SLOBODAN MILOSEVIC
Appunti
di
Antonio Carella

 


Il 4 maggio 1980 muore il maresciallo Tito, il padre della Jugoslavia.
E’ la fine di un’epoca.

Il carisma e l’alchimia politica che gli avevano consentito di far convivere, per quasi quarant’anni, popoli, etnie e religioni diverse sotto l’unica bandiera del comunismo, si sciolgono come neve al sole, sul convoglio che attraversa il paese con le sue spoglie.

Per sette anni la Repubblica Federale Jugoslava sara’ governata da una presidenza collegiale, affidata ogni anno al rappresentante di una delle sei Repubbliche e delle due province autonome (Kosovo e Vojvodina).

Ma gia’ incombe il tarlo che nel decennio successivo portera’ alla dissoluzione della nazione e allo scatenarsi di una serie di feroci guerre inter-etniche che ridisegneranno l’assetto geografico e politico dei Balcani.

 


1989:
A Kosovo Polje, Slobodan Milosevic proclama che il Kosovo restera’ alla Serbia. A dicembre è eletto presidente della Serbia.

1992:
La Comunità Europea riconosce la Slovenia e la Croazia. I serbi iniziano a bombardare Sarajevo. La Jugoslavia è espulsa dall’ONU.

1995:
Firma degli accordi di Dayton. Milosevic sottoscrive la divisione della Bosnia-Erzegovina fra serbi e croati.

1999:
Dopo la conferenza di Rambouillet, la NATO inizia il bombardamento della Jugoslavia.


2001:
Il Tribunale dell’Aja per i crimini nella ex-Jugoslavia fa arrestare Slobodan Milosevic accusato di genocidio e crimini contro l’umanita’.

 

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200 mila miliardi di lire di danni: distrutti ponti, linee ferroviarie, stradali, aeroporti, fabbriche, scuole, ospedali

34 mila missioni aeree della Nato sulla Jugoslavia in 78 giorni


21 mila bombe e missili sganciati da 1000 aerei della Nato


migliaia di stupri e violazioni dei diritti umani


2 MILIONI DI PROFUGHI

300 MILA MORTI

QUESTO IL BILANCIO DI 10 ANNI DI GUERRA NEI BALCANI.

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1989

A Kosovo Polje, Slobodan Milosevic proclama che il Kosovo resterà alla Serbia. A dicembre viene eletto presidente della Serbia.

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Al centro delle guerre che dal 1991 al 2001 sconvolgono la penisola balcanica, emerge tragicamente la figura di un uomo, Slobodan Milosevic: “Il macellaio dei Balcani”“Il grande manipolatore”, “Il nuovo Hitler” “La sfinge”, “Il piccolo Tito”, “L’uomo della Provvidenza”.
Un personaggio dall’aspetto grigio e insignificante, un tecnocrate emerso a poco piu’ di quarant’anni dall’apparato della Lega dei Comunisti Jugoslavi, e che con le sue scelte, ha accelerato la tragedia del dissolvimento dell’ex-Jugoslavia.
Ma Chi e’ Slobodan Milosevic?
Inizialmente si presenta sulla scena politica come esponente della area piu’ riformista del partito, quella piu’ attenta al liberismo e alle leggi di mercato.
È Ivan Stambolic, comunista e presidente della Serbia, a lanciare Slobodan Milosevic sul palcoscenico della politica.
Amici dal tempo dell’università, Stambolic impone Milosevic alla guida del partito. È il 1986.
Milosevic intuisce che il problema nazionale ed etnico nei paesi dell’est, post-comunista, sarebbe diventata l’opzione politica decisiva, dopo il crollo del muro di Berlino.
La parabola di Milosevic inizia la sua fase ascendente nel 1987, quando viene inviato proprio dal suo amico e protettore Stambolic in Kossovo, dove è riesplosa la miccia delle rivendicazioni indipendentistiche albanesi.
La polizia albanese interviene pesantemente contro la minoranza serba che si e’ raccolta intorno a Milosevic.
Di fronte a queste scene di violenza, Milosevic rimane folgorato:
“Non vi picchieranno mai piu’”
Queste parole diventate leggendarie, saranno il suo credo e tramuteranno in sogni di riscossa le frustrazioni del popolo serbo.
Due anni anni dopo, il 28 giugno 1989, a Kosovo Polie, Milosevic dinanzi ad un milione di serbi inneggianti dirà:
“Trionferemo…”
Milosevic fa rinascere dalle ceneri il mito del partito unico, alimentandolo con i richiami alle tradizioni del passato e all’amore per la Patria.
Forte del sostegno dell’esercito, elimina, ad uno ad uno, non solo i suoi avversari politici, ma anche i suoi amici e antichi protettori, prima fra tutti Ivan Stambolic.
Nel dicembre 1989, Milosevic e’ eletto presidente della Serbia.
Ma, intanto, il seme del nazionalismo e delle rivendicazioni etniche ha diffuso i suoi veleni, non solo in Kosovo, ma anche in Slovenia e in Croazia.
Il 23 dicembre 1990 la Slovenia proclama la propria indipendenza.
E in Croazia, Franjo Tudjman, ex generale di Tito, fonda il primo partito anticomunista e nazionalista croato.
Milosevic esaltando il nazionalismo serbo, ha innescato inevitabilmente la scintilla degli altri nazionalismi.
Nel marzo del 1991 in Croazia, si scatenano scontri tra la polizia croata e i serbi della Krajna, una zona tradizionalmente abitata dall’etnia serba.
Belgrado invia truppe paramilitari a proteggere i propri serbi.
Le guida il comandante Arkan, crudele e spietato protagonista di stermini ai danni, prima, dei croati e, in seguito, dei mussulmani della Bosnia.
Mentre continuano a infuriare gli scontri tra serbi e croati, la Croazia seguendo l’esempio della Slovenia, si stacca dalla Jugoslavia e si dichiara indipendente.
La comunità europea assiste con sempre maggiore preoccupazione l’evolversi della situazione in Jugoslavia e decide di inviare degli osservatori.
Intanto a Vukovar, in Croazia, nel novembre di quell’anno si consuma il primo dei grandi eccidi di questa guerra: 1700 morti da parte croata e un numero imprecisato da parte degli attaccanti serbi.
Vukovar è la prima città rasa al suolo dopo la seconda guerra mondiale. Nulla viene risparmiato dall’artiglieria serba: ospedali, scuole, case.
Qualche settimana dopo, Milosevic e il presidente della Croazia Tudjman firmano il cessate il fuoco. E’ la fine della guerra fra serbo e croati.

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1992:
I serbi iniziano a bombardare Sarajevo. La Jugoslavia è espulsa dall’ONU.


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Dopo Vukovar e la Croazia arriva l’ora della Bosnia.
E’ qui che si affermano in modo definitivo i concetti di pulizia e di stupro etnici.
Milosevic, nel frattempo, è costretto a fronteggiare una crisi economica che, per la Serbia, non ha precedenti. Anche per via delle sanzioni economiche cui viene sottoposta dalla Comunità internazionale.
Di questa società allo sbando, il “Comunista” Milosevic è il collante su cui continuano a fare affidamento Europa e Stati Uniti.
Ancor piu’ ora che la Bosnia, dopo Slovenia e Croazia, ha imboccato la strada delle rivendicazioni indipendentistiche.
Il 3 marzo del 1992, Alija Izetbegovic, leader dei musulmani bosniaci proclama l’indipendenza della Bosnia Erzegovina.
E’ l’inizio delle ostilita’ non solo con i serbi, che non accetteranno mai di vivere in uno stato dominato da mussulmani, ma anche con i croati.
Si profila un’alleanza, mortale per i mussulmani, tra la “Grande Serbia” di Milosevic e la “Grande Croazia” di Tudjman, un tempo rivali ed ora alleati contro il comune nemico.
Mentre gli Stati Uniti e la Comunita’ Europea e riconoscono l’indipendenza bosniaca, i serbo-bosniaci si coagulano intorno alla figura di Radovan Karadzic, fondatore del partito democratico serbo, psichiatra e poeta, ma soprattutto personaggio discusso e inquietante, che nel 1995 sara’ incriminato per crimini contro l’umanita’dal Tribunale Internazionale dell’Aia.
E’ a lui ed alle formazioni paramilitari del generale Ratko Mladic che Slobodan Milosevic affidera’ il lavoro sporco in Bosnia.
In aprile iniziano i bombardamenti serbi su Sarajevo. E’ l’inizio della guerra.
Per Milosevic le guerre in Croazia e Bosnia non sono guerre di aggressione, bensi’ di difesa dei confini di quella Jugoslavia che egli ha ereditato dal presidente Tito e, soprattutto, del popolo serbo minacciato di genocidio dalle altre etnie.
E’ in questa ottica dell’accerchiamento, in questo terrore dell’annientamento che vanno letti , non certo giustificati, gli eccidi, gli stupri, le violenze, i bombardamenti, cui Milosevic sottoporra’, con tacito consenso, il popolo mussulmano di Bosnia.
Nell’ossessiva, maniacale determinazione con cui Milosevic persegue i suoi obiettivi, quanto ha contato il dramma della sua storia personale, e quale influenza ha avuto su di lui la presenza di una donna, come la moglie Mira Markovic, da molti definita la "Lady Macbeth” della Serbia?
Oltre al dramma di Sarajevo, citta’ martoriata dai bombardamenti, come restare indifferenti dinanzi agli orrori perpetrati dalle milizie serbe a Srebrenica, Zepa, Bihac?
Con il martirio di Srebrenica, in cui vengono massacrati 5, 8, 10 mila mussulmani ( la cifra esatta non si sapra’ mai), la guerra in Bosnia supero’ ogni orrore consentito.
E cio’ nonostante la comunita’ internazionale ancora una volta punto’ su Slobodan Milosevic per raggiungere una conciliazione nei Balcani.
L’Onu, e’ vero, aveva votato l’espulsione della Jugoslavia dall’Assemblea, ma quando si tratta di porre fine alle stragi in Bosnia, l’uomo su cui gli Stati Uniti di Bill Clinton contano, oltre a Izetbegovic e Tudjman è proprio Slobodan Milosevic, che da “Incarnazione del Male” si vede trasformato in “Costruttore di pace”.

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1995:
Firma degli accordi di Dayton. Milosevic sottoscrive la divisione della Bosnia-Erzegovina fra serbi e croati.

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Quattro anni di guerre, di eccidi, di violenze trovano la loro conclusione a Dayton nell’Ohio, nella base dell’ Usa Air Force, dove viene firmato l’accordo per la Bosnia.
Dinanzi al mediatore americano Richard Holbrooke il presidente serbo Milosevic, il croato Tudjman e il bosniaco Izetbegovic sottoscrivono la suddivisione della Bosnia in due entita’: la Repubblica di Serbia e la Federazione croato-musulmana.
Milosevic nel corso di questi accordi ha un ruolo di protagonista assoluto.
Quello di Dayton e’ sicuramente il suo momento di massimo fulgore.

Invece, a Belgrado esplode la protesta contro il regime. Per mesi le strade e le piazze sono invase da dimostranti che invocano liberta’, democrazia, ma soprattutto rivendicano il diritto ad un maggiore benessere.
La Serbia, per effetto della guerra, ha piu’ di un milione di disoccupati. Scarseggiano i viveri, corruzione e arricchimenti illeciti, si confondono con la miseria e le difficoltà economiche della maggioranza della popolazione.
Milosevic di fronte alla protesta che sale, non fa intervenire le forze dell’ordine.
Ritorna agli antichi amori: rafforza i legami con la Cina, Cuba, la Corea del Nord, la Russia.
Ma soprattutto promuove un’alleanza di governo con l’estrema destra di Voijslav Sesely, teorico della pulizia etnica in Bosnia.
E’ la parabola estrema di un leader in sempre maggiore difficolta’, all’interno e fuori del suo paese.
Intanto nel 1997, con un tragico giro di valzer il dramma della Jugoslavia torna al suo punto di partenza: il Kossovo.
A Pristina, 30 mila studenti rivendicano il diritto di usare la lingua albanese. La polizia interviene con blindati e lacrimogeni. E’ l’inizio di un nuovo conflitto.
I Kossovari albanesi, nel corso degli anni, avevano dato vita ad una apartheid sociale- istituzionale con scuole e ospedali paralleli a quelli serbi. Il loro leader riconosciuto e’ il teorico della non violenza Hibahim Rugova.
Gli accordi di Dayton avevano volutamente trascurato di affrontare il tema dell’indipendenza del Kossovo. E questo alimento’ malcontento e delusione nell’etnia albanese.
Fu anche per questa ragione che l’UCK nato nel 1993 come braccio armato del Movimento Popolare del Kossovo inizia a scatenare le sue offensive armate.
L’UCK gode dell’adesione della maggioranza dei giovani. Ne’ va trascurata l’alleanza con la mafia albanese e kossovara, che fornisce finanziamenti e armi. Americani e tedeschi, dal canto loro, non fanno mancare i consiglieri militari.
Belgrado sfida il movimento armato dell’UCK a colpi di cannone.
Milosevic viene accusato di attuare la strategia del “ferro di cavallo”, un disegno di pulizia etnica che avrebbe lasciato alla parte serba le zone ricche del Kossovo, oltreche’ i monasteri ortodossi.
Intanto nel maggio del 1998 Milosevic e Rugova si incontrano a Belgrado.
Ma Europa e Stati Uniti ormai hanno deciso di prendere le distanze da Slobodan Milosevic.
Incalzato dagli Stati Uniti di Clinton, il leader serbo è costretto a proporre al Kossovo un accordo che ne garantirebbe un certo grado di autonomia.
E il Consiglio di sicurezza dell’ONU, nel settembre 1998, vota una risoluzione che impone l’immediato cessate il fuoco, il ritiro delle truppe serbe e l’apertura di negoziati tra le parti.
Ma l’UCK rifiuta ogni ipotesi di accordo con Belgrado. Riprendono gli scontri. E i morti continuano ad insanguinare le strade e le campagne.
Qui, il “Grande Manipolatore”, “L’Uomo della Provvidenza” gioca le sue ultime chances mediatiche oltrechè politiche: i serbi, per lui, diventono vittime del terrorismo albanese, e la Serbia l’ ultimo baluardo della cristianità contro l’islamismo.
L’attività diplomatica internazionale si fa sempre più frenetica: si vuole porre fine alle stragi ed agli eccidi che da anni stanno insanguinando i Balcani.
A Belgrado dopo nove giorni di fitti colloqui tra Milosevic e il mediatore americano Richard Holbrooke, viene annunciato l’invio di 2 mila osservatori OSCE in Kossovo.

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1999:
Dopo la conferenza di Rambouillet, la NATO inizia il bombardamento della Jugoslavia.


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Nonostante la presenza in Kossovo degli inviati dell’ OSCE(Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea), continuano i massacri degli albanesi.
Nel villaggio di Racak 50 kossovari vengono barbaramente uccisi. I serbi sostengono che si tratta di terroristi, ma le vittime sono in massima parte anziani contadini, donne e bambini.
A questo punto, i ministri degli Esteri del gruppo di contatto, vale a dire Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia e Italia impongono a serbi e albanesi di trovare un accordo.
Il 6 febbraio viene convocata una conferenza internazionale nel castello di Rambouillet, vicino Parigi.
Sono presenti tutte le componenti politiche kossovare e i rappresentanti del governo di Belgrado.
Per Milosevic e’ iniziato il conto alla rovescia.
Europa e Stati Uniti coccolano i leader della guerriglia kossovara, con l’intento di scaricare sulla Serbia le responsabilita’ del fallimento del piano di pace e rendere inevitabile l’intervento NATO.
L’obiettivo degli Stati Uniti e’ quello di mettere Milosevic con le spalle al muro. Da una parte Milosevic, si aspetta un attacco limitato da parte delle truppe Nato, dall’altro la Nato prevede una rapida capitolazione della Serbia.
Entrambi cadranno vittima di un inganno.
Il 3 aprile del 1999 c’e’ il primo bombardamento di Belgrado.
Le bombe intelligenti della Nato colpiscono, oltre a obiettivi militari, ospedali, fabbriche, centrali elettriche, raffinerie petrolifere.
Belgrado e la Serbia sono bombardati per 78 giorni senza interruzione. La popolazione e’ costretta a vivere per due mesi senza luce, con l’acqua razionata.
Si calcola che sia stato scaricato un potenziale di ordigni superiore 10 volte a quello sganciato sul Giappone durante la seconda guerra mondiale.
A Milosevic rimane, per quel che gli puo’ servire, la solidarieta’ della Russia e della Cina, la cui ambasciata a Belgrado e’ bombardata per errore.
Il leader serbo sente che sta giocando il suo finale di partita.
Circondato da nemici esterni e interni, sfugge ai bersagli delle bombe riposando ogni notte in un luogo diverso.
Al reverendo Jessy Jackson in visita a Belgrado trova la forza e l’orgoglio di confessare:
“Gli americani hanno dimenticato che il mio popolo ha combattuto contro il nazismo”
Il 27 maggio, mentre Belgrado continua ad essere bombardata, il Tribunale Internazionale dell’Aja accusa Milosevic di crimini contro l’umanita’.
Dopo 78 giorni di bombardamenti i generali di Belgrado e della Nato firmano un accordo che prevede il ritiro delle truppe serbe dal Kossovo.
Intanto i russi entrano a Pristina e si impossessano dell’aeroporto. Qualche ora dopo sopraggiungono anche i contingenti americani, francesi e britannici.
Milosevic, per il momento rimane al suo posto con la moglie Mira: esempio organico e isituzionale di “governo in camera da letto”.
Il 24 settembre del 2000 dopo una campagna elettorale contrastata, alla fine di scrutini incerti fino all'ultimo momento, il candidato nazionalista Voijslav Kostunica vince le elezioni presidenziali.
Slobodan Milosevic, “il piccolo Tito” , “l’Uomo della Provvidenza”, “il Macellaio dei Balcani” dopo 10 anni di potere incontrastato, esce di scena.
La Serbia e’ un cumulo di macerie.
Anche la Chiesa Ortodossa indica in Milosevic il principale responsabile di tutto il male che ha colpito serbi e albanesi.
E mentre procede la scoperta delle fosse comuni e la documentazione dei delitti compiuti dalle truppe serbe in Kossovo, il dipartimento di Stato degli Usa mette una taglia di 5 milioni di dollari su Milosevic, e il Tribunale Penale Internazionale chiede alla Svizzera di congelare il patrimonio di Milosevic depositato nelle banche di quel paese.

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2001:
Il Tribunale dell’Aja per i crimini nella ex-Jugoslavia fa arrestare Slobodan Milosevic accusato di genocidio e crimini contro l’umanità.

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Nel corso della notte fra il 31 marzo e il primo aprile, Slobodan Milosevic viene arrestato e condotto nel carcere di Belgrado. Nulla possono fare i suoi fedelissimi, che invano tentano di evitargli una tale umiliazione.
Slobodan Milosevic è accusato da Carla Del Ponte, procuratore del Tribunale dell’Aia per i Crimini nella ex-Jugoslavia, di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità in Croazia, Bosnia, Kossovo.
Milosevic è incriminato per avere “pianificato, istigato, ordinato ed eseguito o favorito campagne di terrore, violenza e pulizia etnica”.
Sono legittime queste accuse?
Slobodan Milosevic è attualmente detenuto in una cella d’isolamento nel carcere di Scheveningen in Olanda.
Il tribunale dell’Aia dovrà decidere della sua colpevolezza.
Al di la’ di quella che sara’ la sentenza, rimane aperto il dilemma storico sulla figura di questo personaggio che e’ stato al centro della piu’ violenta ed efferata crisi dei Balcani dal dopoguerra ad oggi.
I comunisti lo hanno creduto un vero comunista, i nazionalisti un vero nazionalista, i religiosi un vero credente.
Ma chi e’ stato, veramente, Milosevic? “Incarnazione del Male” o “Vittima Sacrificale” di una tragedia i cui protagonisti sono molti e sovente hanno agito dietro le quinte di un palcoscenico dominato da registi troppo spesso occulti?
E soprattutto possiamo davvero credere che la regione balcanica con la scomparsa di Milosevic possa iniziare a vivere un’epoca di pacificazione?