Il rebus nel Quarto Vangelo, Gv  20, 7
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The riddle of Gv 20, 7
by Silvano Villani

    In my italian Bible - as in German, English, French or Spanish Bibles as far as I know - Jn 20, 7  is translated as we can read it in Latin of Vulgata Clementina: "et sudarium, quod fuerat super caput eius, non cum linteaminibus positum, sed separatim involutum in unum locum",  "the sudarium... not laying with the bandages but apart rolled (folded) up in a single (special?) place".
    At the beginning of my book. Il mistero  del  sepolcro vuoto (see in the web L'Archivio, History http://www.larchivio.com/storia.htm) I quote Jn 20, 7,  and I suggest that somebody was in the tomb when the corpse of Jesus left bandages and sudarium: obviously, the sudarium could not have moved by himself  "apart... in a single place". This reading of mine of Jn 20, 7  is not my only argument in the book, but I found it a good quotation to start with.
    It would be very daring of me, indeed, to pretend that somebody because of my book decided to propose a new reading of Jn 20, 7 , quite different from the one Christianity accepted for nearly two thousands years. The fact is, anyway, that my book came out in March, the article with the proposal of a new reading quite different from the one we knew for so many centuries came out in Civiltà cattolica in July; and another fact is that the only bookshop in Rome where my book was visible for the public was a shop close to piazza San Pietro (in others bookshops it was present, but hidden in some shelf: and no newspaper till now has dared to publish any news about it). But let us say that it was sheer chance that my book with the usual reading of Jn 20, 7  came out in March, and the new interpretation of it in the July issue of Civiltà cattolica . I certainly believe that it was.
    The very interesting point is the translation by Rev. Professor de Cidrac quoted by Rev. Professor Galot in the article published in Civiltà cattolica. The usual, and universal translation of Jn 20, 7   is, as I said before:

    "the sudarium... not laying with the bandages but apart ('horìs' in the original text in ancient Greek, separatim  in the Latin version) rolled up in a single place ( 'eìs ena tòpon' in the original text)".

    And now the new translation by Rev. Professor de Cidrac:

    "...the sudarium which was on his head.. was placed in the middle of the bandages not laying flatly (outstretched), but distinctly (horìs) folded in the same place ( 'eìs ena tòpon' )
    What the Greek scholars could have to say about it? I have to recall anyway that Rev. Professor de Cidrac was not the first to suggest a new translation of John 20, 7.  Many years ago a humble priest, don Antonio Persili of Tivoli, too suggested a new translation:

    "...the sudarium was 'on the contrary' ( 'horìs' instead of  'apart') 'eìs ena tòpon', 'in a special position' ". (Instead of 'in a special places')

    In a way - that is - starched, because of so much perfume, nearly rigid so that the linen fabrics kept the shape of the head of the Dead. I acknowledge that this translation would solve one or two difficult problems (why the evangelist chose to propose to our attention the detail of the sudarium 'horìs' - 'eìs ena tòpon' what he meant exactly?). But I understand that Rev. Professor de Cidrac had some problem in accepting the perfume effect of don Persili. As matter of fact, when many years ago he proposed his new translation of Jn 20, 7  don Persili did not encountered too much attention; so he published a book at his own expenses. The book was not successful either. Lately Vittorio Messori, author of  "Dicono che è risorto" decided suddenly to confront himself with the problem of Jn 20, 7  (why? he is not a writer who loves this sort of problems; but I have to emphasize here that his book came out in September, my one was published as I said in March): and accepted enthusiastically don Persili's new translation. Most probably don Persili's idea of the starched sudarium in a way circulated even before the Messori quotation of it, and Rev. Professor de Cidrac had some acquaintance of it. What is sure is that the urgent necessity to correct the ancient reading of Jn 20, 7  came out in public last summer with the new translations in Italian and French. Are they acceptable? What 'horìs' - 'eìs ena tòpon' means exactly in the opinion of a serious Greek scholar?
 
 

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Il rebus nel Quarto Vangelo, Gv  20, 7
Che ne pensano i grecisti?
di  Silvano Villani

Il rebus è stato riconosciuto solo ultimamente, dopo quasi duemila anni: e a dire il vero non si capisce bene come questo - che si sia dovuto aspettare tanto tempo - possa essersi verificato. Sarebbe bastato rifletterci un momento. O forse qualcuno, forse molti, moltissimi in tanti secoli notarono la cosa e fecero finta di niente? Possibile? Al capitolo 20 del Vangelo di Giovanni, tra i vangeli il più denso di ideologia ma ciò nondimeno ricco di dettagli - all'apparenza almeno - veridici, scritto da uno che ha spesso l'aria di riferire cose viste e sentite personalmente, si narra di Maria Maddalena che, la domenica successiva alla crocifissione, di buon mattino si reca al sepolcro, vede ribaltata la pietra che lo avrebbe dovuto chiudere, torna indietro, corre trafelata da Simon Pietro e dall' altro discepolo, "quello che Gesù più amava": e cioè, secondo la gran parte dei commentatori, lui stesso, l'autore del Quarto Vangelo, a quel tempo molto giovane. Avrebbe poi scritto il Vangelo, e quindi in assai tarda età l' Apocalisse, intorno ai cent'anni dice la tradizione.
Grida: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro, e non sappiamo dove l'hanno messo". Sto usando la traduzione della cosiddetta Bibbia di Gerusalemme,  la più diffusa oggi, e sulla quale sono quasi del tutto d'accordo i sapienti delle diverse confessioni cristiane. Ma anche altre traduzioni che ho consultato concordano. Il testo greco d'altronde dice esattamente: "ouk oìdamen", appunto, che viene tradotto: "non sappiamo".  Chi siano "noi" soggetto di "oìdamen", "sappiamo", non è chiaro: la Maddalena ha incontrato qualcuno alla tomba, o per la strada e ha discusso con lui di quella scomparsa? Ma non è questo il rebus.
I due discepoli corrono, il più giovane arriva alla tomba e, dice il testo citato, "chinatosi vide le bende che giacevano distese". Io leggo queste parole avendo presenti le tombe che ho visitato nella valle del Cedron: l'apertura, davanti alla quale viene fatta rotolare una pietra quando il rito della sepoltura è terminato, é spesso molto bassa. Bisogna chinarsi per sbirciare dentro. E anche così si riesce a vedere qualcosa del pavimento, non certo quello che può essere posato sul banco all'interno, scavato di solito nella parete di fondo della roccia (spesso anzi ce n'è più d'uno, per altri eventuali membri della famiglia), e sul quale il morto è deposto. Perciò il testo greco: "keìmena ta othònia", "distese le bende", viene talvolta tradotto: "le bende distese a terra". Quelle che l'evangelista vide furono dunque, verosimilmente, "bende che giacevano distese" a terra. Non poteva vedere più in là, o più su. Vide comunque le bende, questo è scritto, non il sudario. Ci accostiamo al rebus.
Il giovanissimo discepolo che Gesù "più amava" per un riguardo all'altro si ferma sulla soglia, e lascia a Simon Pietro, uomo ben più avanti con gli anni, il privilegio di entrare per primo. Simon Pietro nota anche lui, come Giovanni, "ta othònia keìmena". Le parole sono le stesse: "le bende distese". Ed eccoci a 20, 7 : "kaì to sudàrion...ou metà ton othònion keìmenon allà horìs entetuligménon eis ena tòpon". Tradotto alla lettera il testo che a noi, ingenui, sembra molto chiaro ed esplicito dice: "e il sudario" che gli era stato posto sul capo "non con le bende disteso ma separatamente avvolto (piegato, ammucchiato?) in un luogo".
Nella Bibbia di Gerusalemme (1974) si legge: "non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte".  Nella Nuovissima versione italiana della Bibbia (1991): "e il sudario...esso non stava assieme alle bende, ma a parte, ripiegato in un angolo". Nella Bibbia curata da Giuseppe Ricciotti (1940): "e il sudario...non posto però tra i lini, ma piegato e messo da parte". Nella Bibbia  del Diodati, calvinista, nato a Ginevra da una famiglia lucchese che vi si era rifugiata (1603): "E lo sciugatoio ...non giaceva con le lenzuola, ma era involto da parte in un luogo" ("sudarion" secondo il Persili viene - una volta tanto per una parola greca - dal latino: "fazzolettone"). Infine la Vulgata Clementina: "et sudarium...non cum linteaminibus positum, sed separatim involutum in unum locum". Simili le traduzioni in inglese, francese, spagnolo e tedesco che ho potuto consultare.
Qual'è il rebus? E' qui, sotto gli occhi di tutti, da 1900 anni: il sudario non con le bende (o fasce, o lini, o lenzuola) ma "a parte": "horìs", "in un luogo": "eìs ena tòpon". O tutti hanno letto e tradotto male il testo, sbagliando come scolari degni di essere bocciati in greco antico, o siamo al cospetto di un lapsus sconvolgente da parte dell'evangelista: chi ha avvolto il sudario e lo ha posto a parte, in un luogo che non si capisce neanche bene quale sia? Chi era nella grotta quando il corpo morto di Gesù è stato tolto dalle fasce e dal sudario? poiché non possiamo credere che il sudario (che aveva avvolto il capo del Signore) per "delicatezza" - come nota affettuosamente un commentatore - da sé medesimo si sia riavvolto e spostato "in un luogo a parte". E ancora più difficile ci risulta immaginare che il Salvatore stesso, mentre si accinge a salire al Cielo, lasci cadere le bende ma provveda a riavvolgere o piegare il sudario e a riporlo in un luogo a parte. Perché poi l'evangelista attira la nostra attenzione su questo dettaglio?
C' è un altro piccolo rebus supplementare: che cosa indossa Gesù  pochi minuti dopo - Gv 20, 14-15 - quando, tornati a casa Simon Pietro e Giovanni, incontra Maria Maddalena nel giardino? Nudo non è perché lei lo prende per il custode del giardino. Lei non si scandalizza infatti poiché pensa che sia il guardiano, e l'aiuta a crederlo il fatto che il guardiano le appare evidentemente vestito da guardiano. Sembrano quisquilie, ma così non è: tutti gli esegeti cattolici, soprattutto quelli cattolici, a prezzo della propria reputazione, hanno sempre esaltato la rigorosa esattezza di tutti i dettagli del racconto evangelico.
Tale dunque è il quesito che pongo, un po' più sinteticamente a dire il vero, all'inizio del volumetto del quale parlo qui, sempre nella sezione "Storia" de "L'Archivio" (http://www.larchivio.com/villani.htm), sotto il titolo "Ipotesi eterodosse"; e la risposta, se il versetto Gv. 20, 7 è stato letto correttamente, non può essere altra: c'era sicuramente qualcuno nel sepolcro al momento in cui il corpo morto di Gesù lasciò bende e sudario.
Ma è stato letto correttamente? Ecco una domanda che fino a ieri si sarebbe creduta improponibile. Invece qualcuno, eminente studioso, assai recentemente ha ritenuto di doversela porre e di rispondere niente di meno: no, la lettura e le diverse traduzioni che nei secoli sono state fatte di Gv. 20, 7  sono tutte, senza eccezione, sbagliate. Questa sensazionale notizia è apparsa nel numero di luglio 2000 della rivista dei Gesuiti, Civiltà Cattolica, ed è stata poi divulgata in mezzo a un pubblico più largo e meno esclusivo dal rotocalco di argomenti religiosi 30 GIORNI, nel numero di luglio-agosto.
Come mai ci hanno pensato, dopo 1900 anni? Sarebbe temerario da parte mia sostenere di avere avuto una parte in questa faccenda, e la logica scientifica moderna esclude che proprio in tutti i casi sia valido il principio "post hoc propter hoc": però è anche vero che se a pensar male si fa peccato, spesso ci si azzecca, come direbbe il Senatore Giulio Andreotti ("30 GIORNI" appunto). I fatti. Il mio libretto all'apparenza tanto pericoloso esce in questo anno 2000  verso la fine di marzo.  Tutti i giornali, nessuno escluso, si guardano bene dal darne semplice notizia, e i librai come arriva in bottega lo infilano in qualche scaffale appartato, e là lo dimenticano volentieri: compresi i più audaci. Meno uno, però: il direttore di una libreria in via della Conciliazione, all'ombra del Cupolone, a Roma, che lo colloca sul banco con gli altri libri destinati al successo, senza sospettare forse che cosa c'è dietro quella  seducente copertina: e là per esempio lo acquista un mio amico, costernato che io mi occupi di queste cose. In luglio esce l' articolo su Civiltà Cattolica, e il numero di luglio-agosto 2000 della rivista 30 GIORNI porta a conoscenza del suo pubblico la sensazionale rivelazione. In breve, bisognerebbe ristampare la Bibbia, tutte le Bibbie che sono in giro, perché sarebbero tutte gravemente sbagliate.
L'autore dell'articolo su Civiltà Cattolica è il gesuita Jean Galot, professore emerito di Cristologia all' Università Gregoriana a Roma. Intervistato su 30 GIORNI egli ci riferisce che secondo un altro eminentissimo studioso, Charles de Cidrac, professore emerito all' Institut catholique di Parigi, il versetto Gv. 20, 7:

"kaì to sudàrion o en epì tes kefalès aùtou ou metà ton othonìon keìmenon allà horìs entetuligmènon eìs ena tòpon"

 che nella Bibbia di Gerusalemme, come abbiamo visto, è tradotto:

"e il sudario che gli era stato posto sul capo non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte"

va letto:

"e il sudario che era stato posto sulla testa era posto in mezzo ai teli senza essere disteso, ma distintamente arrotolato su se stesso"

La contrapposizione "ou metà"... "allà horìs": "non con"  (le bende giacente, non per terra con le bende) "ma a parte (separatamente)" avvolto, ripiegato in un luogo, viene letta: "ou... keìmenon" ,  "non giacente" con i teli, o come essi disteso, "allà horìs entetuligmènon": "ma distintamente avvolto" "eìs èna topon", nel posto numero uno, nel luogo primitivo, insomma: nello stesso posto. E' evidente che con la nuova traduzione si vuole eliminare l'idea che il sudario sia in un posto diverso da quello dove giacciono le bende distese. In secondo luogo si vorrebbe mettere in evidenza che il sudario non è disteso, come le bende, ma avvolto, ammucchiato rispetto alle fasce appiattite; insomma, è voluminoso, sta ritto, per così dire.
Non so che cosa possano pensare i grecisti di un uso, diciamo, così personale dell'espressione "ena", della parola "horìs" dal significato che sembrava ovvio e preciso. Né è chiaro come si riesca a fare dire a una frase apparentemente semplice, costruita in modo elementare, esattamente il contrario di quanto tutti i traduttori hanno creduto finora di capire: "in mezzo ai teli" invece che "non con i teli ma a parte". La sfida del nuovo traduttore francese al testo  è senza precedenti.
 A dire il vero nella traduzione del reverendo de Cidrac si sente in certo modo aggirarsi come uno spettro un'altra idea, un'altra traduzione di cui si ha scrupolo, per qualche ragione che non so, di confessare l'esistenza. E' quella di un umile prete, don Antonio Persili, parroco di Tivoli, che provò a proporla diversi anni fa. Siccome nessuno gli dava retta si decise a metterla in un libro, Sulle tracce del Cristo Risorto, e a stampare quest' ultimo addirittura a sue spese (1988). Il libro non ebbe migliore successo. Anche don Persili aveva di mira Gv 20, 7, ed era deciso a fare dire alla frase qualcosa di molto diverso da ciò che sembra dire. La parola "horìs" viene dunque forzata a significare: "al contrario"; e "tòpon": posto, luogo, luogo in alto, vocabolo ripreso in diverse lingue moderne ("toponimo", "topographie"), è spinto a significare "posizione" o addirittura "forma" (nel vocabolario greco del Rocci il significato "posizione" è previsto: ma solo nel caso di "posizione" di un astro nel cielo). "Eìs ena tòpon" starebbe quindi per: "in una sua particolare posizione", e la frase andrebbe letta: "il sudario...non disteso con le bende ma al contrario avvolto in una sua particolare posizione", in certo modo, spiega don Persili, come irrigidito, inamidato, a causa dei molti aromi che erano stati versati sulla salma. Avrebbe cioè conservato la forma del capo intorno al quale era stato avvolto.
Questo, secondo don Persili, fu ciò che vide Giovanni quando, dopo Simon Pietro, entrò anche lui nel sepolcro, e che lo indusse a credere. "Kaì éiden kaì epìsteusen", "e vide" il sudario che rigido conservava la forma del capo (come le fasce sulla testa de "L'uomo invisibile", un fortunato film di tanti anni fa) e quindi "credette". Questa interpretazione è stata entusiasticamente fatta propria nel suo ultimo libro "Dicono che è risorto" da Vittorio Messori, che inopinatamente perfino lui, così restìo di solito a prendere in considerazione dubbi critici in materia di testi sacri, si era posto il problema di Gv 20, 7. Perché ha letto "Il mistero del sepolcro vuoto"? Il mio libro è uscito in marzo, quello di Messori in settembre. In ogni caso non lo nomina. Ma è anche vero che negli altri numerosi libri nei quali Messori riafferma che tutto quanto è scritto nei vangeli è sacrosantamente vero, egli non cita mai il rebus di Gv 20, 7. Comunque così anche il libro di don Antonio Persili è riaffiorato alla luce: non c'è giornale infatti che non si sia ritenuto in dovere di offrire ampi resoconti della nuova opera di Messori, il giornalista del papa. Si può pensare che già prima, tuttavia, la pittoresca trovata di don Persili, scaturita tutta intera dalla sua  immaginazione di ardente devoto, abbia avuto una certa sua sotterranea circolazione: e che al momento giusto qualcuno abbia deciso di sottrarla al silenzio, sia pure senza nominare il prete, magari attenuando il picco più drammatico, la posizione inamidata di cui infatti non si fa più parola; e di sfruttarla quando si è presentata la necessità di contenere la minaccia implicita in una nuova e più attenta lettura di Gv. 20, 7.

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