UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA
"LA SAPIENZA"

Facoltà di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Lettere

TESI DI LAUREA

I GIOVANI E IL FASCISMO
ASPETTI DELLO "SPIRITO PUBBLICO" A ROMA
1930-1939


RELATORE
Prof. Luciano Marrocu
LAUREANDO
Nicola Bertini
Matr. n° 10079333
CORRELATORE
Prof. Franco De Felice

ANNO ACCADEMICO 1993/1994

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I GIOVANI E IL FASCISMO

Ogni regime autoritario con velleità totalitarie, ovvero con la convinzione di dover influire in ogni aspetto della vita pubblica e privata dei cittadini, si pone prioritariamente il problema dell'educazione della gioventù. Inoltre il fascismo, in quanto convinto di essere qualcosa di nuovo nella storia d'Italia rispetto alle precedenti esperienze politiche e perciò portatore di ideali, valori, culture diverse, si preoccupò fin dalle sue origini del modo con cui tramandare questo bagaglio. Nei giovani il regime individuò il principale fattore di trasmissione e di continuità della rivoluzione fascista, la garanzia della totale e duratura penetrazione degli "ideali fascisti" nella società italiana.
Le prime Avanguardie fasciste e i Gruppi Universitari Fascisti nacquero poco dopo i Fasci di Combattimento1, mentre gli "adulti" erano ancora impegnati nelle azioni squadristiche volte a distruggere le organizzazioni dei lavoratori. Bisognerà attendere la normalizzazione seguita all'omicidio Matteotti e superare gli ostacoli frapposti dalle autorità militari, che si ritenevano i "naturali" educatori dei giovani, perchè Mussolini prenda in mano tutta la questione e vari nel 1926 la legge istitutiva dell'Opera Nazionale Balilla:<<...con la creazione dell'ONB - afferma Niccolò Zapponi - si compiva il primo passo verso l'addestramento premilitare obbligatorio, e si frustravano al tempo stesso, a tutto vantaggio del regime, le mire, in proposito, delle caste militari, cui veniva negato ogni potere sostanziale di controllo sull'Opera >>2.
Presidente di questo nuovo organismo fu fatto Renato Ricci, console della MVSN, deputato e "ras" di Massa Carrara, che lo diresse in modo autocratico per molti anni, anche dopo il passaggio dell'ONB alle dipendenze del neonato ministero dell'Educazione Nazionale, creandosi non poche inimicizie tra i vari gerarchi.
Dopo aver tolto ai militari ogni controllo sulla gioventù, arrivò ben presto il momento delle associazioni giovanili gestite da cattolici, i quali avevano sempre avuto l'obiettivo della difesa della scuola privata e del loro ruolo nell'educazione dei giovani. Gli "scouts" cattolici furono i primi a fare le spese di questa svolta, ma anche l'Azione Cattolica fu svuotata di molte delle sue funzioni, senza che la Chiesa opponesse grande resistenza, troppo preoccupata com'era del buon esito delle trattative per i Patti Lateranensi3.
L'ONB, oltre ad avere il monopolio dell'educazione premilitare e dell'istruzione ginnico sportiva, andava ad invadere e a sovrapporsi ai campi di competenza della scuola, che, non ci dimentichiamo, era stata appena riformata da Giovanni Gentile: infatti, l'educazione spirituale e culturale e l'istruzione professionale e tecnica affidate all'ONB entravano palesemente in concorrenza con i compiti della scuola4.
I vantaggi che l'iscrizione all'ONB procurava erano ben conosciuti dai giovani e dai loro genitori. Per quest'ultimi il desiderio di far fare gratuitamente ai propri figli vacanze, gite, campeggi fu un incentivo molto forte ad iscriverli fin da piccoli all'ONB: nel giro di pochi anni il Partito nazionale fascista e le sue organizzazioni furono visti come unico orizzonte possibile di svago, di lavoro, di vita. << A partire dagli inizi degli anni Trenta, - sostiene Zapponi - l'Opera balilla fu in grado di erogare alcuni servizi sociali ( borse di studio, refettori, doposcuola, asili, colonie, crociere ) che, per quanto inadeguati alle esigenze effettive, agli occhi di una porzione ragguardevole della popolazione italiana potevano giustificare la richiesta di una tessera, non fosse altro che come diritto a figurare in lista di attesa >>5.
I commenti che suscitavano tra i romani queste iniziative li abbiamo già mostrati nel precedente capitolo: per sommi capi possiamo riassumerli dicendo che se il plauso al regime per la sua attività assistenziale era generale ( la politica assistenziale fu sempre uno dei maggiori collettori di consenso, particolarmente tra le classi popolari e la piccola borghesia ), commenti negativi venivano "captati" dagli informatori per quelle iniziative marcatamente usate a fini propagandistici e militari.
I "Campi Dux", iniziative a carattere nazionale che riunivano a Roma giovani provenienti da tutte le provincie, erano talvolta malvisti per l'elevato numero di partecipanti, quindi per lo spreco di denaro che provocavano in periodi di dure ristrettezze per la popolazione, e per la retorica militaresca di cui erano imbevuti. La nota fiduciaria, che qui riportiamo, mette in risalto proprio l'aspetto inutile e costoso di questi raduni:

Mentre da ogni parte, in ogni ambiente italiano e straniero, si sono sentite soltanto lodi per il contegno tenuto dai 50mila giovinetti del Campo Dux, critiche antipatiche al riguardo sono state fatte da vari funzionari dell'Istituto Internazionale di Agricoltura. Non sono mancati i critici italiani, ma la loro critica, tipicamente antifascista del resto, é stata che questi campi costano un patrimonio e che, in tempi di crisi come questi, non si dovrebbe spendere somme enormi per portare a Roma, dalle città italiane e specialmente dall'estero, migliaia e migliaia di persone...6

Diversi anni dopo, in questa seconda segnalazione, ritornava la lamentela dello spreco di denaro, questa volta delle famiglie, costrette a rinnovare le divise GIL ( nel 1937 l'ONB si trasformò in Gioventù Italiana del Littorio, con la differenza sostanziale che era controllata totalmente dal PNF ). E' significativo che, a pochi mesi dall'entrata dell'Italia in guerra, si protestava per quello che era diventata la scuola: una palestra, o meglio una piazza d'armi, in cui i giovani sfilavano e marciavano continuamente:

...Ho udito proteste di genitori per queste continue modificazioni delle divise, le quali richiedono spese non indifferenti, che non tutte le famiglie sono in grado di sostenere. Qualche padre ha osservato e fatto rilevare che sono già enormi i sacrifici che si affrontano per pagare le gravose tasse di insegnamento e che comunque i ragazzi vanno a scuola perchè imparino qualcosa di utile e non per partecipare alle continue parate, ordinate, ecc, ecc...7

Ciò a illustrazione di come negli anni Trenta queste organizzazioni giovanili svolgessero un'attività di preparazione premilitare, in pressochè totale autonomia dai dicasteri militari: vi erano reparti marittimi, ciclisti, moschettieri, alpini, avieri, sciatori, in pratica un vero e proprio esercito, formato da giovani soldati e al servizio, ovviamente, unicamente del regime. Infatti le gerarchie militari si batterono per poter aver parte nell'organizzazione e nell'addestramento dei giovani in campi che consideravano di loro competenza. << Ma il regime, - aggiunge Zapponi - per ovvie ragioni ideologiche e propagandistiche, non intendeva in alcun modo sacrificare all'efficienza tecnica la possibilità di sfruttare, a proprio vantaggio, il potere di fascinazione sui giovani, posseduto dalle armi >>8.
A Roma quella che fu chiamata la generazione del Littorio, cioè i giovani nati negli anni Venti, fu sottoposta ad un rigido inquadramento e ad una attività incessante. Come avveniva per analoghe organizzazioni legate direttamente o indirettamente al regime, la vicinanza con i centri di potere e direzione portò l'ONB prima e la GIL dopo a svolgere numerose funzioni di rappresentanza in occasione di manifestazioni, parate, campi, sfilate, di cui la città di Roma era il palcoscenico più adatto9. Anche l'ONB ebbe parte nella creazione di uno scenario adatto ai riti del regime, costruendo il Foro Mussolini. In un'esplosione di marmo bianco ( non dimentichiamo che il presidente dell'ONB Ricci era anche il "ras" di Carrara ), dal gigantesco monolite alle statue di atleti esaltanti la stirpe italica, il complesso progettato da Enrico Del Debbio fu teatro di innumerevoli saggi ginnici, gare, sfilate e fu anche sede dell'Accademia fascista di educazione fisica, in cui venivano formati gli insegnanti di educazione fisica. All'Accademia venne assegnato il duplice fine di inserire nella scuola i primi veri professori cresciuti ed educati dal fascismo e di costituire << un serbatoio privato cui attingere nella scelta dei dirigenti periferici dell'Opera balilla, in preferenza del personale disponibile, a tal scopo, nelle sedi locali del PNF >>10.
A questo punto mi pare doveroso aprire una parentesi sull'importanza che la cultura fisica, la ginnastica, lo sport ebbero nell'ideologia e nella politica educativa del fascismo. Il dannunzianesimo, il futurismo e lo stesso nazionalismo erano impregnati di vitalismo, edonismo fisico, culto della forza fisica, esaltazione della velocità e della forza: temi che il fascismo seppe far propri e propagandare tra i giovani. Durante il ventennio, lo sport e, più in generale, l'educazione fisica divennero punti di forza della politica di consenso del regime e idee guida nella formazione culturale, oltre che fisica, delle masse giovanili e non solo di quelle. L'educazione fisica univa il vantaggio di essere valvola di sfogo delle esuberanze giovanili e spettacolo ( le manifestazioni ginniche e sportive ), con la possibilità di formare militarmente i giovani e di inculcare in loro ideali di forza e di coraggio. Per un regime ed una nazione che si autoproclamavano in espansione, sport ed educazione fisica erano inoltre funzionali all'affermazione dei principi di nazionalità e razza.
Osserva acutamente Pier Giorgio Zunino che << dalla salute presto si arrivava alla sanità della razza, dalla funzione etica si saltava alla virilità e all'audacia, e da questa bastava un soffio per essere proiettati nell'adorazione della forza fisica pura e semplice. Tutto ciò accadeva mentre lo spirito collettivo sotteso a molte attività sportive assumeva presto i contorni dell'inquadramento militare, dell'impulso agonistico comunitario, dell'aspirazione della lotta >>11.
Malgrado la sostanziale obbligatorietà dell'iscrizione, malgrado la quantità dei servizi offerti, malgrado l'accentramento di tutte le associazioni giovanili all'interno della Gioventù Italiana del Littorio av-venuto nel 1937 e la totale sottomissione al segretario del Partito ( che diventava comandante generale ), dopo due anni dalla creazione della GIL, la percentuale dei tesserati sui tesserabili non superava di molto il 50%12. Preoccupanti defezioni si avevano nelle provincie centro-meridionali e mano a mano che l'età dei giovani cresceva ( maggior partecipazione tra figli della lupa e balilla ). << Particolarmente inefficace, poi, era l'opera di penetrazione in seno ai giovani appartenenti al proletariato sia urbano che rurale...Fenomeno, del resto, abbastanza naturale, in quanto la netta e saldamente radicata egemonia esercitata dalla piccola e media borghesia su tutta l'organizzazione del Partito, al livello sia delle gerarchie centrali che di quelle locali, non faceva certo di esso lo strumento più idoneo per una fruttuosa opera di educazione politica delle masse lavoratrici >>13.
Tra le carte della Pubblica Sicurezza si é rinvenuto un pro-memoria relativo al tentativo del Partito fascista di arginare a Roma il fenomeno dell'abbandono della scuola e delle organizzazioni giovanili fasciste da parte di bambini provenienti dalle borgate. Da alcuni termini usati per descrivere l'operazione ( "rastrellare", "inquadrarli" ), si ha l'impressione che si parli di un'azione militare piuttosto che di una attività a sfondo sociale:

Ieri il Segretario Politico del Fascio di Appia Antica...in ottemperanza a superiori disposizioni, ha incaricato una squadra di giovani fascisti locali di rastrellare tutti i ragazzi della borgata abbandonati a se stessi, allo scopo di sottrarli alla strada, pulirli, vestirli ed inquadrarli...14

Se di questi reietti della società il regime poteva anche fare a meno ( purchè ovviamente rimanessero politicamente passivi ), in nessun caso poteva pensare di perdere i giovani che raggiungevano i gradi più alti d'istruzione, gli universitari, quelli che dovevano formare la classe politica ( fascista ) del futuro. Quindi se da un lato agli universitari era evitato l'aspetto più oppressivo del fascismo, tanto é vero che verso di loro fu adottata una politica di bonario paternalismo, dall'altro era loro richiesto un consenso attivo ed entusiasta.
I GUF, Gruppi Universitari Fascisti, potevano offrire a tutti gli universitari - a differenza dell'ONB che, come abbiamo visto, non dava le stesse opportunità a tutti i suoi iscritti - una grande quantità di servizi quali centri di studi, case del goliardo, circoli di cultura, biblioteche, borse di studio, impianti sportivi15. Oltre a tutti questi vantaggi "materiali", agli studenti era concessa una relativa libertà di parola - basta pensare ad alcuni giornali dei GUF ( "il Bo" uno per tutti ) e ai Littoriali su cui tornerò più avanti -, vantaggi che però facevano da contraltare all'impossibilità di seguire una via diversa, di fare una scelta anticonformista o anche solo di rimanere passivamente a coltivare i propri studi.
Anche gli studenti, come tutte le altre categorie sociali, erano tenuti sotto controllo dalle spie di regime, le quali ci confermano l'ambiguità del trattamento a cui erano sottoposti. Gli studenti dell'Università di Roma usufruivano di una mensa che distribuiva cibo di non elevata qualità e quantità, costringendo i ragazzi ad andare a mangiare nelle trattorie di San Lorenzo. Questo fatto non é segnalato per rimarcare l'inefficienza, e forse le ruberie, della mensa universitaria ma per far notare il pericolo che si correva a non isolare i giovani dal contatto con i vecchi antifascisti che di norma frequentavano i locali di San Lorenzo:

...posso assicurare che il vitto somministrato é veramente insufficiente. Non che sia mal confezionato, ma si può ben comprendere come per dei giovani che si trovano nel loro pieno sviluppo, sia necessario non solo un cibo sano ma più ancora abbondante. Si comprenderà questo malcontento, quando si pensa che poco lontano dalla 'Sapienza', trattorie gestite da privati, senza essere sovvenzionate da Enti, fanno pensioni a quattro lire al pasto, pensioni che nulla hanno a che vedere con quella della Casa dello Studente...Che cosa avviene? Che dovendo fare così si irrita, perchè vorrebbe trovarsi in un'ambiente che fosse suo e non lo può, perchè deve accostare persone, nella cui considerazione egli é uno spiantato qualsiasi, persone che molto spesso, nella loro ignoranza lo colpiscono con i loro motteggi. Oltre a ciò queste persone, vissute in epoche ormai passate e con sentimenti ormai da estirparsi seminano il tarlo della ribellione in mente ai giovani... Quando la maggior parte di questi studenti andassero alla mensa universitaria quei pochi che non ci andassero si potrebbero individuare. Se poi entrassero in detta mensa elementi facinorosi, questi si potrebbero tener d'occhio con una buona organizzazione...16

I dati sulle iscrizioni al GUF di Roma esemplificano chiaramente questa ambiguità, ovvero l'impossibilità anche solo di rimanere neutrali in cambio di tutti i vantaggi che abbiamo visto: se all'inizio degli anni Trenta gli aderenti erano 3637, pari al 60% degli iscritti all'università, già nel 1934 erano diventati 6328 ( 80% degli universitari ), per poi raggiungere una perfetta corrispondenza tra gufini e iscritti all'università di Roma nel 1942 ( 14000 su 14000 )17.
Questi dati sono delle ottime basi d'appoggio per quanto afferma Gino Germani, ovvero che << anche se per le masse può essere sufficiente un conformismo passivo, a una minoranza all'interno del partito - specialmente l'elite e quel segmento della popolazione fra cui verrà reclutata la futura elite - é richiesta l'identificazione ideologica e la partecipazione attiva >>18.
Questa mobilitazione delle elite era sì cercata ed incentivata dal regime ma doveva avvenire entro precisi limiti e badando a non contraddire i fondamenti dell'ideologia fascista. Ma era difficile limitare entro precisi confini la discussione a dei giovani che, seppur cresciuti nelle scuole e nelle organizzazioni fasciste, erano, per un fatto generazionale, portati alla deviazione, all'eresia, alla ribellione. Il tatticismo di cui era imbevuta la scelta di moderata liberalità concessa ai giovani doveva venire alla luce: non si poteva sperare che potesse durare a lungo l'inganno del "discutere con fede", essendo quest'ultimo quasi un ossimoro in cui, come é stato scritto, << l'elemento critico che é nella discussione non può convivere con l'atteggiamento fideistico e come se alla discussione, che riceve la sua dignità solamente dall'essere ricerca comune del vero, fosse lecito porre un qualunque limite estraneo alla ragione >>19.
Ma se anche i giovani avessero discusso secondo fede, ovvero non mettendo in dubbio i fondamenti del fascismo si sarebbero trovati di fronte ad un'altra contraddizione, messa anch'essa in luce da Germani. La distanza cioè tra quello che si dice e quello che si fa, tra la reale ragione d'essere del fascismo e la sovrastruttura fatta di parole, slogans, piani, Carte, Corporazioni:<< gli "obiettivi basilari" della smobilitazione della classe inferiore e del tentativo di mantenere lo status quo a vantaggio della coalizione dominante si urtano con gli ideali "rivoluzionari" proclamati dal regime, in special modo giustizia sociale, lavoro e benessere per tutti i membri della comunità nazionale, e la costituzione di un "nuovo ordine" di gran lunga superiore al capitalismo liberale o al comunismo materialista >>20.
Senza poi dimenticare quanta importanza ha sempre avuto nell'ideologia fascista il mito della gioventù, della gagliardia fisica, delle nuove generazioni. Fin dalle origini, per esaltare la novità del movimento dei fasci e per reclamare la sostituzione di tutta la classe dirigente giolittiana con la gioventù temprata dalla prima guerra mondiale, il fascismo esaltò la giovinezza e tutte le caratteristiche a lei proprie: l'attivismo, la decisione, l'ardimento ma anche, mutuandole dal futurismo, la velocità, la rottura di tutti gli schemi prefissati, la violenza liberatrice, la forza, la guerra.
Tutto ciò, ormai diventato bagaglio culturale e mitico per milioni di giovani e continuamente esaltato e propagandato dai massimi gerarchi, Bottai per primo, si rivolgerà contro il regime. Dalle solite note fiduciarie apprendiamo che le accuse di arrivismo e di attaccamento al denaro che venivano rivolte dai fascisti della "prima ora" alla classe politica liberale, vengono ora rivolte dai giovani alla classe dirigente fascista:

...I giovani fascisti universitari, più mussoliniani che fascisti, criticano l'attuale andamento delle cose, soprattutto per quanto riguarda il sistema dei lauti stipendi che molte persone del Regime percepiscono attualmente. Essi accusano gli uomini attualmente al potere di mentalità sorpassate e liberali e di essere attaccati troppo al denaro...21

Nella successiva segnalazione, oltre a rimarcare la mancanza di prospettive dei giovani, si ammetteva la sfiducia verso il Corporativismo, la riforma economica a cui il regime attribuiva una grande importanza e che doveva segnare la famosa "terza via", antitetica sia al liberalismo sia al comunismo:

Parlando con il laureando in Legge CARLO BERUTTI (via Rasella 23) questi mi disse non essere vero che nelle masse studentesche vi sia molto entusiasmo per il Fascismo...vi sono gravissime preoccupazioni per il loro avvenire, in quanto ormai é ingenerata la certezza che in Regime Fascista non valgono nè meriti, nè titoli, ma le protezioni delle gerarchie...nessuno, cominciando dai professori, capisce niente di questo strombazzato Stato Corporativo...il Corporativismo vi sarà per chi avrà impieghi in quella nuova mastodontica burocrazia che si profila per attuare il Corporativismo...22

E' decisamente troppo presto considerare l'inizio del 1934, data di quest'ultima nota fiduciaria, come momento iniziale di uno scollamento tra giovani e regime. Tutti gli storici che si sono occupati della gioventù intellettuale, così come gli stessi giovani che hanno nel dopoguerra testimoniato la loro esperienza, sono concordi nel datare ad almeno due anni dopo ( 1936, guerra di Spagna ) l'insorgere di una opposizione di giovani completamente formatisi sotto il regime fascista.
Nel 1934, tuttavia, ebbero inizio i "Littoriali dell'arte e della cultura" che se per un verso ebbero un ruolo di eccezionale importanza nella ricerca del consenso tra gli universitari, dall'altro, per la relativa libertà di cui godevano i partecipanti, dettero per la prima volta dopo anni di oscurantismo una possibilità di dialogo e discussione. Tenuti ogni anno dal 1934 al 1940, nella sedi di Firenze, Roma, Venezia, Napoli, Palermo, Trieste, Bologna, anche se non gli si possono riconoscere meriti eccessivi nella formazione di un atteggiamento critico ed antifascista fra i giovani, i Littoriali ebbero indubbiamente il merito di suscitare dibattiti e fermenti come mai prima di allora.
Anche solo il dato numerico dei partecipanti - che non ci dimentichiamo provenivano per la stragrande maggioranza dai vari strati della borghesia ( é stato calcolato che durante il fascismo la percentuale dei figli di operai e manovali che riuscirono a frequentare l'università diminuì dal 5% del 1911 al 2,4% del 1932 23) - dà chiara la percezione delle idee, delle esperienze personali e collettive, delle intelligenze che i Littoriali seppero mettere in movimento e, cosa più importante, far circolare: agli ultimi Littoriali, svoltisi a Bologna nel 1940, parteciparono ben tremila giovani provenienti da tutta Italia, ma, più significativamente, almeno centomila giovani furono coinvolti nelle rispettive sedi universitarie in occasione dei Prelittoriali ( che servivano a selezionare i concorrenti ai titoli di Littore )24. << I Littoriali rientrano nella più ampia strategia di libertà speciale che il regime, anche nelle sue gerarchie più rozze, ebbe l'accortezza di concedere ai giovani, una tolleranza speciale per attirarli, nascondendo il suo vero volto repressivo e tirannico per adottare non solo una politica di compiacente paternalismo, ma una verniciatura esteriore fatta di miti rivoluzionari, di nuovo ordine, nuova Europa, nuova civiltà, asseriti tutti i giorni e con tutti i mezzi >>25.
Questa "strategia del consenso" si scontrò subito, fin dai primi Littoriali di Firenze, con la voglia di discutere e di partecipare dei giovani, che, pur non mettendo in dubbio in molti casi il proprio fascismo, non furono disponibili ad accettare il regime acriticamente e non rinunciarono a mettere in risalto i temi a cui più tenevano: il corporativismo tra tutti gli slogans del fascismo ( soprattutto di uno slogan si trattò in effetti, non essendo mai stata messa in discussione l'organizzazione capitalistica della società durante il ventennio ) fu quello che venne agitato con più convinzione dai concorrenti.
Se vogliamo provare a periodizzare l'atteggiamento con cui i giovani parteciparono ai Littoriali, si può sostenere che nelle prime tre edizioni, quindi nel 1934-35-36, a fronte di una partecipazione entusiastica ma individualistica degli universitari si registrò una certa inadeguatezza da parte degli organi di controllo del regime. Sia per l'eccessiva libertà data ai dibattiti sia per l'impreparazione dei giudici e dei moderatori, che infatti non di rado si trovarono sopraffatti dalla inaspettata spregiudicatezza dei concorrenti ( questo vale precipuamente per Firenze, meno per Roma e Venezia, essendo gli organizzatori corsi parzialmente ai ripari ). Si ebbero così vivaci discussioni, che però, appunto per la partecipazione individualistica degli studenti, non trovarono sbocchi politici ed organizzativi.
In un secondo momento, ai Littoriali di Napoli e Palermo, il regime fascista, reso esperto dalle precedenti esperienze, restrinse la possibilità di libera discussione attraverso il ricorso al dibattito a tema ( un argomento di discussione preventivamente scelto da cui non ci si poteva discostare ) e una più attenta scelta dei commissari. A questo giro di vite fece da contraltare, da parte dei giovani, una partecipazione più cosciente e organizzata. Molti furono i gruppi che parteciparono con l'intenzione di entrare in contatto con altri giovani che si fossero dimostrati durante i dibattiti più "eretici", più lontani dalla ripetizione pedissequa della retorica di partito. Questi giovani non avevano ancora "saltato il fosso", non erano ancora coscientemente antifascisti ma stavano compiendo i primi passi di quel "lungo cammino" che li avrebbe allontanati dal fascismo.
Proprio dal libro di Ruggero Zangrandi si conosce la cronaca di quelle giornate, una cronaca che ci dà l'impressione - anche grazie ad una terminologia che ricorda una cronaca di guerra ( "squadra", "servizio logistico", "adesioni sul campo", "osservatore", "staffetta", ecc.) - di quale organizzazione e di quale attività incessante furono capaci nella circostanza i gruppi lì convenuti26.
Un'altra testimonianza di quello che avvenne e con quale spirito i Littoriali furono affrontati da molti giovani, é quella di Mario Alicata:

...le nuove esigenze che erano maturate in noi ( prendere contatto con altri giovani, discutere con loro non solo di letteratura ma anche dei problemi politici del nostro tempo ) spinsero Zevi e me a partecipare ai littoriali ( di Napoli nel 1937, di Palermo del 1938 ). Per me si trattò di due episodi decisivi. Fu attraverso i littoriali che conobbi sia alcuni giovani che ai littoriali partecipavano con lo stesso spirito di Zevi e mio ( Trombadori, Guttuso, Sotgiu, ecc.) sia alcuni altri giovani che dei littoriali già avevano deciso consapevolmente di servirsi come d'uno strumento d'azione antifascista. C'era fra costoro Antonio Amendola con cui mi legai subito d'amicizia profonda e la cui amicizia rappresentò per me "il salto di qualità": conoscere lui significò conoscere il vero antifascismo, il comunismo, significò avere finalmente a disposizione una vera biblioteca politica27.

Perchè questo cambiamento nel modo di partecipare ai Littoriali nel giro di un paio d'anni? Cosa era cambiato? Sul piano interno niente. Il fascismo aveva appena "rifondato" l'impero e l'entusiasmo sembrava aver raggiunto livelli parossistici. Starace impazzava e stava avviluppando la società italiana all'interno di un meccanismo burocratico-propagandistico, il quale se ebbe una certa presa sui gruppi sociali culturalmente più arretrati ( ma, come abbiamo visto, anche tra loro vi fu chi seppe coglierne l'aspetto clownesco ), ottenne un effetto controproducente tra la gioventù universitaria.
Giaime Pintor, martire della Resistenza, allora universitario a Roma, in una lettera ai genitori dell'inizio del 1938, fa una esilarante descrizione di una esercitazione svoltasi tra i "monti" di Villa Glori , alla quale partecipava in quanto milite del battaglione scelto delle camicie nere universitarie:

...La divisa di milite, con la sua goffaggine d'ordinanza, l'elmo, il pugnale e gli stivali, soprattutto gli stivali ( grave eredità di uomini di un'età forte ), attirano gli sguardi delle già deste donne di servizio, ignare del significato del filetto d'argento, barriera di classe. Alle sette le energiche imprecazioni dei signori ufficiali cacciano l'ultima sonnolenza e, con la luce del giorno, la realtà delle cose trionfa. Villa Glori appare nitida sul colle, una tromba stonatissima suona l'alzabandiera e si abbattono sopra di noi un moschetto, uno zaino e una coperta. Le imprecazioni dei signori ufficiali contro questi....che non sanno fare un....di zaino, salgono gradatamente fino all'empietà della bestemmia, poi si fa la pace e si entra sulla pista dove ci attende su un cavallo bianco il signor comandante di zona, Luogotenente Generale Chiappe ( nello stile epistolare sono ammessi anche termini moderatamente triviali ). Ordini, contrordini, prove interminabili, arrivi di generali, canti di ispirazione tra germanica e canonicale, tutto misurato dal pesante ritmo del passo dell'oca...A mezzogiorno finalmente libertà, pienamente goduta28.

Ma furono gli avvenimenti internazionali, le alleanze che strinse l'Italia, che fecero aprire gli occhi ad alcuni giovani, tanto da spingerli a partecipare ai Littoriali con spirito e scopi diversi.
L'aggressione all'Etiopia fu un primo sintomo, anche se la propaganda contro le "inique sanzioni" e le democrazie occidentali "affamatrici" del popolo italiano si affrettò a mascherarne i significati.
Ben altro potere corrosivo ebbe la guerra di Spagna, che, come é stato notato, per la prima volta dopo quindici anni, connotava ideologicamente il fascismo. L'alleanza con Franco e la chiesa ultrareazionaria spagnola doveva per forza di cose far apparire il fascismo come una forza conservatrice sul terreno sociale29. Tutto questo mentre i giovani stavano discutendo sulla "terza via", sulla missione sociale ed equilibratrice del regime, sul corporativismo. La guerra di Spagna - ma di lì a poco ci furono anche l'Anschluss, le leggi razziali, Monaco - seppe aprire veri e propri squarci di luce: nelle serate passate ad ascoltare le trasmissioni dalla Spagna repubblicana, i giovani sentirono per la prima volta voci non fasciste.
Elio Vittorini, in un noto articolo apparso su "il Politecnico" poco dopo la fine della guerra, rimarca quest'aspetto di lenta presa di coscienza individuale o a piccoli gruppi e avvenuta senza l'aiuto dei padri, nulla sapendo il più delle volte dei partiti antifascisti all'estero e dei loro dirigenti. Una presa di coscienza che in alcuni casi esplose solamente con l'entrata in guerra, in altri con la sconfitta, ma che ha il suo momento iniziale nel 1936:

...Tutta la gioventù italiana era senza contatto, prima del luglio '36, con il mondo della democrazia progressiva. Dobbiamo dirlo: l'antifascismo italiano risultava morto agli italiani, era tutto all'estero, emigrato, o era in prigione, era al confino, chiuso in se stesso, e molti di noi non lo avevano mai conosciuto.
Qui si avevano molti dubbi sul fascismo, e non tutti li nascondevano; non sempre si mostrava che si fosse soddisfatti. Ma chi mai raccoglieva i nostri dubbi? Mai si riusciva a sapere qualcosa che non fosse fascismo. Nè altro vedevamo, di tutto il resto del mondo, che manifestazioni di omaggio al nostro tacchino...E dovevamo pur credere a qualcosa che in qualche modo mostrasse di essere vivo. La gioventù italiana giunse al punto di fabbricarsi delle illusioni sul fascismo. Si fabbricò l'illusione che il fascismo potesse a poco a poco trasformarsi "in una specie di collettivismo"; e anche lavorò per questa illusione; non perdendola, una parte, che alle soglie della guerra d'Etiopia, e il resto, la maggior parte, con la guerra civile di Spagna.
Questa fu scuola per la massa di noi: la guerra civile di Spagna, stessa versione fascista della guerra civile di Spagna, quanto i giornali fascisti scrivevano della guerra civile di Spagna, e quanto si poteva afferrare tenendo l'udito di dentro alla cuffia di un apparecchio a galena, verso le prime voci non fasciste che finalmente giungessero fino a noi...Ogni operaio che non fosse un ubriacone, e ogni intellettuale che avesse le scarpe rotte, passavano curvi sulla radio a galena ogni loro sera...Ora sentivamo che nell'offeso mondo si poteva esser fuori dalla servitù e in armi contro di essa...
E la scuola continuò nelle stesse file di coloro che vennero chiamati "legionari": i ragazzi affamati con fame anche di città nuove e mondo da vedere, non di pane e sigarette soltanto, che, le mani in tasca, le pupille sfuggenti e cupe, furono portati su eterni chilometri di strade, in colonne di camions dai fari che ruggivano di luce nella pioggia, fino a Brihuega e fino dinanzi a Guadalajara, fu dove appresero quello che d'altro può esservi nel mondo, e può essere nuovo da vivere, non solo da vedere.
Così si é formata l'educazione politica degli italiani...non per trasmissione di esperienze da padri a figli e da vecchi a giovani, ma per dure, brutali lezioni avute direttamente dalle cose e dentro le cose, per tante maturazioni individuali, per faticose scoperte di verità: tutta auto-educazione, e tutta tra il luglio del '36 e il maggio del '39. Il vecchio antifascismo italiano non lo trovammo, infatti, che dopo...Fu per la guerra civile di Spagna che lo trovammo. E fu perchè la guerra civile di Spagna ci aveva insegnato anche a cercare. Non abbiamo dunque ragione se diciamo che la guerra di Spagna ha una grande importanza nella nostra storia?30

In questo modo sorsero anche a Roma i primi gruppi di studenti antifascisti, alcuni del tutto ex novo altri attorno a gruppi, per lo più culturali, già esistenti. Ciò era dovuto in gran parte alla sopravvivenza all'interno della scuola superiore di professori ( come non ricordare Pilo Albertelli e Gioacchino Gesmundo uccisi alle Fosse Ardeatine ) e interi istituti, Tasso e Visconti soprattutti31, che seppero educare gli studenti alla riflessione e alla libertà attraverso lo studio della letteratura e dell'arte in una visione crociana e desanctisiana, tanto lontana dalla retorica di un D'Annunzio o di un Marinetti.
L'influenza avuta da Benedetto Croce sulla maturazione di questi giovani é stata giudicata in modo diverso, e a volte opposto, da loro stessi: c'é chi, come Alicata o Paolo Alatri, ha ricordato come fu illuminante la lettura delle due "Storie" di Croce, quella d'Italia e quella d'Europa, e quanto fosse attesa l'uscita dei fascicoli bimestrali della "Critica". Una rievocazione di quel periodo che accredita al Croce un ruolo di faro, seppur tenue e difficile da intravedere, in mezzo alla nebbia che il regime aveva alzato attorno a loro. Altri, come Ugoberto Alfassio Grimaldi e Ruggero Zangrandi, basarono il loro giudizio sul comportamento esteriore tenuto dal filosofo, politicamente neutrale e in qualche caso di palese appoggio al regime, e non colsero nei suoi dotti saggi e nelle sue noterelle polemiche la rivendicazione, che vi colsero alcuni, di una libera cultura e della libertà tout court.
Una volta finita la scuola, i punti di coagulo degli universitari romani che si stavano allontanando dal fascismo furono le case di famiglie di vecchia tradizione liberale o di intellettuali e studiosi che il regime lasciava tranquilli a patto che non si occupassero di politica.
La casa dei Lombardo Radice rappresentava ( insieme a quella di Giovanni Amendola, di Fortunato Pintor, di Guido De Ruggiero, di Trombadori e, dal 1938, anche quella di Renato Guttuso ) uno dei punti di riferimento per gli ambienti antifascisti. Il contesto era chiaramente intellettuale, di incontro tra eredità liberale - cultura intesa come civiltà, fascismo come barbarie e, soprattutto, come esperienza totalmente differente dal passato liberale - e il deciso anticonformismo dei giovani ( Antonio Amendola, i fratelli Lombardo Radice, Aldo Natoli, Aldo Sanna, Paolo Bufalini e altri ) che si manifestava non solamente rispetto alla proposta politica e culturale del fascismo ma anche verso l'eredità liberale dei "padri".
Sin dal 1936 Bruno Sanguineti, Natoli, Sanna e Lucio Lombardo Radice formarono il gruppo dei "giovani comunisti romani", come verranno definiti, allacciando contatti con Giorgio Amendola, appena rientrato dal confino, il quale, durante il breve soggiorno romano prima di essere richiamato dal Partito comunista a Parigi, << svolse un'intensa attività perchè non si giungesse ad una divisione partitica all'interno dell'università, ma si creasse invece una salda attività antifascista intorno ad alcuni elementi che erano di fondamentale importanza: lotta contro il fascismo nei suoi vari aspetti, solidarietà con la Spagna repubblicana, studio e lavoro comune fra la gioventù >>32.
Questi furono anni di "incontri", non di "divisioni"; anche le divisioni ideologiche più nette non impedirono il dialogo tra i giovani. Molti di loro collaboravano all'Enciclopedia Treccani, com'é noto direttamente influenzata da Giovanni Gentile, il quale, come molti intellettuali fascisti, faceva mostra di atteggiamenti liberali e, nei limiti della discussione accademica, tollerava opinioni contrastanti. Proprio all'interno dell'Enciclopedia si costituì un centro antifascista con a capo Gastone Rossi Doria e Wolf Giusti.
La politica di non far allontanare gli intellettuali, specie se giovani, dal fascismo - il caso più esemplificativo é quello di Ruggero Zangrandi, al quale, messosi in luce attraverso i giornaletti scolastici, fu data la possibilità di scrivere addirittura sul "Popolo d'Italia", con ottime retribuzioni, e di trattare argomenti scabrosi come i sindacati e le condizioni di lavoro in Italia - trovò in Bottai e nella sua rivista "Primato" l'espressione più conseguente. Scorrendo i nomi dei collaboratori della rivista - ai già citati Alicata, Pintor, Rodano, Guttuso, Trombadori occorre aggiungere Mario Socrate, Adriano Serani, Giorgio Vecchietti, Gastone Manacorda oltre ai non più tanto giovani Carlo Muscetta, Galvano Della Volpe, Luigi Salvatorelli, Giorgio Spini, Vasco Pratolini, Cesare Zavattini, e molti altri - si ha l'impressione di avere a che fare con una pubblicazione totalmente antifascista. Vi regnò infatti una certa libertà di pensiero, pur con cautele di linguaggio e senza che fossero rese troppo palesi le proprie idee di fondo. Malgrado ciò "Primato" rimase sempre una rivista fascista, che fu diretta da uno dei massimi gerarchi del regime, e che mise sommamente in luce la contraddizione presente nella politica culturale del fascismo: si poteva discutere ma all'interno di ben rigidi confini.
Per molti giovani ci volle l'esperienza drammatica della guerra per giungere a maturare una coscienza antifascista. Per altri - quelli che abbiamo menzionato - ci fu la possibilità di utilizzare gli spiragli di discussione lasciati dal fascismo. << Quello che é certo, comunque, - ha scritto Alatri, uno degli attori di questa vicenda - é che il disegno di Bottai, che era di rallier al fascismo l'intellighentsia che gli stava sfuggendo, fallì completamente. Accadde, semmai, proprio il contrario: quegli intellettuali trovarono nella collaborazione alla rivista fascista un punto di incontro e di raccordo per elaborare ulteriormente la loro crisi antifascista >>33.


Note

1 Niccolò Zapponi, Il partito della gioventù. Le organizzazioni giovanili del fascismo 1926-1943 in "Storia contemporanea", n°4-5 ottobre 1982, pag.587.

2 ibidem, pag.590.

3 ibidem, pp.592-597.

4 Anche la strutturazione interna dell'ONB, per classi d'età, richiamava la suddivisione scolastica: Figli della lupa 6-8 anni; Balilla e Piccole italiane 8-14; Avanguardisti e Giovani italiane 14-18; Fasci Giovanili di Combattimento 18-21; Gruppi Universitari Fascisti 18-28.
Fasci di Combattimento e GUF furono controllati, fin dalla loro costituzione, dal Partito nazionale fascista (a differenza delle altre "classi", controllate a partire dal 1937), questo perchè la leva di giovani che annualmente affluiva in esso fosse già completamente fascistizzata.

5 ibidem, pag.606.

6 Archivio Centrale di Stato, Partito nazionale fascista, situazione politica ed economica delle provincie 1923-1943, busta 19 (Roma), segnalazione fiduciaria del 12 settembre 1931.

7 ibidem. S.F. 26 ottobre 1939.

8 N.Zapponi, Il partito della gioventù, cit., pag.609.

9 Giuseppe Talamo, Gaetano Bonetta, Roma nel Novecento: da Giolitti alla Repubblica, Bologna, Cappelli, 1987, pp.405-413.

10 N.Zapponi, Il partito della gioventù, cit., pag.605.

11 Pier Giorgio Zunino, L'ideologia del fascismo, Bologna, il Mulino, 1985, pag.238.

12 Alberto Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, pp.264-270.

13 ibidem, pp.268-269

14 ACS, Ministero dell'Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati, categorie annuali, 1938, b.3/A Movimento sovversivo (f.Roma). Pro-memoria della questura di Roma del 22 luglio 1938.

15 Sui servizi erogati dai GUF e in special modo da quello di Roma si veda: G.Talamo, Roma nel Novecento, cit., pp.413-421.

16 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, Divisione Polizia Politica, fascicoli per materia, b.132 (f.Sovversivi ed oppositori dal 1934 al 1936). S.F. 2 dicembre 1933.

17 G.Talamo, Roma nel Novecento, cit., pag.414.

18 Gino Germani, La socializzazione politica dei giovani nei regimi fascisti: Italia e Spagna in "Quaderni di sociologia", gen-giu 1969, pag.15.

19 Marina Addis Saba, Gioventù Italiana del Littorio, Milano, Feltrinelli, 1973, pp.73-74.

20 G.Germani, La socializzazione politica, cit., pp.17-18.

21 ACS, PNF, b.19 (Roma). S.F. 2 gennaio 1934.

22 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, Div. Pol. Pol., b.132 (f.Sovversivi ed oppositori dal 1934 al 1936). S.F. 22 febbraio 1934.

23 I dati sono tratti da: Giorgio Caputo, Scuola e antifascismo a Roma negli anni 1936-38. Contributo allo studio dell'evoluzione politica della gioventù sotto il fascismo in "Il palatino", ott-dic 1968, pag.401.

24 Ugoberto Alfassio Grimaldi, Marina Addis Saba, Cultura a passo romano, Milano, Feltrinelli, 1983.

25 ibidem, pag.169.

26 Ruggero Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1962.

27 Mario Alicata, E' difficile non cedere alla tentazione di ritrovare nel proprio passato la previsione certa del proprio presente... in "Il paradosso", n°21 gen-mar 1960.

28 Giaime Pintor, Doppio diario 1936-1943, (a cura di Mirella Serri), Torino, Einaudi, 1978, pp.35-36.

29 Alberto Aquarone, La guerra di Spagna e l'opinione pubblica italiana in "Il canocchiale", 1966 n°4-6.

30 Elio Vittorini, Il popolo spagnolo attende la liberazione in "Il politecnico", 29 settembre 1945.

31 Nella seconda metà degli anni trenta furono molti gli studenti antifascisti che uscirono da queste due scuole. Dal Tasso: i fratelli Savioli, Alfredo Reichlin, Luigi Pintor, Silvio Serra, Dario Puccini, Claudio Forges, Rinaldo Ricci ( tutti comunisti ), Libero Lizzadri, Pier Luigi Sagona, Alberto Pironti, Vincenzo Apicella e Sergio Staderini ( socialisti e azionisti ). Dal Visconti: Pietro Amendola, Franco Rodano, Paolo Bufalini, Marco Cesarini, Paolo Manacorda, Giuliano Briganti, Mario Leporatti, Antonello Trombadori, Romualdo Chiesa, Maria Luisa Cinciari e Antonio Tatò.
Molti sono gli scritti, ricordi e ricostruzioni storiche, sul vivace mondo studentesco romano tra il 1936 e la Liberazione: Carlo Felice Casula, Mondo studentesco e crisi del regime: il caso di Roma in "Quaderni della Resistenza laziale", 1978 n°8; Giorgio Caputo, Scuola e antifascismo a Roma (1936-1944) in "Riforma della scuola", aprile 1965; id., Scuola e antifascismo a Roma negli anni 1936-38. Contributo allo studio dell'evoluzione politica della gioventù sotto il fascismo in "Il palatino", ott-dic 1968; id., L'opposizione anti-fascista degli studenti romani alla vigilia della seconda guerra in "Mondo operaio", marzo e apr-mag 1970; Paolo Alatri, Cultura e politica: gli studenti romani dal 1936 al 1943 in "Incontri meridionali", 1979 n°3-4; oltre ai già citati contributi di R.Zangrandi e M.Alicata.

32 G.Caputo, Scuola e antifascismo a Roma, cit., pag.405.

33 P.Alatri, Cultura e politica: gli studenti romani dal 1936 al 1943, cit., pag.10.