racconti - stories

 

Pier Luigi Baglioni

 


  Questo racconto, una storia di eroina riguardante mia figlia, è autobiografico. Tratta un fatto vero di droga in cui solo nel finale la fantasia supplisce alla realtà. Quindi, essendo politicamente scorretto proprio in quel finale, non è entrato in nessuna rosa finalista ai pochi Premi Letterari a cui l'ho spedito.

***

L'Autore, Pier Luigi Baglioni, ha 75 anni. E' toscano ma vive a Genova dal 1947. Nella sua vita, come i classici narratori americani, ha fatto molti mestieri. Da ragazzo il primo fu lo strillone di giornali nel dopoguerra, poi il garzone di negozio, fino a dopo il diploma di perito industriale; l'impiegato tecnico aziendale. Nel contempo è stato dirigente politico e sindacale lasciando per incompatibilità di carattere con quegli impegni (distonia tra mente creativa e servitù intellettuale richiesta).
Scrive da sempre racconti e romanzi, i primi dei quali gli hanno fatto avere una miriade di segnalazioni e tre primi premi in concorsi nazionali, mentre i libri sono ancora tutti inediti non avendo trovato alcun editore; tra i grandi che li prendesse in considerazione, tra i piccoli che li editi senza pagamento.
Gestisce un blog in rete al link: http://baglioni.leonardo.it/copertina

 


 Marcella e la droga

Mia figlia è deceduta in seguito ad un'infezione post operatoria all'ospedale di Sampierdarena per toglierle un calcinoma all'utero. Era il gennaio del 2003. Si era salvata dal flagello contemporaneo dell'eroina, ma non da quello più sordido e insidioso della mala sanità. La storia del primo inizia venti cinque anni prima quando aveva sedici anni. Era un bocciolo di rosa che stava appassendo sotto i miei occhi senza ch'io me ne rendessi conto. A svegliarmi fu la telefonata di una sua sconosciuta compagna di scuola che mi raggiunse in ufficio un mattino di sole portandomi la tempesta: "Lei è il papà di Marcella? Sono una sua amica… mi ascolti bene… controlli cosa fa e chi frequenta …" ed abbassò la cornetta. Io ancora la ringrazio che senza quella dritta -come si dice in dialetto- il dramma chi iniziò da quel momento sarebbe finito certamente male. Mi ci volle poco ad intuire che si trattava di droga. Ne presi immediata consapevolezza ponderando l'immagine radiosa della sua adolescenza contrapposta alla smagrita e pallida del presente. Parlandole in confidenza inopinatamente di lei appresi la sorprendente quanto inattesa superficialità. Disprezzava la scuola, le istituzioni; odiava i prof avversando finanche noi genitori a suo dire integrati nella società borghese che ella detestava. Cianciò di amare la libertà, il rock metallico, l'anarchia (senza sapere nulla di Mikhail Bakunin o Pietro Gori); di nuovi valori (senza neppure approfondire quelli vecchi).
Sperato lo smarrimento, persa ogni sicurezza educativa basata su l'esempio più che la parola; m'improvvisai investigatore privato per verificare il consiglio dell'ignota amica, pedinandola all'uscita dalla scuola, ed anche al pomeriggio. Frequentava un compagno di classe qualche anno maggiore di lei essendo ripetente recidivo. Un giovanotto alto, magro come un chiodo, volto cavallino sormontato da lunghi capelli sulle spalle discriminati centralmente si che apparivano in ordine nonostante ignorassero spazzola e pettine. Aldo, il suo nome, aveva una bellezza indubbia ma sciupata, avvizzita nonostante la gioventù.
Raccolte discretamente delle informazioni seppi che era tossico e spacciatore. Mica spinelli o erba, magari! Si faceva d'eroina, ed aveva appena iniziato anche Marcella, con l'accorgimento di farle il buco nel piede destro, tra alluce e metatarso. Lo accertai sottraendo nottetempo, furtivamente, dalla cameretta le sue orine. Analizzate dall'USL davano esito positivo all'uso di narcotici. Disperato mi rivolsi allora agli psicologi della Salute Mentale. Un gruppo di quattro medici mi sottopose ad una specie di esame sulla mia qualità di padre durante il quale ebbi la sensazione d'essere considerato causa e non vittima dell'approdo di mia figlia all'eroina.
Non voglio raccontare il penoso colloquio che ancora oggi mi ferisce. Accusato, neppure velatamente, d'essere un genitore egoista, ovvero avaro di me; dedito ai miei interessi avendole lesinato il mio affetto e le mie attenzioni. Corollario dell'analisi fu che la droga -per Marcella- era contro me; l'urlo con voleva dire: ' babbo, ci sono anch'io!'. Non sapevo nulla di Basaglia e delle sue democratiche teorie, però di primo acchito quella equipe di terapeuti della mente mi vennero antipatici, e la loro diagnosi una solenne baggianata. Ritenni quei concetti non professionali, ma deformazioni di scuola ideologica Dissi loro: "Da voi mi aspettavo indicazioni comportamentali, operative, non giudizi filosofici assai opinabili". Contrariati risposero: "Lei vuole imporre a Marcella una sua regolarità senza ponderare che ella, forse, proprio non la vuole…". Seguì un fervorino sul sistema degli integrati che odiano la devianza, e nella loro intolleranza impongono la normalità ai liberi considerandoli dei reietti... Non li invitai di andare a quel paese per educazione. Buongiorno, tante grazie. Con l'intimo auspicio che un problema simile capitasse ai loro figli per vedere se ragionavano così. Non li consultai più, avendo la percezione che da loro non avrei avuto nessun aiuto. Neppure potevo contare su mia moglie, troppo annichilita dall'inattesa brutta contingenza. Per mio conto se il problema di Marcella consisteva in una scelta di vita, esempio fare la pittrice invece che la farmacista, non avrei fatto di certo una tragedia. L'eroina no, non potevo accettarla. E questa volontà in me fu rigida e determinata. "Nessuna convivenza con la droga in casa" mi dissi istintivamente "piuttosto la caccio anche se minorenne". Prese le redini in mano ragionai più freddamente conscio che dovevo cavarmela da solo se volevo salvare Marcella dal baratro.
Con lei fui duro nella sostanza, bonario nella forma. Senza concessioni e compromessi le chiesi di chiudere la relazione con Aldo. Tuttavia non vederlo più sarebbe stato difficile frequentando la medesima classe. "Da domani non andrai più a scuola; penso io ad avvisare il preside" le dissi "potrai sempre riprendere in futuro. In questo frangente, con le buone o le cattive, resterai in clausura casalinga tutto il periodo necessario alla disintossicazione. Non ti farò mancare nulla per vincere la monotonia: dischi preferiti, hi-fi nuovo, tutto quanto il mercato offre in fatto di hobby e passatempi". L'imperativo sottinteso era: fai così, o vai fuori.
Il Bertani è uno stupendo istituto scolastico nel centro di Genova vicino al magnifico Parco della Villetta Di Negro, con cascate d'acqua, grotte, e museo d'arte giapponese, naturale rimanesse affranta e sbigottita. Anche a me piangeva il cuore, ma non vedevo altra strada che la determinatezza: "Se pensi al bluff toglitelo dalla testa". Il volto di Marcella già livido divenne cereo. Ma capì che la mia decisione non ammetteva replica: "Ti sei messa con un tossico, come è stato possibile? Come puoi deludermi così?" Tentò negare: "No. E' un bravo ragazzo." "E' risaputo." "Sono male lingue…cattivi, invidiosi…" "Invidiosi? Di quella feccia c'è poco da invidiare. L'Aldo che difendi si droga e spaccia." "Non è vero! Non è vero" "Marcella, non mentire, mi fai arrabbiare." Si mise a piangere indisponendomi maggiormente dal falso frignare. Lo capì e cambiò atteggiamento: "E' un ragazzo solo, abbandonato da tutti. Lo voglio aiutare, dargli una mano…" "Già, tu piccola sciocca credi di riuscire dove ha fallito sua madre? Sarà più facile che sia lui a trascinare nell'abisso te".
Le mostrai i rotoli di carta con le analisi della sua orina: "Sei agli inizi, se vuoi puoi farcela. Però devi scegliere o Aldo o la famiglia. Le due cose non te le consento." Le spiegai come l'eroina tramuta l'animo delle persone: "Annulla la volontà, annienta la dignità e trascina nell'abiezione. Sai cosa è stato della famiglia di Aldo? Avevano negozio e appartamento di proprietà; una vita serena e agiata. Tutto cancellato appena la droga ha preso il sopravvento. E lo ha avuto per la debolezza dei genitori che hanno prima tollerato e poi coperto il figlio tossico. Per il malinteso senso dell'amore si sono fatti dilapidare ogni sostanza, rovinando se stessi e perdendo lui. Questo da me non avverrà. Io non convivo con la droga in casa. Si può nella vita inciampare, ma poi bisogna rialzarsi. Chi non ci riesce, non vuole. E in tal caso il problema è l'imbecillità più che l'eroina…". Mentre parlavo così il suo volto si era trasfigurato. I suoi lineamenti avevano assunto sembianze di strega medievale come se l'alito diabolico dell'eroina sgominato aleggiasse sul viso prima di abbandonare l'anima. Difatti in quei precisi momenti Marcella decise a mio favore.
Marcella non c'è più dal 2003. Come ho detto all'inizio un tumore maligno all'utero la portò nell'ospedale di Sampierdarena ove durante l'operazione contrasse la setticemia. La tennero in vita in sala di rianimazione per dieci giorni a forza di flebo e trasfusioni di sangue. Quando decisero che il tempo di separazione dall'operazione era abbastanza per collegare ad essa il decesso, staccarono la spina. Ed ella fu strappata al nostro mondo. Aveva trent'otto anni, un buon impiego, e viveva fieramente singol in un piccolo appartamento graziosamente arredato.
Quando salgo ad incontrarla alla Castagna, il cimitero di Sampierdarena, passo davanti a molti ragazzi della sua generazione che al contrario di lei non ce la hanno fatta, e giacciono tumulati insieme ad adulti col triplo della loro età. Aldo pure è da quelle parti ma io non ho mai voluto vedere la sua tomba. Non per rancore. La collera contro di lui fu immensa quando non mollava la presa su mia figlia, cercandola di giorno e di notte. Al telefono, sostando sul portone, nelle vicinanze.
"Se ti vedo ancora gironzolare vicino casa ti sparo in bocca" gli dissi affrontandolo, convinto mettergli paura, dopo che i CC declinarono ogni intervento. Quando constatai che la minaccia mia non aveva effetto, presi un'altra strada trovando un balordo, spacciatore come lui, uno skeenead con la testa rasata, le braccia inondate di aquile e serpenti tatuati in rosso e nero.
Non so come ma, per tre milioni di lire, lo tolse di torno.


 

webmaster Fabio D'Alfonso


 
Home E-mail Indice