Alcuni articoli del
"Popolo d'Italia"
censurati

1916-1917


"Popolo d'Italia", 8 corrente.
Né tradire, né far tradire.

Sul "Popolo d'Italia", dell'8 corrente è stato censurato il seguente articolo: Né tradire né far tradire.

In questo ingenuo paese occorreva proprio la nota-protesta del Vaticano per il Palazzo Venezia per cominciare ad aprire ben bene gli occhi sulla neutralità, chiamiamola ancora cosí, del Pontefice romano. Ma ora, dopo una settimana, gli occhi ricominciano a chiudersi.
È incredibile la virtú che ha l'opinione pubblica italiana di saper acconciarsi ai pii desideri del governo che non vuole, evidentemente, crearsi degli impicci interni.
Ma questa inerzia occorre scuotere.
Se il governo per amor di pace ministeriale fa tutto il possibile dopo uno strilletto della Stefani, di tacersi, l'opinione pubblica, crediamo noi, deve sentire il dovere, piú che di largamente discutere il "fattaccio", di premere sul governo perché prevengo i malanni che potrebbero derivare da una prolungata assenza di ogni controllo sulla politica vaticana.
La politica Vaticana ha cominciato a svelare, per il gran pubblico, le sue finalità. Piú la guerra volgerà a favore degli Alleati, piú il Pontefice invece di appartarsi, si collocherà a fianco degli Imperi Centrali.
Il Papa crede troppo nel suo prestigio internazionale per non ammettere che, a furia di gomitate, posso giungere al tavolo della pace. Tutta la sua diplomazia è stata volta a questo scopo. Le trattative stesse per i prigionieri e per gli invalidati della guerra furono condotte per acquistar gli elementi per partecipare al futuro Congresso. Le trattative accolte benignamente, sul principio, dato la loro natura filantropica, debbono aver diffidato ora le potenze dell'Intesa, poiché le trattative medesime sembrano non svolgersi con quella continuità e con quella importanza che erano lecite all'inizio.
Con la sua entrata in guerra l'Italia deve aver posto condizioni assolute riguardo la politica Vaticano. Come le ha poste certamente riguardo la politica greca. Ma ora il Papa anticipa le sue seccature. Non attende piú il Congresso della pace. La pazienza del Vicario di Cristo deve essere in confronto alla proverbiale divina, assai limitata. L'Austria non consente indugi. Il Palazzo Venezia va subito riconsacrato dalla lapide impudente che il Martini ha dettato per il XX Settembre.
La neutralità del Vaticano non va piú "rimessa in discussione". Si plachi il "Corriere della Sera" che dal principio della guerra si industria in mille modi nel far apparire di buona lega il patriottismo dei preti, con il pubblicare in rilievo le continue dichiarazioni dei vescovi, e con il magnificare l'opera dei cappellani militari.
Le elezioni sono ancora lontane. I discorsi dei vescovi sono sinceri come i telegrammi del Kaiser e come le lagrime del Kronprinz. Il "Corriere" che si sdegna tanto per la nota del Vaticano non l'ha ancora compreso.
Non occorre ora discutere se il Vaticano sia o meno contro l'Italia in guerra. Lo è stato quando la questione romana era affidata solo ai deputati clericali che per decreto-legge, raggiunta la metà piú uno di maggioranza parlamentare, dovevano risolverla in modi pacifici e legali. Figurarsi ora che la questione romana è rimessa alle armi degli Hohenzollern e degli Absburgo! Il Vaticano cristianamente, umanamente, deve essere contro di noi. Nessuna meraviglia! Inutile illudersi e creare illusioni alla nazione.
Ma il Vaticano nemico va trattato da nemico.
La partecipazione al Congresso è già cosa definita. Benissimo. Ciò è politica internazionale. Ma l'intromissione del Papa nelle deliberazioni che il paese si crede in diritto di prendere per tutelare la sua dignità, piú che di fronte ad altri di fronte a se stesso, non è ancora definita. E ciò è politica interna.
Al Vaticano non deve essere piú permessa una ulteriore libertà di manovra alle spalle dell'Italia in guerra. Le recriminazioni e gli articoli di giornale valgono ben poco. Non siamo in periodo di propaganda. A noi, Italiani, importa mediocremente che il Papa, italiano, caldeggi la nostra guerra. L'essenziale è che non ci possa nuocere.
Ora il Papa gode di privilegi che sono semplicemente assurdi. Se non avesse di già l'intenzione di tramare, l'occasione è tanto favorevole e provocante che la trama nascerebbe di per se stessa, per generazione spontanea. La legge delle guarentigie è una burletta in pieno conflitto europeo. Non garantisce nulla all'Italia. Garantisce libertà e, ciò che è piú, impunità al Pontefice.
Noi chiediamo, sia pure per decreto luogotenenziale, la sospensione della legge delle guarentigie. Sia pure per il solo tempo della guerra ché a l'avvenire si penserà poi. O quanto meno vengano revocati gli articoli della stessa legge che danno possibilità al pontefice di comunicare liberamente oltre frontiera, senza che la censura militare possa esercitarsi sulla voluminosa corrispondenza. Ai messi del Vaticano non deve essere lecito ciò che agli altri cittadini è vietato. I suggelli di ceralacca sui plichi della Segreteria di Stato (di Stato!) pontificia non debbono essere rispettati quando tanti altri suggelli vengono fatti "saltare". - L'Italia è in guerra. - Deve agire da guerra. In Vaticano non è un apostolo. È un pretendente. I pretendenti vengono di solito allontanati dai paesi sui quali hanno delle mire. Non chiediamo. Per ora. Chiediamo la sicurezza delle spalle. Per il resto ci pensano i soldati che combattono.
Il Governo deve affrontare la situazione che il Vaticano gli ha creato cosí bellamente, senza tanti rispetti umani. La sfacciataggine di certa gente non merita tanti riguardi. Si è visto come è stato ricompensato il governo della sua premura di annunciare alla corte pontificia, prima che alla nazione, la confisca del Palazzo Venezia. Non si debbono ammettere oltre misura certe arie di superiorità di fronte ad una nazione che si è accinta al proprio destino non con i subdoli patteggiamenti di Giolitti, ma con l'aperta vigoria di Cadorna.
Il tempo che gli imperatori nudavano i piedi nella neve per essere ricevuti dai papi, dopo attese triduane, non è piú. Il tempo che i popoli si accasciavano nella polvere premuto dalle mule bianche dei pontefici marcianti a oste, non è piú. Il Redentore vero è venuto. Ed ha veramente infranto i ceppi dell'umanità. Il diritto di guerra contro tutto e contro tutti.
Il prete della Chiesa deve rientrare in se stesso. Se qualcosa gli prude, si accomodi. In Vaticano debbono esserci alquanti spigoli di porta o di muro. Il popolo italiano non ha corda al collo, né cenere in capo, né veste sacchi da penitenza. È compiutamente libero. Libero come non mai. Esige, pertanto, che i governanti interpretino, fino in fondo, la sua volontà.
Ed oggi è questa: né tradire, né far tradire.



Contrabbandieri.

"Il popolo d'Italia" del 19 corrente in un articolo in parte censurato Contrabbandieri, a proposito dell'affannoso lavorio di molti, durante la neutralità e dopo la nostra entrata in guerra, per ottenere permessi di esportazione a favore della Germania e indirettamente dell'Austria, scrive:

Attorno al Ministero delle Finanze formicolava tutto un mondo di appetiti per arraffare in aria un'autorizzazione per poter esportare la merce piú svariata.
È noto l'episodio di quel venerando ministro che a poche ore dalla nostra dichiarazione di guerra all'Austria continuava e telefonare a Verona perché si lasciasse libero transito a 80 mila paia di scarpe destinate ai soldati di Francesco Giuseppe. E da Verona gli rispondevano che i treni erano nella impossibilità di proseguire perché... le rotaie erano già divelte per vari chilometri oltre il vecchio confine!
Di un cameriere di un notissimo caffè romano si narra che avendo potuto - per raccomandazione di un Deputato - impadronirsi di un permesso di esportazione di non sappiamo quale merce, poté realizzare qualche cosa come 100 mila lire con la semplice cessione del permesso ad un contrabbandiere tedescofilo.
A Roma si citano dei professionisti che, piantati in asso i loro studi, le loro abituali occupazioni, trovarono piú conveniente e rimunerativo darsi alla "nobile" pratica del contrabbando autorizzato a favore dei nostri nemici.
Un Sottosegretario si dice che, "in articulo mortis" firmasse migliaia e migliaia di decreti di esportazione per soddisfare la muta famelica e latrante degli ignobili procaccianti. Un Deputato giolittiano, che fu sottosegretario in un Ministero presieduto dal Cavaliere Giovanni Giolitti, per allargare e agevolare gli affari di contrabbando, stabiliva addirittura degli immensi "docks" alla frontiera svizzera.
E tanti altri episodi che non si contano piú.

 

L'errore dell'onorevole Orlando

Sul "Popolo d'Italia" dell'11corrente in un articolo dal titolo L'errore dell'onorevole Orlando si leggono i seguenti brani censurati:

Mentre si infieriva qua e là contro gli interventisti, mentre si negava la nomina ad ufficiale ai nostri amici, mentre si faceva una politica di dispettucci verso la parte sana del Paese, prima l'On. Salandra, poi in maniera scandalosa l'On. Orlando, davano mano libera ai "boches". Volete imboscarvi? Fate presentare una domanda di esonero da un Deputato socialista che magari un'ora prima abbia bestialmente offeso l'esercito i Volete verso qualunque Ministero ottenere un favore che esorbiti magari dalla legge? - Fatevi accompagnare o da un socialista o da un giolittiano!
Io non dirò che si abbia torto di essere severi molto col soldato che manca alla fronte ai suoi doveri, ma è scandaloso, che per chi fa altrettanto in Italia, ci sieno dei sorrisi, delle buone parole, dei favori.
L'imperdonabile torto dell'On. Orlando non è di non avere soppresso l'"Avanti!", ma di avere lasciato il Paese nelle mani dei giolittiani. Con dei Prefetti che fanno comunella coi "boches" con un capo della polizia che resta agli ordini del suo vecchio padrone: Giolitti, e si infischia dei Ministri; con l'alta burocrazia inquinata di pacifondismo austriacante non si governa. Tutto al piú si serve. Si può sperare che l'On. Orlando si renderà conto del suo errore e vi porrà rimedio.
È egli vittima di una eccessiva buona fede, o segue un programma prestabilito?



Il Bavaglio.

"Il popolo d'Italia" del 18 corrente
, ha un articolo intitolato Il Bavaglio nel quale sono stati censurati parecchi brani. Vi si legge che il Ministero Orlando-Corradini nuovo istituto nato ed affermatosi durante la guerra, ha scoperto il metodo, piú comodo per ottenere la unanimità nazionale, con i bianchi dei giornali. Ma la coppia Orlando-Corradini viene esposta ugualmente alla critica piú severa. L'On. Orlando, non deve illudersi, e credere che l'Italia ignori come egli nell'interesse nazionale deve andarsene, o credere che gli italiani non sappiano come egli per le sue mire politiche e per le sue preferenze personali, rappresenti un pericolo gravissimo per la compagine nazionale in questo momento, che abbisogna di uomini completi, e non già di femminette isteriche, tendenti a conciliare nella ipotesi piú benigna, la guerra dell'Italia, e quelli che spasimano di amore disperato per l'Austria.
Ora in Italia abbiamo tre persone sacre ed inviolabili: il Re, Orlando e Corradini. Non se ne può parlare; cosí la politica di tutto un Paese è alla mercè di due uomini, cosí è soppressa la voce della stampa, cosí, si viene creando nel Paese, uno stato di animo veramente pericoloso che può condurre a conseguenze incalcolabili. Orlando non tollera critiche. Reduce dalla scuola giolittiana, non tollera critiche con l'occhio fisso alla Presidenza del Consiglio; non tollera che le critiche minaccino di rompergli tra le mani il sapiente groviglio di fili, nel quale se riuscisse, resterebbero soffocate le aspirazioni nazionali, che costano sangue, lacrime e miliardi, ma troverebbe appoggio solido e fragile [sic] il seggio che vuol regalare a se medesimo l'On. Orlando. Egli instaura di fatto una dittatura che tende al neutralismo, mentre si combatte la guerra, e però una dittatura a rovescio. Egli abusa dell'autorità che ha usurpato col piú squisito gesuitismo. Egli soffoca ogni libertà di stampa, esclusivamente per i suoi interessi politici.
Non è lecito sfruttare i sacrifici ed il sangue dei soldati per mire politiche; è ignobile profittare del momento per tenersi avviticchiati ad un potere del quale si è indegni.
E se l'On. Orlando non capirà come egli sia pleonastico nel Governo, glielo farà comprendere il Paese che non è composto dai laudatori neutralisti, ma che soprattutto alla fronte, contro il nemico e peggio, non sufficientemente protetto alle spalle da coloro che lo insidiano, con la tacita protezione del Ministero dell'Interno [sic].
La coppia Orlando-Corradini vuole la lotta, ed ordina ai censuratori di sopprimere le critiche. Ebbene, noi ci faremo intendere ugualmente ad ogni costo.


Il Siluro.

"Il popolo d'Italia" del 10 febbraio in un articolo intitolato Il Siluro, scrive:

Crediamo di cominciare a veder chiaro nella situazione politica. Siamo anche questa volta di fronte ad una congiura ordita fra Giolitti i socialneutralisti ed i clericali. Appena ci giunse la notizia che Giolitti si recava a Rorna sospettammo che qualche cosa si fucinasse nelle sfere della bestialità socialneutralistica; ora vediamo gli effetti. Mentre il Dittatore spodestato a voce o a furia di popolo, tendeva i fili della sua congiura su una trama inviata dalla Germania, i socialneutralisti pensavano la ennesima mozione per la pace. Testa di legno Wilson!
Ah, per questo vedemmo un organo del partito socialista che iperbolizzava la figura del Presidente americano; ah, per questo un desiderio di smidollato pacifista, che non sente e non può sentire le ragioni ideali d'inauditi sacrifici, sí faceva correre fra le masse come una soluzione possibile, quasi come una proposta degli imperi centrali. La manovra era cominciata; si parlava di pace unicamente perché il parlarne serviva meravigliosamente a svigorire la resistenza nazionale. Si parlava di pace perché il siluro socialneutralista sferrato al momento opportuno, trovasse il paese invigliacchito e l'ambiente parlamentare corrotto dal fascino che promana Giolitti su le creature sue, elette con la violenza, con la frode con la corruzione piú sfacciata, con l'appoggio dei giornali che egli ingozzava con i quattrini dei fondi segreti.
Crediamo di essere di fronte al piú sfacciato tradimento che ricordi la storia. Piú vile, piú nefando, perché il traditore che passa armi e bagagli al nemico arrischia almeno una dozzina di palle alla schiena; ma i traditori parlamentari del socialneutralismo si avvolgono nel paludamento delle prerogative costituzionali e non arrischiano proprio nulla, neanche la condanna della storia, alla quale essi tengono meno che al loro medaglino e alle annesse seimila lire.
Tradimento, perché dopo che fu doverosamente respinta la proposta subdola imprecisa della Germania - ed i socialneutralisti sanno che quella proposta costituiva una insidia - al paese s'impone solo un dovere: quello di arroventare tutti i suoi odi e tutte le sue officine per la copiosa produzione di coraggio e di mezzi tecnici per la guerra; mentre Hindenburg prepara armi ed armati e tiene impegnati tutti gli Stati Maggiori dell'Intesa che devono indovinarne le intenzioni, è un servizio che si tende al nemico operare diversivi alla fronte interna; un servizio aperto che se non è pagato meriterebbe di esserlo tanto è prezioso.

Dagli imboscati agli esonerati.

"Il popolo d'Italia" dell'11 corrente, in un articolo dal titolo: Dagli imboscati agli esonerati, ha alcuni brani censurati, che cosí si esprimono:

Il 1917 deve essere l'ultim'anno di lotta e da oltre 20 mesi assistiamo a questo spettacolo desolante di Governi che favoriscono, colla loro tacita complicità il sabotaggio della guerra sia da parte dei socialisti ufficiali e dei giolittiani, sia da parte di tutti gli organi di controllo e di disciplina, gli uni consci dell'opera loro nefanda, gli altri forse inconsci ma non meno colpevoli; gli uni e gli altri seminatori di veleno, che non facilmente e forse mai piú si potrà togliere dalle vene di coloro che hanno realmente sopportato ed eroicamente il peso della guerra. Ha ragione il Ministro Orlando quando parla di uomini inetti al grande compito di salvare insieme patria e civiltà. La confessione di impotenza dell'On. Orlando sarà l'argomento di discussione per una settimana, gli imboscati resteranno imboscati; e ad ogni chiamata sotto le armi, aumenteranno gli esonerati che protetti da tutte le cricche, continueranno a girare le vie coi loro bracciali, e a imbrattare carte perfettamente inutili, e coloro che non hanno protezioni o hanno la dignità di non cercarle, continueranno a farsi ammazzare al fronte, per preparare agli imboscati ed esonerati di oggi l'Italia di domani.
Vorremmo che l'onda poderosa che un giorno ha spazzato Giolitti e la sua banda, potesse spazzare anche tutto questo organismo di retori che ci governa, per concentrare la suprema autorità in pochi ma forti. E il Paese sarebbe con loro, quando sapessero osare, perché osare è dei forti. E ricorderemmo loro che nulla si ottiene a questo mondo se non è fondato sulla giustizia. Ed oggi la ingiustizia trabocca.