Politica agraria , letteratura e Impero

di Gennaro Tedesco

 

Per avvicinare questo profondo intreccio tra politica agraria , letteratura e Impero , si ritiene opportuno partire da una declamazione di Temistio scritta a Costantinopoli prima del 355 dopo Cristo .
Probabilmente il problema dell'abbandono dei campi aveva sempre interessato e sollecitato una mente così attenta e ricettiva come quella del retore , ma l'occasione di una composizione su questo argomento gli è stata offerta dalla circostanza dell'assunzione al trono di Costanzo II e dalla sua politica agraria .
Costanzo II non trovò di meglio per risolvere i problemi finanziari dell'impero che accrescere il carico fiscale sulle proprietà fondiarie . Egli accrebbe il volume delle spese improduttive governative , continuando una rincorsa senza fine tra improduttività della spesa pubblica e aumento dell'imposizione fiscale a danno del maggior settore produttivo del mondo tardo-antico , quello agricolo .
Del resto questa era una tendenza precedente all'imperatore Costanzo II e al quarto secolo . Già dal III secolo e da Diocleziano questa tendenza era in atto . I donativi alle truppe , agli amici , ai clienti , ai nemici dell'imperatore continuavano ad accrescersi paurosamente . La militarizzazione dell'impero man mano che la marea barbarica montava procedeva inesorabile , comportando l'aumento delle spese statali .
Nel IV secolo si aggravava anche il processo di centralizzazione e quindi di burocratizzazione dell'impero . Centralismo e burocrazia diventano due aspetti di uno stesso problema . Il sistema delle autonomie amministrative viene scardinato definitivamente . L'inflazione galoppava a causa delle speculazioni sulla moneta , per lo sperpero delle risorse finanziarie e per la probabile costante diminuzione della produzione e della produttività agricola .
Era evidente infatti che il costo di tale politica imperiale ricadeva tutto sulla fonte maggiore di reddito che era l'agricoltura . A peggiorare la situazione , c'era poi l'obbligo della leva militare che danneggiava e angustiava i contadini .
In queste condizioni era naturale che cominciasse a sorgere una forte disaffezione verso il lavoro dei campi . E si può credere a quelle fonti che affermano che molti contadini e cittadini dell'impero erano più contenti dei barbari che dei propri governanti che , tra l'altro , nell'esazione delle tasse brillavano per corruzione e rapacità .
L'imperatore Giuliano tentò di fermare la corrente , dando un taglio agli splendori ostentati e dispendiosi della corte , cercò di ridurre il carico fiscale e riproporre al centro del sistema amministrativo le città . Il tipo di politica che Temistio avrebbe desiderato dai suoi imperatori è forse reperibile nel suo elogio di Valente confermato da Ammiano Marcellino . Temistio " in un panegirico pronunciato nel cinquantesimo compleanno dell'imperatore cita alcuni dati utili . Negli ultimi quaranta anni prima dell'assunzione al trono di Valente l'indizione annuale era costantemente aumentata . Valente non impose nessun aumento nei primi tre anni e al IV ridusse l'indizione a metà ; tenendo presente i risultati di Giuliano in Gallia questa riduzione non è incredibile , anche se è attestata soltanto da un panegirico . Valente , come dice Temistio , era stato un semplice padre di famiglia prima di diventare imperatore e conosceva il valore del denaro . Era parsimonioso nel concedere donativi , ma questo , si affretta a spiegare Temistio , non era meschineria , ma vera economia , doni grandiosi avrebbero reso necessarie tasse più alte . Ammiano attesta pure che Valente era rigorosamente onesto riguardo alle petizioni per le proprietà caduca e vacantia , concedendo ai detentori ampia facoltà di dimostrare infondate le pretese . Per di più , quando la pretesa era provata , egli divideva la proprietà tra il presentatore della petizione e tre o quattro altre persone che non avevano reclamato : questa abitudine deve aver scoraggiato la petitio , riducendo grandemente il profitto" .
Con Teodosio I il processo di disgregazione dell'impero si amplia e si approfondisce , si notano nell'impero i primi segni di un medioevo incipiente : la militarizzazione antigotica si accresce così come aumenta l'improduttività della spesa pubblica , tutti fattori che contribuiscono in modo determinante all'ulteriore degradazione delle attività agricole . A parte il riferimento d'obbligo ad Omero , Temistio sembra preferire in questa sua declamazione esclusivamente scrittori che hanno
mostrato interessi realistici verso l'agricoltura ( lo stesso Esiodo ad esempio incarna la tendenza "produttivistica " del lavoro dei campi contro quella di Omero che potrebbe essere definita "edonistica" , aristocratica ) a dimostrazione del valore concreto e politico della declamazione del retore bizantino .
Infatti Temistio sembra aver dimenticato volutamente il versante più poetico , più "bucolico" della letteratura arcadica . Naturalmente va detto che un Virgilio , per quanto bucolico , era anche in parte produttore di ideologia . Il versante bucolico era rappresentato da un Teocrito , Mosco , Bione .
Anche Libanio , retore contemporaneo e amico di Temistio , che agisce a Beirut , dimostra lo stesso interesse verso l'agricoltura , componendo un encomio in suo onore : da tutto questo appare evidente l'importanza che in questo periodo si dava al problema della produzione agricola dell'impero .
Nella declamazione agricoltura e virtù sono in stretto rapporto . . L'agricoltura invita all'esercizio della semplicità . In questa presa di posizione si avverte un notevole platonismo e aristotelismo molto personale , ma non il moralismo nel quale cade invece lo storico Ammiano Marcellino che denuncia le frivolezze della classe dirigente dell'epoca senza analizzare a fondo i problemi e tanto meno proporre alcune soluzioni , analisi e soluzioni , ( più analisi che soluzioni ) che , invece , Temistio offre abbondantemente .
In Ammiano Marcellino scorgiamo l'intellettuale romano legato ai limiti negativi del pensiero classico che riesce a ragionare solo in termini di razionalità-naturalità che escludono , ad esempio , storicamente e razionalmente le masse che incutevano terrore a un Livio , i barbari che rappresentano tutto ciò che negativamente e classicamente è "flusso" . A questo proposito noi siamo a conoscenza della disponibilità di Temistio nei confronti dei barbari .
Temistio , poi , riprende un tema che gli è molto caro : Omero canta le guerre e le battaglie , ma le guerre e le battaglie non producono nulla , sono anzi devastatrici soprattutto dell'agricoltura , base indispensabile di ogni società .
Il lavoro agricolo , oltre che invitare alla semplicità , secondo Temistio , provvede a mitigare ogni creatura ; semplicità quindi che non significa rozzezza , al contrario è sana civiltà , che contrasta con la società del IV secolo che spingeva sempre più verso la corruzione .
Per Temistio l'agricoltura è una texne , un'arte , un esercizio che classicamente (pitagoricamente) è anche una arete (virtù) : i due termini quasi si assimilano . Da Temistio all'agricoltura è imposto un valore "eudaimonico" quasi nel senso moderno e "liberale" di ricerca ampiamente soddisfatta di felicità proprio nel momento in cui essa veniva invece "massacrata" dal governo imperiale .
I Celti , gli Sciti citati da Temistio non sono più barbari , ma selvaggi e rozzi perché non praticano l'agricoltura che , invece , è il fondamento di ogni società , meglio di ogni civiltà . Temistio comprende fino in fondo l'essenzialità produttiva dell'agricoltura per la sua comunità storicamente determinata .
E' notevole osservare che il nostro autore pone a base della civiltà una attività materiale : il lavoro agricolo da cui fa dipendere ogni manifestazione umana . E' l'agricoltura che consente di dedicarsi alla sapienza .
" Quelli che l'ozio volge dal lavoro verso l'ingiustizia , gli uomini della città e se mai qualcun altro lontano dall'agricoltura praticano la delazione e l'ingiustizia , invece , l'agricoltore è colui che sa un solo bene semplice e nobile e questo ricava dalla terra collaborando con le stagioni , convinto , invece , che l'affaccendarsi intrigante sia invece l'inizio di ingiustizia e guardandosene da molto tempo . "
Quindi per Temistio è dall'abbandono della campagna , dalle città che proviene l'ingiustizia , la guerra . La ricchezza di una comunità deriva essenzialmente dal lavoro dei campi . La conclusione di Temistio è tanto ovvia e chiara quanto penetrante e non abbisogna di commenti . Essa è tanto pienamente retorica quanto pienamente storica , inserita nel contesto economico-sociale del IV secolo .
Proprio dall'insistenza con cui tratta il problema agricolo ci accorgiamo quanto fosse deludente la situazione produttiva di quello che oggi è definito il settore primario . Secondo Perelman , è proprio da tale insistenza retorica che si può ricavare un quadro negativo della società del retore e il disinteresse governativo verso i problemi agricoli che , invece , il retore , investito dell'autorità informale di portavoce dell'opinione pubblica fa presente ai suoi sordi imperatori.
"Tutti gli altri mestieri, infatti, hanno bisogno di rivolgersi all'agricoltura, e non solo i mestieri, ma anche gli studi ; e coloro che detengono cariche e scettri fondano sull'agricoltura il regno e la carica, lo studio e il mestiere : l'agricoltura, invece, con quello che a lei è superfluo provvede agli altri. Dunque, il re non può prendere alcuna iniziativa, anche se si vanta di discendere dagli Achemenidi, dagli Eraclidi e da qualche altra famiglia, se non dà più importanza agli approvvigionamenti che alle armi. Chiunque, pittore o scultore, mercante e navigatore ( come fare un elenco completo ?) , non vi è chi non abbia bisogno dell'agricoltura. E quando c'è ed elargisce la sua ricchezza, prospera il lavoro di ognuno e l'operosità è indirizzata a buon fine ; se, invece, i suoi prodotti vengono a mancare, non rimane nulla per vivere."


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