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GEOMETRIA FRATTALE
UN'INTRODUZIONE

Dott. Giorgio Bianciardi
Dpt. Patologia Umana e Oncologia
Universita' degli Studi di Siena



Da Cantor a Koch: mostri matematici?

L'immaginazione si stanchera' di inventare prima che la natura si stanchi di rivelarsi
Blaise Pascal

Gia' piu' di 100 anni fa matematici di primissimo ordine quali Georg Cantor o Giuseppe Peano avevano prodotto risultati che sembravano rendere del tutto inadeguati concetti ormai dati per scontati quali il concetto di dimensione, di area e di perimetro.
Il primo attacco al comune senso di vedere questi concetti avvenne nella seconda meta' del XIX secolo. Un giovane Georg Cantor, non ancora professore all' Universita' di Halle, scriveva al piu' anziano collega e amico tedesco Julius Wilhelm Richard Dedekind. Con la data 20 Giugno 1877, la lettera di Cantor, con una calligrafia minuta e precisa, affermava di avere in mano dei risultati secondo i quali un quadrato risultava possedere un numero di punti che non risultava maggiore di quello di ciascuno dei suoi lati. Una retta, di dimensione uguale a 1, non sembrava cosi' sfumare con la superficie, di dimensione uguale a 2? Come poteva salvarsi il concetto di dimensione?
Da parte loro, l'italiano Giuseppe Peano e il polacco Waclaw Sierpinski avevano invece iniziato a produrre strane entita' matematiche. Dagli studi di questi matematici erano nate entita' infinitamente irregolari, capaci di ripetere indefinitivamente la stessa forma. Queste figure iniziarono a proliferare nei loro scritti e in quelli di altri matematici. Nella curva di Helge von Koch (fig. 1) si potevano vedere triangoli che si frantumavano in triangoli sempre piu' piccoli o, cambiando punto di vista, triangoli che nascevano infinite volte dai lati di altri triangoli. Il perimetro di queste figure risultava infinito, mentre l'area risultava senz'altro finita, e misurabile.
Alcuni matematici rimasero colpiti e favorevolmente, tanto che il matematico italiano Ernesto Cesàro, professore di calcolo infinitesimale a Napoli, pote' scrivere nei suoi Remarques sur la courbe de von Koch (1905): "questa similitudine tra il tutto e sue parti... ci porta a considerare la curva di von Koch alla stregua di una linea veramente meravigliosa tra tutte. Se fosse dotata di vita" - aggiunge- " non sarebbe possibile annientarla senza sopprimerla al primo colpo", poiche', "in caso contrario rinascerebbe incessantemente dalle profondita' dei suoi triangoli, come la vita nell' universo".
La maggior parte dei matematici pero' non condivisero l'entusiasmo di Cesàro, considerarono queste strane forme solamente un "museo degli orrori", una collezione di "mostri" che non potevano avere alcun corrispettivo nel mondo reale. Gli studi di queste figure infinitamente irregolari continuarono ancora per alcuni anni, ne furono messe in risalto le proprieta': cambiando di scala queste sono capaci di ripetersi all' infinito, ovvero risultavo dotate di auto-somiglianza o omotetia interna; gli ultimi studi risalgono al secondo decennio del ventesimo secolo, per opera dei matematici francesi Pierre Fatou e Gaston Julia. Poi per molti anni non si senti' parlare piu' di questi "mostri matematici". Curve che hanno perimetro infinito e area finita quale significato fisico avrebbero mai potuto avere?


Da Einstein a Jean-Baptiste Perrin, l'uomo che vedeva gli atomi.

Cio' che e' nascosto puo' essere trovato, purche' si abbia abbastanza attenzione e diligenza; ma perche' sia svelato cio' che e' sotto gli occhi di tutti e' necessario un intelletto superiore.
Edgar Allan Poe

Nel 1827 Robert Brown, botanico scozzese, stava osservando al microscopio una sospensione di granelli di polline di Clarkia pulchella. Come gia' altri prima di lui, egli vide che questi risultavano in perenne movimento oscillatorio. Decise di indagare sulla questione. In un primo tempo ritenne che il movimento fosse dovuto alla natura vivente del preparato, ma rimase sconcertato quando realizzo' che anche il polline vecchio piu' di 100 anni mostrava gli stessi movimenti. Gli studi presto mostrarono che anche le sospensioni di particelle di fumo o di polvere di minerale mostravano lo stesso comportamento. Nella seconda meta' dell' 800 fu osservato che le sospensioni sigillate per piu' di un anno si mostravano in movimento, senza alcun decadimento del moto, che il movimento appariva funzione sia della temperatura, che della dimensione delle particelle, nonche' della viscosita' del fluido in cui le particelle si trovavano immerse. I tempi erano maturi perche' si ritenesse, correttamente, che il moto perenne e instancabile osservato fosse dovuto alla continua agitazione termica delle molecole di acqua e ai susseguenti urti che queste producevano sulle particelle viste al microscopio. Il ventiseienne Albert Einstein, nel 1905, a quell' epoca perito tecnico presso l' Ufficio federale dei brevetti di Berna, sviluppo' un modello matematico probabilistico che descriveva il fenomeno. Mancava la controparte sperimentale che ne stabilisse la validita'. Questa fu opera del fisico francese Jean-Baptiste Perrin, che nel 1908 inizio' a studiare il fenomeno per mezzo del suo ultramicroscopio. Perrin non solo verifico' le equazioni di Einstein ma riusci' anche a stimare, primo nel mondo, le dimensioni delle molecole di acqua e il loro numero per unita' di volume, ovvero a confermare definitivamente la teoria atomica della materia. Nel 1926, Perrin consegui' per questo suo studio il premio Nobel per la Fisica.
Nel suo Lavoro, pero', Jean Perrin si era spinto ben oltre. Non solo aveva confermato la teoria atomica della materia, ma aveva anche scoperto che il comportamento dinamico della materia risultava essere di natura ben diversa da quella che la scienza newtoniana aveva portato a credere. Se, inascoltato, il grande matematico Henri Poincaré aveva scoperto che la dinamica dei sitemi quali il movimento dei pianeti intorno al Sole, pur mosso da leggi deterministe, produce stati caotici, stati dove la previsione non e' piu' possibile, nella sua opera del 1913, Les Atomes, Perrin faceva notare come il concetto di traiettoria o di velocita' istantanea presente nella meccanica classica fosse completamente erroneo quando applicato nel mondo del microscopico.
Parafrasando Perrin prendiamo ad esempio il movimento di un auto, la traiettoria e la velocita' cambieranno piu' o meno continuamente. Con la dinamica newtoniana si potra' rappresentare in un grafico il cammino seguito dalla macchina, la tangente in qualsiasi punto della curva tracciata dara' la traiettoria nell' istante t, e sara' sempre possibile calcolare la velocita' in quell' istante t, o velocita' istantanea. In effetti, prendendo un intervallo temporale sempre piu' piccolo, le variazioni di velocita' e di traiettoria saranno sempre piu' piccole e si potra' quindi conoscere punto per punto le grandezze dinamiche del corpo in movimento. I matematici diranno che in ogni punto la curva ammette una tangente ed e' derivabile: questo garantisce la conoscenza delle grandezze traiettoria e velocita'. Ovvio: su questo si basa la dinamica della meccanica classica costruita da Galilei e Newton. Tanto ovvio quanto falso avrebbe fatto notare invece Perrin, se noi vogliamo applicare questi concetti a fenomeni naturali quali il moto browniano. L' esperienza, scriveva il fisico francese, ci dimostra che pur facendo diminuire l'intervallo di tempo, la velocita' della particella varia continuamente in modo imprevedibile, senza mai tendere ad alcun valore limite. Pur scendendo di scala, queste variazioni rimangono ineliminabili. La curva della traiettoria non risulta derivabile, e' impossibile conoscere la velocita' o la direzione nell' istante t.

Ma questo strano mondo, aggiungeva Perrin, esiste anche a livello macroscopico: prendete una linea costiera, la rappresentazione su un atlante ci dara' sempre una curva continua, in cui e' possibile tracciare una tangente, ma non cosi' e' il comportamento della costa reale. A qualsiasi scala vi saranno dettagli sempre piu' minuti che ci impediranno di tracciare una tangente in un qualsiasi punto. La lunghezza della costa reale rimane indeterminata: tanto piu' scendiamo di scala, tanto piu' la lunghezza aumenta e in modo estremamente repentino, ma non cosi' l'area sottesa dalla costa che rimarra', al casmbio di scala, grosso modo immutata.
Perrin quindi mostrava degli esempi del mondo reale in cui venivano seguiti i comportamenti dei "mostri matematici" scoperti in quegli anni. In effetti, anche la curva di Koch presenta irregolarita' a qualunque scala, e cosi' non e' derivabile in alcun punto. Ancor piu': nel moto browniano l' incremento di velocita' e il cambio di direzione delle particelle, via, via, che scendiamo di scala, si ripresentano sempre uguali, omotetici. Anche in due dimensioni la lunghezza totale delle traiettorie risulta enormemente grande, mentre l'area risulta ben delimitata, corrispondente a quella del piano dove avviene il movimento.
Nei primi anni del XX secolo esistevano quindi sia gli strumenti matematici che le osservazioni sperimentali necessarie alla costruzione di una nuova scienza, di una nuova geometria: la geometria delle strutture irregolari. Una geometria che stava mostrando caratteristiche molto diverse da quella Euclidea delle figure reali.
Anche il lavoro di Perrin fu dimenticato, ma due anni prima che Perrin ricevesse il premio Nobel in Polonia era nato Benoit B. Mandelbrot.

Benoit B. Mandelbrot: la geometria frattale

Ho coniato il termine "frattale" nel 1975 dal vocabolo latino "fractus", che descrive una pietra spaccata, frantumata e irregolare.
B.B. Mandelbrot

Benoit nacque a Varsavia nel 1924, da una famiglia di ebrei lituani. Madre dentista, padre grossista di prodotti di abbigliamento. All' eta' di 12 anni la famiglia Mandelbrojt si sposto' a Parigi. Causa non secondaria fu l'atmosfera razzista che iniziava ad aleggiare in Europa. Gioco' un ruolo sicuramente anche il fatto che a Parigi inoltre gia' era lo zio di Benoit, professore di matematica al Collège de France. La presenza dello zio fu certamente determinante anche nello sviluppare il suo interesse verso la matematica, comunque la presenza a Parigi non duro' molto. Allo scoppio della guerra, la famiglia di Benoit dovette infatti ancora traslocare, unendosi al flusso dei profughi diretti verso zone piu' sicure della Francia. Si fermarono nella Francia centrale, a Tulle. Mentre faceva l'apprendista presso un fabbricante di utensili, prosegui' gli studi, sia pure in modo precario e frammentario. Alla fine della guerra, il ventenne Benoit pote' riprendere gli studi di matematica iscrivendosi all' Ecole Normale Supérieure di Parigi. La sua presenza presso la prestigiosa scuola, dove aveva anche studiato Jean Perrin, fu pero' di pochi giorni. In Francia, infatti, in quegli anni stava trionfando la scuola di pensiero del gruppo di matematici che portava il fantomatico nome di "Nicolas Bourbaki": secondo la Scuola, la matematica doveva essere riscritta dalle sue fondamenta, esclusivamente in base a criteri logici. In questa costruzione non c'era posto ne' per la geometria, ne' per l'applicazione della matematica a fenomeni fisici reali. E la scuola di Bourbaki faceva da padrona all' Ecole Normale di Parigi. Mandelbrot descive quei giorni simili ad un incubo: per lui la matematica era geometria, studio di forme, e doveva essere strumento potente di analisi del mondo fisico. E cosi' si iscrisse al Politecnico di Parigi, la' incontro' il vecchio Julia che parlava dei suoi strani modelli matematici. Mandelbrot ne fu folgorato.

Galilei per poter sviluppare il modello eliocentrico, si servi' di uno strumento tecnico da poco creato, il canocchiale. Anche Mandelbrot per sviluppare i suoi modelli matematici e la sua visione del mondo utilizzo' un nuovo strumento: il computer. Negli anni '50, Mandelbrot lascio' la Francia per raggiungere il centro di ricerca dell' IBM, Thomas J. Watson Research Center a Yorktown Heights, New York. Li' trovo' lo strumento ideale per i suoi studi. Se i primi studi di mandelbrot riguardarono l'economia e la teoria dei giochi, presto lo studio del rumore nelle linee telefoniche lo condusse nel mondo dei modelli matematici infinitamente irregolari e dotati di omotetia. Mandelbrot si accorse che, nella totale imprevedibilita' della comparsa degli errori, esistevano pero' delle regolarita'. Era infatti possibile trovare un rapporto costante tra i periodi privi di errore e i periodi con errori: indipendentemente dal fatto che l' intervallo di tempo considerato fosse di un secondo, di un minuto o di un ora. Cambiando la scala temporale il rapporto rimaneva costante. Nella mente geometrica di Mandelbrot tutto cio' non era altro che la realizzazione in natura di uno dei mostri del XIX secolo: la polvere di Cantor.

Mandelbrot stava creando una nuova geometria. La geometria classica, quella che viene a tutt'oggi studiata e applicata, e' basata su linee e piani, cerchi e sfere, triangoli e parallelepipedi: una forte astrazione dalla realta', basata sulla (e base della) tradizione platonico-pitagorica. Un'astrazione tanto forte da risultare sbagliata quando applicata alla complessita'. E il Mondo e' complessita'. Le nuvole non sono sfere e le montagne non sono coni - dira' Mandelbrot - e l' irregolare non e' un accidente che distorce le forme geometriche regolari, ma e' l'essenza della cosa naturale. Un fulmine non si propaga in linea retta, ma in una complessa linea irregolare, ramificata. Questa non e' la distorsione di una ipotetica linea retta, perche', se prendete in considerazione la distribuzione degli zigzag, vi accorgerete che dentro questa complessita' esiste una regolarita' tutta nuova: l' ordine dell' auto-somiglianza, dell' omotetia. Se questi pensieri erano gia' presenti in Mandelbrot negli anni '50, e' pero con la pubblicazione sulla prestigiosa rivista Science, nel 1967, dell' articolo How long is the coast of Britain? Statistical self-similarity and fractional dimension che si fa risalire la data di nascita della geometria frattale. In questo articolo Mandelbrot sosteneva come ogni linea costiera possieda un perimetro che tenda all' infinito, pur essendo l'area sottesa certamente finita. Le linee costiere sono dotate di auto-somiglianza: il grado di irregolarita' della costa, cambiando di scala (cioe' prendendo riproduzioni della costa sempre piu' dettagliate, con foto sempre piu' ravvicinate) rimane essenzialmente immutato. Veniva dunque ripreso il lavoro di Perrin, ma Mandelbrot si spinse ancora piu' in avanti. Il grado di irregolarita' poteva essere misurato, prendendo a prestito quel concetto di dimensione di Hausdorff-Besicovitch risalente al 1919, ora non piu' curiosita' matematica ma potente mezzo per analizzare la forma degli oggetti della natura. Nasceva cosi' il concetto di dimensione frattale: la quantificazione della probabilita' che una regione determinata di spazio venga occupata dalla struttura frattale. Una linea frattale, come ad es. una linea costiera, viene cosi' a possedere una dimensione frazionaria, compresa tra uno e due (e una superficie frattale, come ad es. una montagna, risulta possedere una dimensione compresa tra due e tre). Una linea costiera, dunque, non e' altro che la realizzazione nella natura del fiocco di neve di Koch!
Nel 1982, dopo aver inventato la parola "frattale" scorrendo il vocabolario di latino del nipote, Mandelbrot pubblichera' The fractal geometry of Nature. E' questo il manifesto della geometria frattale, qui viene presentata la matematica su cui questa si basa e mostrati i campi di applicazione: quello della vita e del cosmo! Gli alberi da frutto e le conifere, le nubi e le montagne, gli alberi vascolari e bronchiali, le membrane cellulari, la distribuzione delle galassie nell' universo sono tutte strutture che presentano le regole scoperte da Mandelbrot: un' elevatissima irregolarita', l'omotetia al cambiamento di scala e l' inaspettato comportamento di perimetri e aeree (o volumi).
Come tutte le persone di grande ingegno che abbiano causato una rivoluzione del pensiero, Mandelbrot non ha pero' avuto una vita facile. Anche se i suoi sforzi sono stati premiati con numerosi riconoscimenti di livello internazionale (National Academy of Sciences e Columbia University, tra gli altri) e con la cattedra di matematica presso la prestigiosa Harvard University, a tutt' oggi molti matematici storcono la bocca quando sentono parlare di geometria frattale. Si puo' ricordare il violentissimo attacco da parte di matematici americani comparso sulla rivista Science, la stessa che aveva presentato 23 anni prima il lavoro capostipite di Mandelbrot. Tanto scrivere sui frattali che cosa aveva portato fino ad allora (1990): giochi carini sul computer e una dannosissima distrazione per gli studenti di matematica, portati a credere che si possa fare matematica con le immagini? La storia stava pero' ha gia' rispondendo: nello stesso anno compariva l'articolo di due patologi canadesi, i quali riuscivano a fare diagnosi analizzando la forma delle lesioni pre-cancerose della cervice uterina seguendo i principi della geometria frattale. In pochi anni tali studi si sono moltiplicati, e sempre piu' sono i campi della patologia dove la diagnosi e la prognosi sono supportate dall'analisi della dimensione frattale della lesione. In questi ultimi anni, poi, dall' economia alla fisica, dalla chimica alla biologia, il concetto di struttura frattale si e' dimostrato quanto mai fertile.

La geometria del caos. Il ritorno della forma.

Chaos: to see a world in a grain of sand and a heaven in a wild flower
William Blake

Con Mandelbrot la forma, concetto scomparso dalla scienza nata con Galileo e Newton, torna prepotentemente a farsi presente. Di questo concetto ora e' infatti possibile fare anche una misura: la misura della sua dimensione frattale. Le forme degli oggetti della natura presentano omotetia, ma in modo differente a quello dei mostri del XIX secolo. I primi, deterministici, mostrano una esasperante uguaglianza al cambiamento di scala, mentre l'auto-somiglianza degli oggetti naturali risulta essere di tipo statistico. In effetti, la geometria frattale non e' altro che la geometria del Caos, quel ramo della fisica dove il determinismo della scienza galileiana e la sua capacita' di fare previsioni si dissolve. La celebre farfalla del modello matematico di Edward Lorenz, risalente agli anni'60, primo oggetto matematico della fisica del caos, ha infatti una struttura frattale: ogni linea non e' altro che un fascio di linee, e ciascuna di queste linee, a loro volta, e' un ulteriore fascio di linee, e cosi' all' infinito. Piu' precisamente: quando dalla regolarita' (ad es. rappresentato dal flusso laminare di un fluido che scorre lentamente) si passa al caos (nel nostro esempio, il flusso che supera una certa velocita' limite e diventa vorticoso), nella zona di frontiera si assiste alla comparsa di strutture complesse, irregolari, dotate di omotetia: cioe' compaiono strutture frattali. Le strutture frattali infatti sono il risultato di dinamiche non lineari caotiche sottostanti: quando fenomeni caotici modellano il sistema (le turbolenze atmosferiche o la risacca del mare, ad esempio), a testimonianza rimangono delle strutture frattali (nubi o linee costiere).
Nel campo dello studio della vita il concetto di frattale prende uno sviluppo molto forte. Non puo' esistere informazione genetica sufficiente a descrivere la froma della chioma di un albero o la disposizione delle 50 mila miliardi di cellule che costituiscono il corpo umano, per non parlare della distribuzione del milione di miliardi di connessioni interneuronali del cervello umano. Ma Mandelbrot ha dimostrato come con una decina di righe di programma e' possibile ottenere una figura, l' insieme di Mandelbrot, dotata di una complessita' incredibile.

Ecco quindi nascere nuove strade per cercare di comprendere la complessita' delle forme viventi. E cosi' l' albero bronchiale, il sistema arterioso e venoso del cuore e del rene, la struttura del fegato, o di un neurone, sono solo alcuni esempi di struttura frattale nel corpo umano. In effetti se guardiamo una foto al microscopio di una porzione dell' albero dendritico di un neurone, possiamo avere imbarazzo se dobbiamo decidere a quale ingrandimento e' stata eseguita la fotografia, tanto risulta simile l'arborizzazione della cellula nervosa al cambiare di scala. Nel mondo della vita le proprieta' dei "mostri matematici" del XIX secolo si fanno evidenti, anche se con una precisazione: il comportamento frattale risulta limitato tra un minimo e un massimo di scala. Quando arriviamo a livello della singola cellula la struttura frattale si dissolve, magari poi per ripresentarsi, con dimensione frattale del tutto diversa, nella struttura subcellulare. Dinamica caotica e struttura frattale ci portano anche a cambiare i concetti di ordine e complessita' nelle forme viventi. Caos e omotetia, e quindi struttura frattale, e' rilevabile all' elettrocardiogramma, cosi' come nell' elettroencefalogramma. In effetti, il battito cardiaco di un soggetto sano segue una distribuzione nel tempo di tipo caotico: la frequenza cardiaca cambia erraticamente nel tempo, ma il tipo di fluttuazioni mostra forti somiglianze cambiando scala temporale ( minuti, ore o giorni), presentando una notevole omotetia. Cambia il concetto di organismo sano e organismo malato. La comparsa di forti regolarita' nelle fluttuazioni del tracciato elettrocardiografico e' segnale di pessima prognosi per un cuore malato. Cosi' come risulta molto piu' caotico, o, se si vuole, con una dimensione frattale maggiore, la frequenza cardiaca di un soggetto giovane rispetto a quello piu' regolare, o con una piu' piccola dimensione frattale, del soggetto anziano. L' interpretazione convenzionale in medicina che voleva la malattia e la vecchiaia quali esito del logoramento di un sistema deterministico, ordinato e regolare, va quindi completamente rivisto: sono l'ordine e la regolarita' sinonimo di malattia. E la vita, secondo gli studi del Nobel Eigen, nel suo concetto di quasi-specie, risulta nascere nella zona di transizione tra l' ordine e il caos, cioe' laddove nascono le strutture frattali.
Se le strutture di molti oggetti del mondo animato e inanimato sono dunque frattali, e la loro omotetia risulta di tipo statistico, l' auto-somiglianza, non piu' assoluta, risulta l'impronta di un medesimo disegno, ma sempre nuovo e sempre diverso. Per questo le linee costiere, le montagne o le galassie, un albero respiratorio o vascolare, per quanto simili non sono mai uguali, in un panorama infinito di forme. La geometria frattale diventa cosi' la geometria di quell' universo-artista caro al Nobel Ilya Prigogine, principale alfiere della scienza del Caos.
Geometria frattale: un modo nuovo di vedere la realta'.


Dott. Giorgio Bianciardi
Dpt. Patologia Umana e Oncologia
Universita' degli Studi di Siena


 
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