa era così intensa e raggiante da poterla guardare solo con la coda dell'occhio.

-Apparteneva a mia figlia, e prima ancora a sua madre, e alla madre di sua madre e così via, per
molte generazioni, le donne della nostra famiglia l'anno tramandata con molta cura e riservatezza.
A me ora non serve più!

La voce si era fatta più profonda e intensa del solito e nel suo sguardo, per un solo attimo, guizzò la luce della fiducia. Uscì dalla stanza lasciando Manu in silenzio con la medaglietta nelle mani rivolta dall'altra parte dove c'erano incise delle raffigurazioni particolari:

Un Tolos, con in alto la Stella del Sud ed in mezzo, nel medio cielo, la luna capovolta.


Non ebbe nemmeno il tempo di rifarsi i pochi bagagli che iniziò il suo Cammino ad Ovest.

Quando arrivò al porto di Simagis il sole non era ancora biancheggiato e l'aria, particolarmente briosa e carica d'elettricità, benché velata da una sottilissima nebbiolina, mista ad un silenzio insolito forse dovuto alla presenza di poche persone, contribuiva a creare un'atmosfera menscevica di straordinaria spazialità.
Sembrava che le stesse navi, ancorate sulla darsena, si appisolassero dondolate dalle onde del mare. Non c'era nessuno di attendibile cui chiedere informazioni in merito alla direzione da seguire, o degli elementi che ispirassero una via.
Ad un tratto, quasi improvvisamente, un cane ancheggiante si avvicinò, scalmanandosi gioiosamente fra un'annusata e l'altra, distogliendo l'attenzione di Manu, intento ad osservare dei segni indicatori di sentiero che gli dessero un'ispirazione.
Approfittando della distrazione Manu si sedette sopra un muretto di pietre marine per far colazione, mentre il suo nuovo amico si accucciò ai suoi piedi offrendogli una conchiglia bianca dai riflessi di madreperla.
Il messaggio per Manu si faceva sempre più chiaro, finché quasi per impeto, un'immagine gli balenò nella mente: l'isola delle conchiglie!
E' lì che devo andare! - pensò fra sé e sé.
Salutò il suo amico calorosamente, dividendo con lui quel po' che era rimasto dello spuntino e a passi levati, con una speranza rinnovata nel cuore, s'imbarcò sull'albatro già pronto a salpare.

Nell'isola delle conchiglie non vi abitava nessuno: l'unico residente rimasto era il vecchio guardiano, custode delle rovine di Stian, quello che un tempo era stato il centro paleografico di Airumel, un impero di fantastico splendore, popolato da Esseri Alati, Signori del Vento.


-Buongiorno!
-cosa sei venuto a cercare da queste parti?
Ormai qui non rimane altro che il ricordo dello splendore di Airumel e se potessi me n'andrei anch'io, ma non trovo il coraggio per fronteggiare il mare, così trascorro gli ultimi anni della mia vita aspettando, aspettando solamente di morire… Come vedi, qui tutto è senza vita, ci sono solo gusci di conchiglie vuote e tra poco neanche io ci sarò più, quale testimone di un vago residuo di vita.

-Io non sono venuto qua per rimanerci!
Io non rimango da nessuna parte poiché ogni parte del tutto è in me e io sono in tutte le parti che
vivono.

-Se speri di portare vita ad Airumel stai perdendo solo il tuo tempo: qui non ci sono che gusci di
conchiglie vuote….
Vuoto, Vuoto…Tutto vuoto, non c'è altro che il vuoto!… Capisci?!?

-Io non posso perdere tempo, poiché sono "tempo".
Il tempo è Amore e l'Amore è Libertà.
La mia natura è libera, la mia essenza è nella ricerca, la mia azione nell'esperienza.
Sono venuto qua solamente per sperimentare il Vuoto.

Dette queste parole, Manu rimase per alcuni attimi in silenzio fissando diritto negli occhi il vecchio guardiano con una tale intensità che non necessitava d'altre parole.
Lentamente si girò dalla parte opposta per avviarsi verso le rovine di Stian, fece un cenno di saluto al luogo e, con procedere solenne cominciò a scendere i ventisette gradini del trapezio di cielo, si sedette di fronte ad una stanza dalla forma di un grande uovo, assorto in totale contemplazione fino a perdere la cognizione del trascorrere del tempo.
Quando uscì si era già fatto buio e il guardiano non c'èra più... L'isola era talmente silenziosa che il suono stesso delle conchiglie riportava voci di altri tempi.
Voci che parlavano di saggezza infinita, capaci di sciogliere qualsiasi dubbio, rivelando misteri insondabili agli Uomini.
Manu, fissando queste sterminate distese di conchiglie, si accorse che le stesse erano disposte a formare una grandissima conchiglia a forma di spirale che partendo dai contorni dell'isola, anch'essa a forma di conchiglia, si dirigeva verso il centro, formando a sua volta altre spirali secondarie dalle quali prendevano origine altre spirali, in un susseguirsi infinito che terminava all'interno di ogni singola conchiglia.
Mentre percorreva la via raffigurata dalla spirale maggiore, un'intuizione gli permise di sciogliere il mistero della conchiglizzazione, il motivo secondo cui la luce si trasforma in materia.
Non appena arrivò al centro di questa grande aspirale il Sole, che nel frattempo era già sceso sotto l'orizzonte, da dietro una nuvola rosata, lasciò apparire un solo raggio, un raggio di Luce Verde smeraldo particolarmente intenso e luminoso che arrivò fino al cuore di Manu inondandolo di luce fino a farlo sparire con sé.
Allora si rese consapevole delle ore che aveva trascorso in quello stato di dormiveglia solo quando fu risvegliato dalla piacevole ebbrezza delle Selfiche che nel frattempo avevano intessuto attorno al suo corpo un mantello a maglie fitte di fili di luce riassunta.
Frastornato per quanto fosse successo non ebbe neppure modo di salutarle che queste s'involarono in una folata di vento caldo, lasciando dietro di loro una scia profumata.
Manu, procedendo quasi in maniera meccanica e seguendo l'ancora viva percezione della fragranza, si trovò all'interno di una grandissima forra incontaminata.
La purezza e la magia del luogo lasciavano intendere che nessun essere umano non avesse mai profanato la gola che incessantemente si spiegava davanti ai suoi occhi con sterminati prati di margherite bianche che chiazzavano la visuale conferendogli un'aria di soffice candore.
All'improvviso, una leggiadra e vivace farfalla di colore violetto brizzolato, con discreta reverenza si posò sulla spalla destra di Manu, il quale garbatamente si girò per guardarla, offrendogli intanto la mano sinistra in segno di accoglienza. Non appena la farfalla si posò sulla sua mano, come per miracolo, si trasformò in un piccolo alambicco.
Allora Manu, ricordandosi le parole del Re di Lumen, resistette alla tentazione di aprirlo e lo ripose nella tasca dei suoi pantaloni avvolgendolo con cura nel suo moccichino.
Nel frattempo la bellezza del luogo e la sopraggiunta stanchezza lo invitavano a fermarsi per tradurre in realtà i singolari avvenimenti accaduti in quei giorni, riflettendo su quanto gli fosse successo, turbinosamente, nel giro di pochissimo tempo. Si rese conto che adesso disponeva di tutti i componenti per portare a buon segno la sua missione; ora non gli restava altro che raggiungere e penetrare la Roccaforte dell'Angoscia.

Aiutato dalle oscurità della sera decise di entrare da solo nel Regno di Solitudine; sarebbe stato più semplice nascondersi dentro qualche carro che trasportava le merci dirette al Tiranno, ma se questo fosse stato scoperto, avrebbe messo a repentaglio non solo la sua vita, ma quella di altre persone. Manu sapeva che nelle scelte da fare durante il suo cammino non poteva assumersi la responsabilità di altre anime, preferì per tanto procedere in totale solitudine, cercando di non farsi scorgere da nessuno.
Così in tarda ora, favorito dal mantello dell'invisibilità, entrò nel nucleo più intimo di Solitudine.
Appena giunto sotto il muro di cinta della Roccaforte di Angoscia, uno degli Oremus, i fedelissimi guardiani ciechi messi a guardia delle segrete, grazie al suo infallibile fiuto, percepì la presenza di Manu nonostante la distanza di sicurezza mantenuta rigorosamente dal nostro temerario. L'Oremus incominciò ad avvicinarsi con cautela, annaspando lentamente e silenziosamente nella penombra con le sue gigantesche chele. Sarebbe bastato un solo passo di questo per vedere Manu tranciato in due dalla spaventevole stretta mortifera delle chele del mostro.
Ma in quel preciso istante Manu si ricordò del suo alambicco, non ebbe manco il tempo di formulare un solo pensiero che lo tirò fuori della tasca, verbosamente lo srotolò, fece appena in tempo ad aprirlo per scagliarne il contenuto dritto nelle smisurate narici della bestia.
Al contatto con l'essenza dell'Umiltà contenuta nell'involucro di vetro, l'orribile creatura cominciò a dimenarsi turbinosamente, sembrava posseduta da una forza soprannaturale soverchiante la sua stessa natura infernale. Con un ultimo balzo spezzante, l'Oremus stramazzò per terra allibito e privo di respirazione.
Manu, incredulo per l'accaduto, si svincolò velocemente dalla morsa agghiacciante della chela esanime, che nel frattempo gli era cascata addosso, per inoltrarsi con determinata convinzione nelle segrete della Roccaforte di Angoscia.
La sempre maggiore assenza di luce tipica del luogo rallentava ulteriormente il cammino di Manu il quale, per non rischiare di attirare l'attenzione degli abitanti di Solitudine che, come sappiamo, sono particolarmente attirati dalla luce, procedeva senza l'ausilio di un moccolo.

Arrivato ad un punto di totale assenza di luce, il cammino del nostro temerario fu ostacolato da una gigantesca e robusta porta.
In un baleno si ricordò che l'unico modo per poterla aprire era quello di pronunciare la parola segreta che solo Gnosis poteva riferirgli.
L'ineluttabilità del momento e la totale assenza di luce avevano sconnesso Manu dal suo centro di coscienza, facendo da opposizione alla sua facoltà di percepire: egli non sapeva più cosa fare e dove andare a cercare la sua propalatrice.
Il nostro valoroso aveva superato qualsiasi prova, era riuscito col suo ardore in imprese di assoluta minaccia, ma di fronte ad una così inespugnabile porta non poteva nulla, non aveva con sé nessun attrezzo da poter adoperare e a mani nude l'impresa si rivelava del tutto impossibile.
Sapeva benissimo che l'unica possibilità era di trovare la parola giusta, ma come ben sappiamo, le parole sono infinite e lui non poteva rimanere in eterno in quella condizione di intruso nelle segrete. Gnosis era la sua unica speranza, ma per quanto l'avesse invocata, questa non voleva proprio saperne di manifestarsi.
Il suo spirito guerriero lo aveva accompagnato fin dove il coraggio lo poteva condurre, ma ora era necessario un'altra componente a lui sconosciuta, un ingrediente femminile, che lui non sapeva dove e in che modo andare a trovare.
Decise così di arrendersi, un concetto per lui del tutto inammissibile, completamente fuori della sua portata… Ma quasi come un lampo di genio comprese che questa era proprio la parola giusta, appunto poiché per lui indicibile: ARRENDERSI!!!
Arrendersi… cominciò a sussurrare piano, piano, e poi con più impeto fino a quando la porta si spalancò prodigiosamente sotto i suoi increduli occhi.
Sembrava un paradosso, l'unica cosa che lui non avrebbe mai pensato, era proprio la parola giusta e gli era stato rivelato da Gnosis solamente nel momento in cui era riuscito a prendere contatto con la sua parte interiore, femminile, quella saggezza che, riposta in ogni essere umano emerge solamente quando la forza e la prestanza del Controllo e della Razionalità sono disposti a mettersi da parte per lasciare spazio all'emergere di un potenziale nuovo di redenzione: l'Intuizione.
L'apertura della porta aveva fatto scattare uno stato d'allarme generale: fino ad allora nessuno era mai riuscito a penetrare nella sacra stanza del pozzo incantato. Non c'era più tempo da perdere, nel giro di pochi attimi gli avamposti sarebbero riusciti a raggiungere il nostro prode per assoggettarlo al loro potere.
Manu, sorpreso di non trovare nessuno, si scaraventò con impellente vigoria dentro il pozzo magico.
La sua prima tentazione sarebbe stata quella di portare in salvo la Principessa e uccidere il Tiranno, ma le circostanze certo non gli avrebbero permesso di cercarli, inoltre si ricordò quanto gli aveva conferito il Re di Lumen:
"…Vi è una grande stanza con otto pareti, nel mezzo vi è un pozzo senza fondo, nessuno sa cosa ci sia dentro… L'unica cosa che posso dirti, è che se tu riuscirai a portare la luce del tuo cuore lì dentro, il Regno di Solitudine si disintegrerà immediatamente…"

Quando si trovò dentro il pozzo comprese perché lo definivano senza fondo. Manu lì dentro aveva come l'impressione di non arrivare mai per terra, di non arrivare mai da nessuna parte, non vi erano ne parti né intero, non vi era né spazio né tempo; più andava avanti e più l'intensità della luce s'intensificava e cambiava gradazione cromatica, dall'indaco passava ad un celeste chiaro poi al bianco per raggiungere sfumature argentee che, intensificandosi, diventavano dorate.
Tutto quello che immaginava diventava reale, tutto ciò che percepiva come reale sfumava progressivamente in un sogno.
In quello stato di trance ebbe come l'impressione di incontrare la Principessa: le chiese dove fosse nascosto il Tiranno per poterlo annientare, ma questa non rispose. Rimanendo statutaria alle incitazioni di Manu il quale guardandola intensamente negli occhi comprese che il Tiranno si nascondeva dietro di lei: era le sua ombra… Un'ombra enorme che aveva preso una sempre maggiore consistenza da tempi antichissimi, dalle antiche origini di Lumen quando i primi Re iniziarono a regnare nella luce ripudiando l'ombra.
L'estrema ridondanza di luce aveva causato un'eccessiva rigidità nel corpo della nostra regale al punto tale che non appena Manu si apprestò per sfiorarla si frantumò in mille schegge.
Ogni frammento incominciò a diventare prima puntiforme poi stellato e si assestò, dopo una lunga peregrinazione, a volta nell'universo, perdendosi come la via lattea nel cielo e riempiendolo così di stelle.
L'ombra nel frattempo cominciava a pigmentarsi e ad assumere sembianze terrificanti.
Manu non poteva più eludere il famigerato incontro con il Tiranno. All'inizio cercò di proteggersi, immaginando di spingere via l'orribile creatura, o di mettere una barriera fra lui ed essa, ma non funzionò. Si rese conto che non sarebbe riuscito ad intercettarla finché non fosse riuscito a vederla come una parte di sé.
Quella creatura, reale o immaginaria, non sarebbe andata da nessuna parte, non sarebbe scomparsa, poiché faceva parte della natura non solo di Manu, della Principessa o del Re di Lumen ma di tutti gli abitanti che avevano finora vissuto nella luce. Appena gli fu resa tale consapevolezza, Manu si sentì avvolgere da una sensazione di grazia. La sua prospettiva cambiò e invece di provare rabbia e odio per quella miserabile creatura, si ritrovò colmo di compassione. Così, senza ulteriori indugi, spalancò le braccia per attirarla a sé, nella sua pancia. L'abbracciò completamente e teneramente, come una madre sa fare col suo piccolo e con lei abbracciò quella parte della sua stessa ombra, l'ombra di tutti coloro che avevano vissuto nell'illusione della luce. Un'espressione prima confusa poi deliziata comparve nel volto spaventevole della fiera, che a poco a poco cominciava a sciogliersi e a disgregarsi.
La forza della sua struttura energetica che si stava dissolvendo inviò ondate caloriche di Amore che attraversavano il corpo di Manu, scuotendolo vigorosamente.


Al risveglio, si trovò da solo nel prato in cui la sera prima si era addormentato… Ogni cosa gli appariva particolarmente splendente e corposa, ed ebbe la netta sensazione di aver sognato tutto. Si stava incamminando fiducioso per un nuovo giorno quando, ponendosi la mano sul petto, si accorse di avere appeso al collo una medaglietta legata ad una catena sottile colore della luce al tramonto: nel centro vi era una pietra caratteristica che non s'era mai vista prima da nessuna parte, la luce che emanava da questa era così intensa e raggiante da poterla guardare solo con la coda dell'occhio. Manu, in silenzio, rivolse la medaglietta dall'altra parte, c'erano incise delle raffigurazioni insolite:

Un Tolos, con in alto la Stella del Sud ed in mezzo, nel medio cielo, la luna capovolta.

 

 

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