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Capitolo 3

L'ADOLESCENZA E IL TABACCO
di Alessandra dott. Signorini

-una tesi di laurea-

 

Indice
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6


CAPITOLO III

 

L'ADOLESCENZA E IL TABACCO


3.1 L'ADOLESCENZA NEL MONDO D'OGGI

Ci sono tre periodi della vita umana, che, per certi versi, sono stati scoperti solo in un'epoca piuttosto recente.
Essi sono l'infanzia, l'adolescenza, la vecchiaia. Il periodo dell'infanzia ed in particolare quello che va dalla nascita fino ai sei/sette anni è stato spesso considerato dal senso comune come un periodo in cui non si verificano avvenimenti determinanti, significativi che possono avere un risvolto nella vita futura. Così l'infanzia può apparire come un periodo dominato soprattutto d'attività ludiche fini a se stesso.
Solo in tempi recenti la ricerca psicologica ha dimostrato quanto sia infondata questa tesi. La scuola psicoanalitica di Freud ha messo in luce l'importanza di alcune esperienze che si verificano durante i primi anni di vita, considerate determinanti per la formazione dei tratti fondamentali della personalità affettiva del futuro adulto.
Anche la vecchiaia è stata per lungo tempo un periodo poco studiato della vita umana. Si pensava che essa fosse caratterizzata da cambiamenti che riguardavano solo la struttura e le funzioni del corpo, e non la vita mentale. Vi sono altri aspetti che hanno concorso a sottrarre per lungo tempo l'interesse per questo periodo della vita; in particolare troviamo il fatto che la vecchiaia appare come un periodo senza avvenire.
Ciò che ha mosso la ricerca scientifica in questa direzione è senza dubbio l'allungarsi della vita e quindi dall'aumento dal numero di anziani.
Le ragioni per le quali si è tardato a riconoscere la necessità di uno studio dell'adolescenza con metodi scientifici, sono in parte analoghe a quelle citate sopra.
L'adolescenza (intesa come il periodo che si colloca fra i 12-13 anni ed i 18-20 anni) rappresenta un periodo che l'adulto non solo ha già vissuto ma che sente come assai meno lontano dal periodo della prima infanzia. Molto spesso rimane solo il senso di conoscere direttamente gli aspetti fondamentali di questo periodo della vita in cui però non possono essere facilmente rivissuti quegli stati psicologici caratterizzati da incertezza, da atteggiamenti contraddittori e da forti tensioni emotive.
Il fenomeno giovanile, quindi, ha cominciato ad emergere sul piano sociale come una nuova realtà ed è diventato uno degli ambiti privilegiati della psicologia - psichiatria, della sociologia, e infine della ricerca educativa.
Si è capito quindi che l'adolescenza è un periodo di transizione molto importante durante la quale i giovani vanno incontro alla vita adulta, immersi oggi, però, in una società complessa, varia, multisfaccetata e globale, che per quanto ricca e stimolante, e anche fonte di difficoltà, di perdita di punti di riferimento, d'incertezze.
In questo momento di passaggio, crea nei ragazzi instabilità, attesa del raggiungimento di un'identità fisica e psicologica, oggi diventato ancor più problematico, perché tale periodo comincia prima e si prolunga ad un'età sempre più alta (25-30 anni).
Si osserva la generale tendenza a procrastinare l'accesso alla vita adulta: i percorsi scolastici si allungano, l'inizio di un'attività lavorativa stabile avviene sempre più tardi, per molti la coabitazione con i genitori si protrae anche dopo i trent'anni, l'età del matrimonio slitta in avanti come la nascita del primo figlio1.
In passato la transizione di una fase della vita all'altra era frequentemente regolata da rituali o riti di passaggio, spesso pubblici segnati da numerose cerimonie.
Nella tradizione giudaico-cristiana, ad esempio, specifici rituali simbolici accompagnavano i momenti salienti del ciclo vitale: il battesimo, la cresima, il matrimonio e il funerale. Nella maggior parte dei paesi industrializzati i rituali sono diventati sempre meno importanti nel corso del tempo.
L'adolescenza è considerata, in un certo senso, l'età dell'iniziazione alla maturità: I giochi di rischio (bere, fumare, guidare pericolosamente, fare uso di droghe) possono essere considerati come il sostituto delle cerimonie d'iniziazione, in cui occorre provare a se stessi e al mondo di essere coraggiosi e forti.
Fondamentali cambiamenti di status, che caratterizzano la vita del giovane adulto si hanno con il raggiungimento della maggiore età, e sono ad esempio, il passaggio da non votante a votante oppure il riconoscimento giuridico della capacità di condurre un veicolo. I riti di passaggio svolgono due funzioni : creano una certa solidarietà sociale e danno significato ai cambiamenti della vita.
In quest'ottica d'incertezza e di carenza di punti di riferimento bisogna tenere conto sia della consapevolezza con cui i giovani vedono se stessi e la realtà sociale in cui vivono, e sia della tensione che essi sperimentano quotidianamente a causa del divario tra aspirazioni e soddisfazioni. Occorre riconoscere che il passaggio delle forme di dipendenza dai genitori e dagli insegnanti, caratteristiche della fanciullezza e dell'adolescenza, alla libertà come capacità di estendere la propria responsabilità a tutto il complesso dei comportamenti, è sempre lento e graduale.
Ci troviamo di fronte ad una situazione di "marginalità psicologica2" volontaria; da una parte il ragazzo va sempre più alla ricerca di esperienze nuove da farsi al di fuori dell'ambiente familiare, vi è il desiderio di uscire dalla atmosfera della famiglia e di cominciare ad avere un insieme di attività, di esperienze e di convinzioni proprie, ma vi è anche il desiderio di conservare la possibilità di rientrare in tale atmosfera ogni volta che per qualche ragione si trova in difficoltà. Il processo di emancipazione risulta difficoltoso, infatti comprende numerose regressioni da parte degli adolescenti come dei genitori.
Da entrambe le parti questo processo è segnato da una profonda ambivalenza: l'emancipazione è allo stesso tempo desiderata e temuta, ricercata e fuggita. L'adolescente sente il bisogno di autonomia ma allo stesso tempo di sicurezza e protezione. Facilmente richiederà i privilegi della vita adulta, ma ne sfuggirà le responsabilità.
La stessa ambivalenza si ritrova nei genitori abitualmente più inclini a considerare il figlio come adulto quando si tratta di ricordargli le sue responsabilità e come bambino quando si tratta di riconoscere i suoi diritti3.
Di qui il disagio, che si fa nel contesto, via via più drammatico. Esso si esprime come distacco della famiglia e dalla scuola, vissute spesso come ambienti frustranti, ansiogeni.
Nella nostra società urbana - (post) industriale, il gruppo dei coetanei assume durante l'adolescenza un'importanza che non aveva prima, si assiste a questo processo fin dalla scuola media. E' abitualmente da quel periodo che i giovani cominciano a preferire la compagnia degli amici a quella dei familiari. Gli adolescenti trovano nel gruppo uno status autonomo, fondato sulle proprie realizzazioni. Molti adolescenti vivono quanto più possono in gruppo perché sono considerati persone autonome e rappresenta la fonte primaria di status autonomo4.
Durante l'adolescenza, il gruppo di coetanei è in grado di fornire al giovane una stima di se e una sicurezza per il semplice fatto di sentirsi accettato. Esso procura sia forte appoggio nel processo di emancipazione dai genitori e dagli adulti, sia un nuovo quadro di riferimento e sistema di valori quando quelli dell'infanzia devono essere abbandonati; così assicura un sollievo nei confronti dell'incertezza, dell'indecisione, dell'ansietà e della colpevolezza che spesso accompagnano la ristrutturazione della personalità.
Non basta però desiderare di far parte del gruppo per esservi automaticamente accettati dalla maggior parte dei membri, ed evitare così di occupare una posizione sostanzialmente marginale. E' necessario possedere certe caratteristiche fisiche e di personalità che sono generalmente ammirate, ed essere esenti da qualità che sono considerate negative. Qualità che renderebbero possibile una piena integrazione all'interno del gruppo sono: un alto grado di espansività, una forte capacità dialettica, un notevole entusiasmo e un comportamento amichevole, forza fisica e un certo coraggio.
La presenza di un alto o di un basso grado di forza può avere una profonda risonanza psicologica. La forza fisica rappresenta, infatti, un elemento di grande importanza nella valutazione che l'adolescente dà di sè e degli altri.
Essa è soprattutto nel primo periodo dell'adolescenza, un'importante fonte di prestigio e può costituire, come ho detto prima, uno degli elementi che condizionano l'accettazione di un giovane da parte del gruppo. Le sfide e le gare, che a quest'età sono cosa di ogni giorno, ne sono una dimostrazione.
Questo fatto può essere sottovalutato dall'adulto, in quanto fonda il giudizio degli uomini su altri aspetti della personalità. I tratti psichici che determinano facilmente una condizione di marginalità possono essere da un lato la tendenza ad essere continuamente aggressivi, a comportarsi in modo egoistico, dall'altro lato troviamo tratti come l'introversione, lo scarso contatto col mondo, un atteggiamento passivo o di costante imbarazzo.
Un altro importante aspetto della vita di un gruppo giovanile e la presenza di un notevole conformismo alle norme ed alle abitudini del gruppo. Da una parte, la disposizione ad accettare senza riserve le norme del gruppo, i valori ed i sistemi di valutazione che sono in esso prevalenti, costituisce una delle qualità che hanno un peso decisivo ai fini dell'accoglimento nel gruppo: chi si scosta troppo dal modo d'agire o di sentire degli altri membri non è accolto in esso, o non vi resta a lungo, o vi resta occupando una posizione marginale.
Dall'altra parte, in ognuno dei singoli componenti, il senso della piena appartenenza si determina proprio attraverso la piena accettazione delle sue norme o dei suoi valori e l'assunzione di certe forme esteriori di comportamento che sono comuni al gruppo (un certo modo di vestire, un certo tipo di linguaggio, un certo comportamento).
Questo spiega il valore educativo che può avere il fare in modo che un giovane, che presenta certi tratti di comportamento negativi, si trovi a vivere e riesca infine ad inserirsi in modo organico in un gruppo i cui componenti presentano tutti un comportamento normale. E' opinione di alcuni autori che si occupano di psicologia dell'età evolutiva che il "gruppo" rappresenti lo strumento correttivo per eccellenza, in quanto i ragazzi hanno raramente la capacità di comprendere la natura dei loro problemi e delle loro difficoltà e di conseguenza hanno raramente una motivazione al cambiamento ed all'indagine introspettiva. Essi tendono ancora a rivolgere la loro curiosità verso il mondo esterno e tendono a vivere i conflitti più come esterni che come interni.
Certi atteggiamenti provocatori che i genitori e gli insegnanti rilevano nel loro comportamento e che spesso li costringono ad assumere ruoli autoritari e punitivi, si spiegano attraverso l'esternazione di un conflitto interno per essi difficilmente contenibile e tollerabile.
Nella relazione di gruppo, il leader è in grado di osservare direttamente come si manifestano le relazioni dei ragazzi e può intervenire senza dipendere dalla loro consapevolezza o dalle loro osservazioni introspettive.
L'esperienza che un ragazzo vive con il gruppo dei coetanei è per lui piacevole e vicino ai suoi interessi e gli avvenimenti che avvengono all'interno del gruppo incidono in modo quasi immediato sulla sua vita reale. Inoltre, poiché spesso le possibilità verbali ed ideative dei ragazzi non sono del tutto adeguate alle emozioni che vogliono esprimere ed essi sono costretti a rappresentarle e ad esprimerle attraverso l'azione, l'agire liberamente nel gruppo li facilita nell'espressione dell'affettività e dei conflitti.
Infatti tendono a vedere più facilmente le difficoltà ed i problemi degli altri ragazzi e sono meno in grado di riconoscere i propri, e l'essere in gruppo favorisce il contatto con le proprie difficoltà entrando in comunicazione con quelle degli altri. Ciò è possibile in quanto i ragazzi sono disponibili ad accettare le critiche o i consigli fatti dai coetanei che non dagli adulti verso i quali opporrebbero maggiori rifiuti, resistenze e barriere difensive5. Il gruppo giovanile assicura ad ognuno dei suoi componenti un'identità sociale. Ma permette anche ad un giovane di conoscere, proprio attraverso un confronto o un diretto rapporto con loro, certi aspetti della sua stessa personalità.
Il processo d'identità ha le sue normative nell'adolescenza, e sotto molti aspetti è determinato da quanto è avvenuto in passato e determina molto di ciò che avverrà in futuro. Parlando d'identità ci rendiamo conto che non possiamo separare lo sviluppo personale dalle trasformazioni che accadono nella comunità, ne possiamo separare la crisi d'identità di una vita individuale e le contemporanee crisi dello sviluppo storico.
L'adolescente costruisce la propria identità attraverso un complesso ed impegnativo gioco che lo porta continuamente a cercare un equilibrio tra il bisogno di sentirsi simile e di confondersi con gli altri e quello di affermare una propria originalità. Quando li vediamo prossimo incappare in una confusione d'identità sessuale, spesso facciamo fatica a capire, senza un'indagine indelicata, quale sia il maschio e quale la femmina. Sembra che vogliano essere tutto quello che la società dice loro di non essere: in questo sono conformisti6.
Il gruppo dei pari a questa età diventa decisivo per la costruzione dell'identità personale e sociale, pertanto è di fondamentale importanza creare momenti di confronto in cui gli adolescenti possono liberarsi da possibili pregiudizi. Il lavoro di gruppo, ad esempio, o meglio l'apprendimento cooperativo innalza il livello di autostima degli studenti permettendo di confrontarsi e favorendo l'acquisizione di valori quali l'autostima, la solidarietà, la responsabilità che sono alla base della percezione positiva di sè.
La ricerca educativa ha messo in luce in modo inequivocabile l'importanza del gruppo per l'acquisizione di quel senso d'identità scolastica, di quel clima di classe positivo percepito dall'allievo, che poi rappresenta uno dei principali fattori causali dell'apprendimento.
Se si considera l'adolescenza, oltre che dal punto di vista psicologico anche con uno sguardo antropologico, cercando di prestare attenzione agli elementi culturali che connotano questa età della vita, si nota come la dimensione dello spazio sia altrettanto importante di quella del tempo: ciò che caratterizza l'adolescente non sono soltanto gli anni ma anche il contesto di vita, e le due dimensioni non possono essere considerate separatamente ma in modo complementare. Per gli adolescenti la casa è il luogo dell'intimità ma spesso sembra chiusa, soffocante, mentre l'esterno sembra loro rassicurante, in quanto permette di essere liberi e di crescere.
Gli adolescenti s'impossessano delle "no man's land" lasciate libere dagli adulti, utilizzandole come luoghi privati, passando il tempo sui margini della strada, negli spazi in prossimità di bar o luoghi di ritrovo, negli angoli dei parchi7.
L'occupazione dello spazio può essere manifesta, per mostrare al mondo degli adulti la loro presenza, con esibizioni, riunioni, intralcio del passaggio, ostentazione pubblica di comportamenti trasgressivi (fumo, alcool, droghe).
I gruppi e le bande difendono il territorio ma soprattutto cercano la loro identità penalizzando altri gruppi, che non hanno i loro compagni, specie quelli più deboli.
Fattori individuali (insicurezza, frustrazione) si uniscono a fattori sociali (crisi economica, disoccupazione) nell'elaborazione di pregiudizi e comportamenti razzisti che hanno come capro espiatorio "gli ultimi arrivati"8 .
I segni e i simboli utilizzati anche nell'abbigliamento non mostrano soltanto il conformismo dei ragazzi, ma sono usati per riconoscersi, per individuarsi all'interno dello stesso gruppo di riferimento e per comunicare anche senza parole.
Non sempre i gruppi hanno un'unità: più spesso sono frammentati e aggregati occasionalmente. Esiste tuttavia una forte domanda d'amicizia e di dipendenza dai coetanei, una distribuzione di ruolo, una cultura condivisa che cementa l'appartenenza al gruppo e crea identità.
Per comprendere la vita degli adolescenti occorre utilizzare nuovi codici interpretativi, spesso segreti che solo i membri conoscono e possono apprezzare, usati per allontanare l'estraneo.
I fenomeni attuali di comportamenti a rischio (violenza giovanile) vanno interpretati. Rivestono, infatti, un carattere comunicativo, anche quando si riversa ciecamente verso se stessi. Esprimerebbero in particolare aggressività; aggressività contro la società degli adulti, sentita come distante, poco disponibile e attenta ai loro bisogni e verso se stessi.
I comportamenti spericolati, spensierati per incertezza, apatia sono alla base di un esasperato bisogno di confronto e di protagonismo e di confronto e competitività tra i coetanei e il mondo degli adulti.
La mancanza fisica o psicologica dei genitori, o della famiglia in genere, come luogo di ascolto e di dialogo, infatti, è all'origine di una richiesta prepotente, oppure depressa, o aggressiva, di conferma della propria esistenza.
E' cosa nota che il periodo dell'adolescenza è spesso caratterizzato dall'esistenza di incomprensioni e tensioni fra un giovane e gli adulti della famiglia, in particolare i genitori. Può accadere che i genitori pongano ostacoli al soddisfacimento del bisogno di esperienze nuove e personali, o, al contrario, può accadere che i genitori si disinteressino del figlio. Da una parte dunque, l'adolescente si trova in una situazione di marginalità psicologica volontaria: vi è desiderio di uscire dall'atmosfera della famiglia e di incominciare ad avere un insieme di attività estranee all'ambiente domestico ma anche il desiderio di potervi rientrare quando si trova in difficoltà.
D'altra parte il giovane adulto si trova in una situazione di marginalità sociale non volontaria ma subita9.
Le trasformazioni fisiche e psicologiche tipiche di questo periodo, portano un giovane a sentirsi per molti versi simile ormai all'adulto. Manca però, una piena maturità emotiva che costituisce il tratto differenziale fra adolescenza e maturità.
Il ragazzo appartiene dunque, contemporaneamente, a due mondi ben distinti: quello dell'infanzia e quello della maturità, in ciascuno dei quali occupa però una posizione marginale.
Sia la marginalità psicologica volontaria sia la marginalità sociologica subita, di cui abbiamo parlato, sono alla base di conflitti con i genitori.
Paradossalmente è vero che i giovani di oggi (almeno quelli dei Paesi industrializzati) hanno tutto in termini materiali, ma esprimono l'emergenza di nuovi bisogni sociali, i cosiddetti bisogni "post-materialistici", legati alla qualità dei rapporti interpersonali, all'agibilità di percorsi personalizzati rispondenti alle proprie esigenze, alle disponibilità di canali di comunicazione e di scambio tra individui e società in ordine a obiettivi e valori collettivi.
A questa situazione spesso si sommano nella maggior parte dei casi, i notevoli e a volte traumatici cambiamenti morfologici e psicologici con cui gli adolescenti devono fare i conti, così da far emergere un quadro di estrema complessità e delicatezza in cui essi devono imparare a orientarsi.
"Se in tale metamorfosi non si avvertisse disagio, mancherebbe l'attivazione di ogni sistema di allerta, presupposto di un nuovo adeguamento"1(Andreoli, "Giovani").
Il disagio giovanile come quello degli adulti esiste, e in una certa misura può anche risultare positivo in quanto stimola il cambiamento, la crescita.
Per alcuni adolescenti la condizione evolutiva, infatti, si complica con la comparsa di un comportamento antisociale, che costituisce nella maggior parte dei casi un episodio transitorio, ma può essere, per una minoranza, la prima fase di un processo il cui esito è la stabilizzazione della devianza.
La violazione delle norme è un comportamento molto diffuso tra i dodici e i sedici anni: non c'è in un'altra fascia d'età una quota di soggetti coinvolti in attività delinquenziali (Ageton, Elliot 1978; Biron, Le Blanc 1982) e di comportamenti pericolosi per la salute e per la vita stessa come, per esempio, guidare ubriachi, fumare tabacco o altre droghe illecite.
Se da un lato esiste una grande diffusione di atti trasgressivi durante l'adolescenza, tanto che si parla di comportamento generalizzato, dall'altra bisogna tener conto delle diverse situazioni individuali per quanto riguarda i comportamenti a rischio.
Questi comportamenti a rischio - trasgressivi, si possono manifestare in condizioni di marginalità individuale e sociale (malattie psichiatriche, povertà culturale e affettiva) ma esistono nuove tipologie di disadattamento e di devianza giovanile legate alla spinta della cultura del consumismo, omologazione di gusti e comportamenti, e ad un contesto di deprivazione culturale e d'incertezze di valori.
In conclusione possiamo dire che le trasgressioni costituiscono un fenomeno generalizzato ed ubiquitario tra gli adolescenti di oggi, ma possono diventare veri e propri modelli di vita che danneggiano irreversibilmente il loro futuro e la loro salute.


3.2 LA DEVIANZA

Il disagio e le trasgressioni giovanili non vanno ,quindi, curate o cancellate, ma vanno vissute con l'attenzione che non si trasformi in devianza.
"La devianza fa riferimento implicito ad una normalità e quindi a un discostarsi da essa a gradi differenti e può risultare come aspetto compartimentale di un disagio troppo forte o continuo. Mentre però il disagio è un'espressione privata, la devianza acquista una dimensione che coinvolge gli altri" (Andreoli)2.
Si registra, a questo proposito, un preoccupante balzo in avanti della devianza minorile che passa dal 3.9% sul totale delle denunce nell'89 all'11.9%nel 1990; nello stesso tempo emerge un altrettanto preoccupante correlazione tra descolarizzazione e devianza: nel 1990 il 58.30% dei minori entrati in istituti di pena non avevano completato la scuola media, a fronte del 28.04% in possesso di licenza media e dello 0.18% con frequenza di scuola media superiore.
Secondo quanto raccolto nel 3° rapporto IARD sulla condivisione giovanile è cambiato qualcosa anche nel rapporto con la droga, rispetto agli anni '80.
L'esposizione di rischio droga è più elevata oggi che nel passato; non emerge, come vedremo dai dati più sotto riportati, il rifiuto di comportamenti che in passato erano percepiti come irreversibilmente distruttivi, ma anzi sale il numero di giovani che si ritengono non del tutto estranei alla droga.
Come vedremo nell'analisi fatta in questo capitolo, l'uso di sostanze illegali tra i giovani è oramai diffuso in modo capillare, anche se gli usi sono più a seconda della droga e della situazione. Sono questi dati estremi inquietanti che testimoniano uno stato di malessere diffuso, una grande fragilità nella popolazione giovanile e un pericoloso scollamento della stessa società, di fronte ai quali poco è stato pensato soprattutto in termini di elaborazione politica. Le attività funzionanti offrono risposte spesso parcellizzate e frammentarie, che riguardano singoli aspetti delle problematiche individuali, spesso legate al panorama della devianza e della trasgressione sociale.
"E' opportuno ribaltare l'ottica di approccio ai fenomeni adolescenziali abbandonando o riducendo lo spazio di iniziative pensate e attivate in risposta ad atti trasgressivi (modello riparativo) e privilegiando le iniziative centrate sulla globalità delle istanze personali (modello propositivo) in modo da ristabilire un contatto con l'età adolescenziale.
E' indispensabile che i livelli politici (centrale e locale) riconoscano l'adolescente come soggetto di diritti non nella prospettiva di futuro adulto, ma nel presente e che per questa fascia di età si elabori una linea progettuale specifica che parta dalle esigenze e dai bisogni di cui è portatrice.
La Convenzione Internazionale dei diritti del bambino (del minore di 18 anni)approvata dall'ONU nel 1989 colloca i problemi dei diritti e dei doveri dei giovani al di fuori della diatriba localistica tra giovanilisti e adultisti e offre una prospettiva interculturale e mondiale a tutte le istituzioni che si occupano dei giovani. Ed è proprio in quest'ottica che numerosi organi e associazioni internazionali sono nati negli anni '90 : per raccogliere informazioni sulla condizione fisica, sociale, psicologica, economica dei bambini e adolescenti nel mondo e valutare poi le condizioni in cui vivono sulla terra.
Ma qual è il diritto primo di un bambino, adolescente che sia, se non quello di essere sano, di vivere in un ambiente altrettanto sano, e di acquisire una cultura del " benessere" dell'amore verso se stesso e per gli altri che lo circondano? Ecco quindi che molte associazioni, enti, si sono uniti nello sforzo di analizzare i fattori di rischio, a cui sono soggetti i giovani,, i comportamenti che possono nuocere alla loro salute e al loro "benessere" psico-sociale.
Come abbiamo già detto, l'adolescenza è un periodo di transizione molto importante durante il quale essi acquisiscono comportamenti che continueranno nella vita adulta. Questi comportamenti assunti prima dell'età adulta influenzano quasi sicuramente la salute, la longevità, sia a breve che a lungo termine. Ed è per questo che è bene conoscerli, studiarli e cercare di prevenirli.
L'uso di droghe, di alcool, la violenza, l'AIDS, possono accorciare o peggiorare la vita; molti adolescenti prendendo comportamenti a rischio possono avere significative conseguenze anche a livello sociale (emarginazione, carcere, etc...): un esempio chiaro di queste conseguenze sociali è la gravidanza non-pianificata legata ad una precoce attività sessuale.
Molti di questi comportamenti contribuiscono ai maggiori problemi di salute che affliggono oggi la maggior parte dei nostri paesi.


3.3 I GIOVANI E IL COMPORTAMENTO A RISCHIO

Una ricerca importante in questo senso è M.T.F. (Monitoring for the Future), progetto condotto dall'istituto per la ricerca sociale dell'università del Michigan.
Il M.T.F. ha raccolto dati sul fumare, bere alcool e uso di droghe per almeno 20 anni nelle scuole - base di molti paesi e ha contribuito significativamente ad aumentare l'interesse sulla salute degli adolescenti, dichiarandolo come importante obiettivo per la politica sanitaria statale.
Molti altri progetti sono nati per osservare i comportamenti a rischio degli adolescenti e hanno messo in rilievo l'importanza di strategie necessarie a promuovere abitudini salutari nei giovani.
Prima, vi erano molti studi sulla salute degli adulti e sui loro comportamenti a rischio per essa, ma non si teneva conto che potrebbero passare anni o anche decenni prima che una persona soffra di conseguenze permanenti sulla salute a causa, per esempio, del fumo, dell'alcool, dell'attività fisica o di una dieta non equilibrata!
La prevalenza di malattie croniche associate a questi comportamenti sono relativamente pochi.
Nella popolazione giovane, cambiamenti fisiologici possono essere osservati già in gioventù. Omicidi, suicidi, incidenti stradali legati all'abuso di alcool, uso di droghe purtroppo sono ormai talmente diffusi nei Paesi industrializzati (ma non solo !) e anzi sono in crescente aumento.
D'altra parte, come già detto, le conseguenze di tali comportamenti potrebbero non essere riconosciuti per molti anni, anche dopo l'adolescenza (per esempio virus HIV, cancro, malattie cardiache, polmonari, malattie psichiatriche etc...)
La gravità della situazione è dovuta però al fatto che negli ultimi dieci anni c'è una tendenza ad assumere tali comportamenti a rischio ad un'età sempre più giovane, che comprende non solo l'alcool, ma anche la fanciullezza (10 anni - 8 anni) e ne daremo un'ampia dimostrazione attraverso i dati raccolti. Non parlando poi, dell'esposizione fin da fanciulli di una cultura che non scoraggia abbastanza tali comportamenti! Poi nel tempo, i giovani diventati adulti, hanno già acquisito tali comportamenti come propri da molti anni. Dunque le interrelazioni tra comportamenti usi e costumi e salute sono particolarmente importanti quando si studiano gli adolescenti: capire le relazioni a riguardo, i fattori produttivi che portano a tali comportamenti, potrebbe aiutare gli educatori (medici, e altri esperti) nel loro compito di indirizzare i giovani verso una crescita salutare e responsabile.


3.4 LA LETTERATTURA SCIENTIFICA NEL PERIODO DELL'ADOLESCENZA

Come abbiamo descritto nel capitolo precedente, l'uso di tabacco e di altre sostanze psicoattive costituisce, attualmente, un fenomeno sociale di ampie proporzioni che è diffuso soprattutto fra gli adolescenti e i giovani.
Fino al decennio passato, però, esso era considerato il risultato di processi psicologici e devianti mentre oggi è interpretato nel quadro più complessivo delle problematiche adolescenziali: è visto, cioè alla stessa stregua di altri comportamenti definiti a rischio (quali, ad esempio, una dieta non equilibrata, avere esperienze sessuali precoci e/o non protette, comportarsi in modo aggressivo e violento, guidare pericolosamente) e posto strettamente in relazione ai compiti di sviluppo che l'adolescente si trova ad affrontare nella sua specifica fase di vita.
Questo capitolo si propone di ricostruire la complessità degli elementi che entrano in gioco nell'uso adolescenziale del tabacco descrivendo, secondo le loro possibili evoluzioni ed esaminando il ruolo dell'adolescenza sia nella fase di avvicinamento (detta iniziazione) al fumo di tabacco, sia in quello in cui può diventarne un consumatore.
L'analisi tende qui a considerare le forme di consumo dipendenti e non dipendenti, che spesso sono più diffuse in questa fascia di età.


3.5 PERCHE' GLI ADOLESCENTI FUMANO?

Provare a fumare o a usare altre droghe non è un fatto causale o semplicemente frutto di circostanze facilitanti: se l'adolescente decide di provare occorre che egli abbia preliminarmente elaborato un orientamento favorevole e che consideri quest'eventualità piacevole e attraente, un'esperienza in grado cioè di rispondere ai bisogni ed aspettative per lui rilevanti in rapporto a diversi ambiti:
A) alla fase del ciclo di vita in cui si trova;
B ) alla ricerca di sensazioni forti;
C ) all'esperienza di sé;
D ) alla regolamentazione delle emozioni;
E ) alle relazioni con gli altri;
F ) allo stile di vita.
Dal momento che l'adolescente attraversa profonde ed estese trasformazioni in disparati ambiti di vita, (cognitive - sociali - sessuali - emotive -) può trovarsi a sperimentare in modo a volte anche estremamente acuto sentimenti di incertezza, di inadeguatezza, di scarsa fiducia in se stesso di non essere considerato dagli altri come desidererebbe.
L'adolescenza, poi, è il periodo in cui s'intensificano il bisogno di ampliare i confini del proprio spazio di vita, la curiosità di sperimentare nuovi stili di comportamento anche ricercando esperienze avventurose e inusuali ed è anche la fase in cui sono maggiormente intrapresi comportamenti che implicano un certo grado di rischio.
L'esperienza con il fumo e le droghe "leggere" poi, ha il fascino del proibito e può costituire una risposta efficace ai bisogni sopra citati.
Visto che la ricerca e la definizione dell'identità sono questioni particolarmente cruciali nell'adolescenza è presumibile pensare che alcune condotte, sia quelle rivolte alla salvaguardia della salute, sia all'opposto quelle sia implicano dei rischi, siano intraprese anche per mantenere e accrescere certi attributi e caratteristiche personali.
Quanto più l'esistenza di definire la propria identità o di sperimentare ruoli e modelli diversificati assume centralità psicologica nell'esperienza di vita di un adolescente, tanto maggiore è la probabilità che egli possa identificare il fumare, assumere alcolici e altre droghe illecite come un modo per migliorare l'immagine di sé e come un modo di essere che gli consente di farsi considerare e trattare secondo le sue aspettative e cioè, ad esempio, come più adulto, emancipato e in grado di controllare in modo personale ed autonomo la sua vita.
Alcuni adolescenti, pur essendo perfettamente in grado d'identificare le diverse emozioni che provano, di saperle esprimere e di capire in che termini influenzano il loro comportamento, non sono però altrettanto in grado di regolare i loro stati emozionali, di produrre, cioè, nelle situazioni che lo richiedono, reazioni emozionali positive o in grado di minimizzare quelle negative.
Difficoltà, insuccessi nell'affrontare stati di rabbia o di sovrastimolazione possono contribuire a far si che la droga sia identificata come una strategia d'autoregolamentazione particolarmente attraente: essa infatti, consente di ottenere con una certa facilità effetti immediatamente gratificanti e di aumentare i sentimenti di controllo personale.
Nella ricerca, di occasioni concrete in cui verificare il grado d'indipendenza emotiva raggiunta, è possibile che l'esperienza con il fumo rappresenti per gli adolescenti una sfida nei confronti delle norme proposte dal genitore, di affermare e rimarcare la propria distanza dal loro mondo e di esplicitare in qualche modo il bisogno di sconcertare.
Nello sforzo di differenziarsi dalle figure adulte significative e per ricercare una propria specificità gli è particolarmente necessario avere dei coetanei cui sentirsi simile, con cui sperimentare scelte e comportamenti autonomi, con i quali condividere difficoltà e conflitti.
E' perciò possibile che l'adolescente per sentirsi bene integrato e valorizzato in un gruppo di amici che sono già fumatori o che condividono atteggiamenti favorevoli nei confronti del fumo, diventi disponibile a provare egli stesso.
Quanto più la prospettiva condivisa dal gruppo appare rilevante, tanto più egli sarà attratto dalla possibilità di adottare in prima persona le condotte che in quel contesto appaiono maggiormente valorizzate dimostrando con ciò la propria diversità da chi non si cimenta in questo genere di esperienze.
Il fatto, inoltre, che la società non riconosca in alcun modo esplicito certi passaggi, come quella dall'infanzia all'adolescenza e da questa all'età adulta, può far si che egli identifichi il fumare come un mezzo che permette di accorciare le tappe del percorso verso lo status e di simboleggiare la sua definitiva emancipazione dall'infanzia.
Il fumare, bere, e degli effetti che possono produrre non sono il risultato di processi prettamente intra-individuali, ma rappresentano il frutto di un'elaborazione che le persone compiono nell'ambito della relazione con il loro ambiente di vita.
Il ruolo cruciale esercitato dai fattori cognitivi e motivazionali (sia nell'iniziazione sia nel consolidarsi) porta ad escludere che "l'habitus" del fumo sia semplicemente frutto di processi imitativi cosi come sostenuto, entrano in gioco molti altri fattori.....
Con il termine "droga" s'indicano tutte quelle sostanze chimiche, naturali o di sintesi capaci di modificare l'umore, le percezioni e l'attività mentale. Fra loro sono comprese anche prodotti d'uso comune come alcool, tabacco, tè, caffè farmaci come barbiturici, i tranquillanti e le anfetamine, altre droghe come la cannabis, l'AIDS, la cocaina e l'eroina.
Queste sostanze, pur esplicando tutte un'azione farmacologia di tipo psicoattivo (o psicotropa dal greco ( (((( ( mente + ((((( ( cambiare, quindi che cambiano lo stato mentale) sono estremamente diverse tra loro per gli effetti che producono nel sistema nervoso centrale.
Le diversità negli effetti prodotti dalle droghe variano molto anche in relazione ad una serie di altri fattori: qualità della sostanza, caratteristiche del consumatore, ambiente in cui si verifica l'assunzione.
Infatti una certa variabilità nella reazione ad una droga dipende dalle caratteristiche psicologiche di chi la assume: sesso, età, statura, peso, stato di salute, gruppo etnico di appartenenza.
Per esempio gli effetti di fumo e droghe sono più consistenti nelle prime fasi dello sviluppo infantile, fino all'adolescenza: ciò si verifica perché la concentrazione di sostanza (nicotina od altro) che giunge al cervello è particolarmente elevata; spesso nei bambini il fegato, non ancora ben sviluppato non dispone di enzimi necessari per metabolizzarla.
Inoltre la personalità di chi la assume, il suo stato psichico, l'immagine mentale che egli ha del fumo ma anche la fase di consumo in cui si trova (diverso è infatti che si tratti delle prime assunzioni, o invece di un rapporto d'uso consolidato), sono tutti fattori in grado d'influenzare la sua esperienza con il fumo e le altre droghe.
Singer e Gossop (1997), hanno dimostrato in modo chiaro che le credenze e le conoscenze che un soggetto si è costruito sulla base di precedenti esperienze o di informazioni ricevute da altri (per esempio dai genitori) a proposito del fumo di tabacco o delle altre droghe, il significato che egli attribuisce a quest'esperienza e ciò che si aspetta di ottenerne, sono tutti fattori (detti predittivi) che hanno la capacità d'influenzare e di modificare, anche radicalmente la sua reazione agli effetti farmacologici del fumo, e la sua esperienza con essi.
Anche l'ambiente fisico (le caratteristiche del luogo in termini di confortevolezza - ostilità) e sociale, (stile di vita, qualità delle relazioni sociali) sono fattori importanti che contribuiscono a determinare l'esperienza che l'adolescente farà con le droghe (cioè le userà o no).
Da questo punto di vista si è notato, ad esempio, che l'esperienza con il fumo o droghe è tanto più soddisfacente quanto più l'ambiente in cui si verifica è percepito dall'adolescente come piacevole, rilassante, sicuro, quanto più si tratta di un luogo familiare e conosciuto, quanto più le persone presenti sono in sintonia ed in amicizia con lui; quanto più le circostanze non impongono al soggetto di dover intraprendere delle attività o di affrontare compiti che richiedono vigilanza, concentrazione, efficienza o di doversi mostrare agli altri come del tutto sobrio.
Ciò significa: quando fuma o beve si trova in compagnia di persone di cui si fida o no ? - E' un ambiente conosciuto o sconosciuto? - E' un ambiente ostile o no? - Lavora o si sta divertendo?.
L'assunzione della maggior parte delle droghe non produce di per sé effetti dannosi (pensiamo poi alla tollerabilità sociale e culturale del fumo) ma anzi è possibile ottenerne, a breve termine una serie di effetti positivi che vanno dalla sensazione di rilassamento (dovuto alla nicotina) e di benessere a quello di un miglioramento delle prestazioni intellettuali, fisiche e sociali:
Tuttavia, come hanno già ampiamente dimostrato studi medici, essa implica molti rischi, non solo nel caso di un abuso, di un uso eccessivo (intossicazione eccessiva, overdose), ma anche in quello di un uso moderato o saltuario, contando poi i danni non solo a breve termine ma anche quelli a medio-lungo termine:
* Per esempio può amplificare lo stato psicologico, aumentandone l'ansia o l'aggressività, o lo stato depressivo, l'euforia in cui il soggetto si trova.
* Nel tempo medio- lungo il rischio più serio che si presenta è che l'uso regolare inneschi i fenomeni di tolleranza, di dipendenza e astinenza.
* Inoltre il ricorso frequente è quantitativamente elevato ad una droga (nicotina) fa si che l'organismo diventi gradualmente immune ai suoi effetti tanto da avvertirli come diminuiti o minori rispetto a quelli sperimentati durante le prime assunzioni; e a questo punto che il consumatore sente il bisogni di aumentare il dosaggio o la frequenza di assunzioni (tolleranza). Per esempio i fumatori aumentano il numero di sigarette o fumano sigarette più forti.


3.6 LE ETA' A RISCHIO PER L'INIZIAZIONE, LA DURATA DEL CONSUMO, LE DIFFERENZE TRA MASCHI E FEMMINE

Non tutte le droghe si provano alla stessa età, alcune prima, altre dopo, altre ancora mai nella vita.
Purtroppo nell'ultimo decennio però l'età d'iniziazione si è omogeneamente abbassato ed è in generale tra i dieci e i quindici anni: il suo uso cresce in modo considerevole proprio negli anni dell'adolescenza, raddoppiando (Youth Tobacco Sourveillance 98-99) addirittura tra le prime e le ultime classi delle scuole superiori ed ha la massima diffusione tra i diciotto e i trentaquattro anni.
A 14/15 anni il fumo di sigarette può costituire un comportamento già sufficientemente stabilizzato, tanto che si ritiene che da questo momento la probabilità d'iniziare a fumare diminuisca progressivamente con l'aumentare dell'età. Ecco perché le ricerche, compresa quella esposta in questa tesi, puntano all'analisi del fenomeno nei bambini e negli adolescenti: le politiche sociali e l'azione di prevenzione ed educazione dovrebbero quindi rivolgere le loro forze a questa fascia d'età. E' necessario inoltre conoscere a fondo le diverse dinamiche che portano i giovani a fumare per creare su misura un'azione educativa mirata.
Per quanto riguarda le differenze di sesso possiamo affermare che le femmine rappresentano un terzo dei fumatori, e hanno livelli più bassi dei maschi sia per quantità sia per frequenza con cui fumano. C'è tuttavia da affermare che tali differenze nel corso degli anni '90 hanno teso ad attenuarsi progressivamente.
Non emergono invece differenze in base al sesso per quanto riguarda l'età in cui si verifica l'iniziazione, mentre se ne rilevano a proposito di chi induce alla prima esperienza, nel caso dei ragazzi è soprattutto un amico dello stesso sesso, in quello delle ragazze è il partner.
Tra età ed uso di droghe illecite risulta esservi una relazione curvilineare: il loro consumo resta molto basso e contenuto fino ai 14 anni, aumenta invece con il progredire dell'età ed arriva al culmine nella prima fase dell'età adulta (secondo le diverse ricerche tra i 18 e i 21 o tra i 18 e i 24). Esso inoltre diminuisce drasticamente in seguito all'acquisizione dei ruoli sociali adulti come per esempio il lavoro, il matrimonio etc.
Pur non esistendo un nesso causale tra una fase e l'altra del consumo, il fatto di aver strutturato un atteggiamento positivo nei confronti del fumo di tabacco è generalmente ritenuto un fattore che può aumentare (fattore predittivo) la probabilità di un'eventuale sperimentazione non solo del fumo ma anche di altre droghe (marijuana, droghe sintetiche, ecstasy, etc.); allo stesso modo, aver provato concretamente aumenta la probabilità d'instaurare un uso continuato e di passare da quest'ultimo ad un uso dipendente.
Se questo è dunque un "processo" e non una serie di fasi staccate esso deve essere studiato ed affrontato dalla ricerca come tale: innanzi tutto le fasi non devono essere studiate separatamente, i percorsi di consumo devono essere analizzati in modo differenziale (per chiarire quanto e come i meccanismi implicati siano simili); infine occorre che si tenga conto in modo più serio delle differenze tra consumatori adolescenti ed adulti, maschi e femmine, e del contesto in cui essi vivono.
Per esempio Kandel esaminò i dati emersi da svariate ricerche del "Response Analysis Corporation" dell'Università G. Washington sui campioni estesi di popolazione giovanile, ipotizzando che esiste una sequenza di quattro stadi nell'uso di sostanze stupefacenti:
* Uso di birra e vino;
* Uso di tabacco e superalcolici;
* Uso di marijuana;
* Uso di ecstasy, l'LSD, antifetamine, inalanti, eroina (uso spesso concomitante con quello dei punti precedenti).

I dati indicano, infatti, che, fra tutti i giovani che hanno provocato l'alcool (93%), l'83% di essi ha in seguito fumato sigarette e successivamente marijuana (68%).
Kandel, oltre ad aver indicato il ruolo cruciale delle droghe lecite come alcool e tabacco (gateway drugs) nel facilitare l'uso di droghe più pesanti, ha anche rilevato che ogni fase coinvolge un numero minore di soggetti rispetto al precedente e che il fatto di essere in una certa posizione della sequenza non implica necessariamente il progresso ad un'ulteriore fase: intervengono, infatti, molti altri fattori di ordine intra-psichico ed interpersonale, sociale che indagheremo in particolare nel capitolo seguente.
L'uso di una particolare droga come tabacco o hashish rende semplicemente più probabile il passaggio alla fase successiva ma non esclude che ci si possa fermare in qualsiasi punto della sequenza senza progredire.
I fattori che svolgono un ruolo determinato nella progressione sono:
* La precocità d'iniziazione;
* Il livello di coinvolgimento nel consumo.
Le droghe maggiormente diffuse in una data società sono in genere per Kandel, quelle utilizzate per prime nelle sequenze e sono anche quelle il cui uso persiste di più nel tempo, è quantitativamente più consistente ed è più frequente.
E' stato, per esempio, riscontrato che quanto più il consumo di una determinata droga diventa un comportamento sociale diffuso, tanto più diminuisce l'età media della prima assunzione.
Pensiamo anche alla diffusione del tabacco e al fatto che le prime sigarette oggi si fumano a 10/12 anni !.

A proposito invece dei fattori che facilitano l'iniziazione ai diversi tipi di sostanze emergono posizioni discordanti mentre Kandel e altri ritengono che siano diversificati (il ruolo dei genitori è ritenuto cruciale nell'uso di alcool e tabacco, quello pari nell'uso di marijuana e fattori psicologici individuali nell'uso di droghe pesanti).
Kaplan (1978) parla di un "unico fattore", riassumibile nel concetto di "self - derogation", responsabile non solo dell'insorgere dell'uso di droga, ma anche della malattia mentale e della devianza (comorbidità).

TEORIA DI KAPLAN
La teoria generale del comportamento deviante di Kaplan (1980) assume che sia soprattutto la motivazione all'autostima a far si che le persone si comportino in modo da minimizzare le esperienze che favoriscono atteggiamenti negativi verso se stessi e da massimizzare quelle che ne inducono invece di positivi.
Il fallimento nel soddisfare la motivazione all'autostima è da addebitare secondo l'autore principalmente a tre fattori:
1. Al sentire di non possedere attributi e caratteristiche personali desiderabili, e al non riuscire a adottare dei comportamenti soggettivamente valutati come positivi;
2. Al non sentirsi oggetto di atteggiamenti positivi da parte di altri significativi;
3. Al non aver elaborato stili di risposta che, contrastando il verificarsi di esperienze di autosvalutazione o mitigandone gli effetti, siano in grado di svolgere una funzione protettiva per il sé.

Da questo punto di vista Kaplan sostiene che una persona intraprende un comportamento deviante (è quindi anche l'uso di droga) proprio per ristabilire l'immagine di sé che è stata danneggiata da esperienze svalutative sperimentate nel gruppo di appartenenza.

Ulteriori ricerche hanno però dimostrato in modo molto chiaro che le variabili di personalità come qualunque fattore di tipo unidimensionale non possono essere considerate di per sé produttive e in altre parole responsabili dell'iniziazione all'uso di tabacco, alcool e droghe (Goldstein).
Una conferma decisiva è fornita dal fatto che dopo gli anni '70 l'uso di tabacco, alcool e droghe (sintetiche e non) ha progressivamente assunto "dimensioni enormi" o come si dice in termini giornalistici "è diventato un fenomeno di massa tra i giovani, soprattutto in relazione alla cultura del sabato sera"
Ciò ha condotto ad un'analisi del fenomeno ipotizzando che ci fossero in gioco aspetti più generali dello stile di vita delle giovani generazioni.
Jessor e Jessor (1980) ritengono che l'insieme di tutti i fattori che indicano la transizione - disponibilità a adottare un comportamento problematico sono allo stesso modo predittivi dell'uso di varie sostanze.


3.7 LE TEORIE PSICOLOGICHE - L'INIZIAZIONE

Le prime ricerche in questo campo risalgono agli anni '60, si trattava di ricerche di tipo quantitativo il cui scopo era quello d'individuare i fattori correlati e predittivi all'uso di tabacco e altre droghe e di individuare la personalità degli assunti.
Vi erano numerose teorie che distinguevano principalmente tra fattori di tipo individuale e situazionale, e cioè tra fattori di personalità predisponenti e fattori ambientali (situazione sociale, esposizione a certi modelli).
Ulteriori ricerche hanno però dimostrato in modo chiaro che le variabili di personalità, così come qualunque fattore di tipo unidimensionale non possono essere considerate di per sé predittive.
Una conferma decisiva è fornita dal fatto che già dagli anni 70 in poi l'uso di sostanze lecite (tabacco, alcool) è illecite (hashish. Marijuana, l'LSD, ecstasy...) ha progressivamente assunto dimensioni di massa, soprattutto in relazione alla cosiddetta "cultura del sabato sera".
Ciò ha permesso di escludere definitivamente interpretazioni di comportamenti di consumo come specifici di un numero molto ristretto di soggetti disturbati o devianti, ed ha consentito d'ipotizzare che fossero in gioco aspetti più generali dello stile delle giovani generazioni.
Le teorie sull'iniziazione emerse più importanti sono quelle "dell'apprendimento sociale" che ha cercato spiegazione nell'area dei rapporti interpersonali degli adolescenti e quelle "inteazioniste" (per esempio Jessor e Jessor 1980) che propongono spiegazioni multicausali complesse dell'uso di sostanze lecite ed illecite.

 

3.8 LA TEORIA DEL COMPORTAMENTO PROBLEMATICO DI JESSOR E JESSOR (1980)

Jessor e Jessor, infatti, postula che sia il tipo di relazione che si crea tra variabili ambientali (sociodemocratiche e relative al tipo di socializzazione), psicologiche (il sistema di personalità e l'ambiente sociopsicologico) e comportamenti (la struttura delle condotte problematiche e di quelle convenzionali) a determinare lo stato dinamico che essi definiscono "disponibilità verso un comportamento problematico".
Il "sistema di personalità" comprende (Jessor) le strutture motivazionali - istigative (ad esempio il significato e il valore che il soggetto attribuisce agli scopi che intende perseguire e le attese che ha sulla loro realizzabilità), la struttura delle credenze (relative al sé e alla società) e quella dei controlli (il grado di religiosità, di tolleranza verso la devianza e di discrepanza fra le ragioni a favore o contrarie ad un comportamento).
Relativamente a questo sistema, secondo Jessor, la disponibilità ad intraprendere un comportamento problematico si evidenzia in rapporto alla minor importanza attribuita alla riuscita scolastica, per esempio, o rispetto all'autonomia personale a scarso interesse per la dimensione religiosa, a posizioni critiche verso la società, a bassi livelli d'autostima, a problemi d'ordine anche psichiatrico, ad un orientamento esterno del "LOCUS OF CONTROL".1(Il concetto di locus of control si riferisce al tipo d'aspettativa che gli eventi che accadono derivino dal suo comportamento o dalle sue caratteristiche personali, allora avrà un'aspettativa di controllo INTERNO; se pensa che tali eventi derivino dalla fortuna, destino, o caso, o dall'azione d'altre persone né avrà invece una di controllo esterno..( ed una certa propensione verso la devianza.
Il sistema dell'ambiente percepito, invece comprende sia variabili prossimali che influenzano direttamente il comportamento (il grado di approvazione dei familiari e degli amici relativamente ai comportamenti problematici, i modelli di condotta da loro proposto) sia distali e indirette (il sostegno, il controllo, l'influenza dei genitori e dei pari).
Da questo punto di vista gli autori sostengono che quanto più l'adolescente è orientato verso i pari rispetto ai genitori e non accetta le norme sociali e condivise, tanto minore sarà il controllo sociale verso la trasgressione e tanto maggiore la sua disponibilità verso comportamenti problematici.
Questi ultimi si producono, inoltre, quanto più le azioni di sostegno e di controllo dei genitori sono scarse, quanto maggiore è il conflitto tra le loro posizioni e quelle dei pari e quanto più il soggetto avverte l'influenza allo comprende questi ultimi
Il sistema del comportamento comprende la struttura delle condotte problematiche (uso di alcol, tabacco, marijuana, esperienze sessuali, devianza, protesta politica) e quella delle convenzionali (partecipazione alla vita religiosa, produttività scolastica).
Secondo gli autori la probabilità (predittività) che l'adolescente intraprenda una condotta problematica dipende dal tipo di combinazione che si crea tra i diversi fattori di rischio compresi nei tre sistemi indicati.
Al contrario la teoria di Kaplan (1980) assume che sia soprattutto la motivazione all'autostima a far sì che le persone si comportino in modo da minimizzare le esperienze che favoriscono atteggiamenti negativi verso se stessi e da massimizzare quelle che ne inducono invece di positivi.
Secondo Kaplan una persona intraprende un comportamento deviante proprio per ristabilire l'immagine di sé che è stata danneggiata da esperienze svalutative sperimentate nel gruppo di appartenenza.
Quindi l'autostima sarebbe un indice predittivo abbastanza importante per capire o prevenire l'insorgenza di comportamenti a rischio.


3.9 PROCESSI DI AVVICINAMENTO AL TABACCO

Tra i molteplici fattori in grado di favorire una prima sperimentazione di tabacco e altre droghe ci sono quelli relativi alle influenze di altri significativi (sono ritenute dalla letteratura come i più rilevanti.
Più in particolare si ritiene che chi proviene da famiglie in cui uno o entrambi i genitori e/o fratelli fumano, bevono alcolici, ha in genere una probabilità più alta di provare a sua volta; la stessa cosa per chi ha degli amici stretti che sono fumatori .
L'influenza dei genitori è in genere più consistente nel caso di droghe lecite e quella dei fratelli, ma soprattutto dei coetanei, in quello delle droghe illecite.
Il clima intrafamiliare, gli eventi che modificano la struttura familiare, lo stile educativo e i modelli proposti dai genitori sono fattori che influenzano in modo considerevole e l'andamento e le caratteristiche dello sviluppo psicosociale dell'adolescente e indirettamente il suo stile di vita.


3.10 FATTORI DI RISCHIO CONNESSI ALL'INTERAZIONE FAMILIARE.

Il primo di questi fattori fa riferimento all'esistenza di un "clima emozionale negativo" all'interno della famiglia e cioè relazioni reciproche povere, inadeguate, neutre, indifferenti, conflittuali ed ostili.
Una condizione di vuoto nella vita emozionale che l'adolescente cerca disperatamente di colmare attraverso la partecipazione intensa ad un gruppo di coetanei.
Soggetti con queste caratteristiche proprio per il bisogno di essere accettati e valorizzati sono più esposti di altri non solo all'eventualità di privilegiare il gruppo come punto di riferimento esclusivo, ma anche il rischio di uniformarsi passivamente alle pressioni dei coetanei o della società in generale, che siano capaci di forti condizionamenti di massa.
Il secondo di questi fattori ha che fare con gli eventi che modificano radicalmente la struttura della famiglia, come per esempio la morte di un genitore, o il divorzio ecc..
Le ricerche però hanno (ENOS, HANDAL, HANSELL, 1989) messo in evidenza che gli affetti di una famiglia intatta ma altamente conflittuale determina effetti nel ragazzo non solo più distruttivi ma più duraturi nel tempo.
Per quanto concerne lo stile educativo adottato dai genitori è stato riscontrato che sono soprattutto quello "lassista" (contraddistinto da una scarsa definizione delle norme e dei limiti a cui i figli si devono attenere) e quello "autoritario" (il controllo esclusivo nella determinazione degli standard di comportamento e delle regole a cui i figli si devono rigidamente uniformare) a determinare traiettorie di sviluppo che, successivamente, possono diventare rischiose per la loro salute.
Il quarto fattore riguarda l'orientamento dei valori condivisi dai genitori. A questo proposito si è visto, ad esempio, che quanto meno i genitori sono in grado di proporre ai propri figli valori, scopi e aspirazioni (nelle aree di lavoro, religione, etica o vita familiare) orientati al futuro e in cui si riconoscano profondamente, tanto più i figli si limitano a perseguire obiettivi più immediati e contingenti.
Gli adolescenti che hanno interessi orientati prevalentemente verso il presente sono più sensibili, rispetto a quelli interessati a realizzare progetti a lungo termine, ai rinforzi disponibili nell'ambiente di vita immediato e possono essere facilmente attratti da gruppi di coetanei che fumano o che enfatizzano la ricerca di esperienze piacevoli e immediatamente gratificanti:
I genitori costituiscono modello importante anche per l'acquisizione delle abilità ad affrontare il situazioni di stress. Bambini e adolescenti imparano che di fronte a un evento stressante si può piangere, disperarsi, prenderne le distanze, ripiegarsi in se stessi, assumere dei farmaci o degli alcolici e affrontarlo mobilitando tutte le forze disponibili! (Hanno cioè un ruolo o uno stile educativo).


3.11 IL GRUPPO DEI PARI

Il gruppo rappresenta, secondo un punto di vista, il contesto privilegiato in cui l'adolescente riconsidera se stesso; il soggetto all'interno del gruppo dei coetanei ha l'opportunità di acquisire informazioni assai diverse da quelle che gli sono state fornite dagli adulti e dai mass-media.
I suoi interlocutori sono persone amiche che piangono, "modelli credibili e rassicuranti" derivati dall'esperienza vissuta.
Inoltre, a differenza degli adulti che spesso puntano sulla paura, sulla demonizzazione più che sull'esempio, su immagini stereotipate del fumo, i giovani amici fumatori elaborano distinzioni raffinate tra le diverse sostanze e fanno riferimento esplicito alle esperienze di piacere che il fumo può consentire o il senso di prestigio che ne deriva.


3.12 LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITA'

E' ormai assunto come punto fermo dalla letteratura che non esistono delle caratteristiche unitarie di personalità che si associno all'uso di sostanze lecite e illecite.
L'iniziazione non è determinata, nella generalità dei casi, da disturbi psicopatologici strutturati ma si associa piuttosto ad una serie di tratti della personalità o stati emozionali - temporanei.
Per quanto riguarda gli aspetti cognitivo-emozionali, come già detto, le ricerche indicano in particolare che quanto più una persona ha delle aspettative o motivazioni positive nei confronti del fumo di tabacco, tanto più aumenta la probabilità che possa avvenire un primo contatto.
Indagini condotte negli anni '80, sull'orientamento di valori degli adolescenti consumatori e non consumatori (di alcool, fumo, droghe leggere).[Simon, Edwars 1990( hanno rilevato che mentre i primi privilegiano soprattutto quelli centrati sulla soddisfazione personale, i secondi d'anno invece più importanza a quelli rivolti al bene comune.
Ciò ha portato a ritenere che più una persona è guidata nelle scelte da valori, di tipo edonistico, tanto più probabilmente sperimenterà droghe! Più probabile è invece l'ipotesi che il fumatori o i consumatori abbiano tratti di personalità più deboli e quindi siano più facilmente influenzabili da questo tipo di valori o influenze.... Però molti studi sono ancora in atto per capire meglio la questione, che analizzeremo nei prossimi capitoli, con precisione.
Nell'iniziazione giocano, inoltre un ruolo considerevole anche gli stili, le competenze sociali che l'adolescente ha a disposizione ed utilizza non solo nell'affrontare le situazioni quotidiane, i suoi rapporti interpersonali (ad es. mostrarsi in grado di iniziare a portare avanti una conversazione, di esprimere il proprio accordo-disaccordo, di far valere il proprio punto di vista) ma anche le sue abilità nell'affrontare gli stress e le tentazioni.
Gli autori che si rifanno alla "teoria del coping" (Shiffman e Wills 1985) sostengono che bambini o ragazzi che non hanno avuto l'opportunità di apprendere delle abilità sociali appropriate, che sono stati poco o per nulla sostenuti o valorizzati nelle loro esperienze di "far fronte" hanno minori probabilità di acquisire abilità adattive e sono perciò in condizione di maggior rischio in rapporto a tutta una serie di comportamenti non convenzionali (bere alcool, fumare, guidare pericolosamente,).
In conclusione quindi, possiamo dire riassuntivamente che le variabili responsabili dell'iniziazione al fumo di tabacco e altre droghe illecite sono molte e diversificate, tra cui le più importanti si sono rivelate:
* l'influenza di altri significativi (genitori, fratelli, amici,)
* tratti di personalità (aggressività, stato depressivo, non conformismo, abilità sociali inadeguate...);
* aspetti cognitivi emozionali;
* competenze sociali.


3.13 IL CONSUMO CONSOLIDATO

Per quanto riguarda i fattori che influenzano lo stabilizzarsi del consumo (per es. fumatori abituali) si parla soprattutto del rapporto che si crea tra il soggetto e la sostanza stessa. Si continua a fumare quanto più si percepiscono gli effetti rinforzanti della sostanza assunta sia positivi (piacere, rilassamento...) sia negativi (quando elimina sensazioni o esperienze di disagio). Egli si convince che, fumando, si calmerà, o starà meglio o più concentrato... e che anche attraverso tale uso egli può esercitare un vero controllo su vari eventi della vita quotidiana.
C'è poi la sottovalutazione dei rischi (ben conosciuti e anche sperimentati, in parte), una fiducia iniziale nelle proprie capacità di controllo possono determinare modalità di consumo così da favorire l'innescarsi della dipendenza da nicotina.
Il continuare è anche relazionato all'identificazione della sostanza e del "gesto di fumare" come mezzo efficace per affrontare particolari situazioni di stress (esami, lavoro impegnativo.) e come mezzo per proteggere e/o rinforzare il sé (fumare fa sembrare più grandi, quindi più sicuri, più maturi!). Anche sentimenti di scarsa autostima possono facilitare lo stabilizzarsi del consumo.
Tratti di personalità, come un certo sentimento di inferiorità, carattere tendente alla depressione, o all'aggressività possono essere correlati all'uso di tabacco, perché il fumo sembra un mezzo per creare un legame di cameratismo o solidarietà.
Sono in corso molti studi per verificare, se effettivamente, tali tratti di personalità siano direttamente correlati all'uso di tabacco o altre sostanze.

Oltre a quelli già indicati ci sono anche altri fattori, ritenuti altamente facilitanti nella continuazione dell'uso:- età in cui si ha iniziato a fumare (quanto più è precoce l'iniziazione tanto più probabilmente l'uso diventerà stabile) - l'associazione fra le alimentazione e altri comportamenti problematici.

 

Note

1 Secco L., Dall'Educabilità all'Educazione, Morelli Editore, Verona, 1990

2 Petter G. Problemi psicologici della preadolescenza e dell'adolescenza, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 1971.

3 Lutte G., Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna 1987,p.140

4 Lutte g., ibidem, p. 223 - 227.

5 Ferdinando V. (Studi e ricerche a cura di),Psicologia dei gruppi nell'età evolutiva, edizioni UNICOPLI 1997, p. 78-80.

6 Erikson E.H., Gioventù e crisi d'identità, Collana Medico Pedagogica,Armando Editore, Roma 1974, p.28.

7 Santerini M. , L'Educatore: tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale. La Scuola, Brescia, 1998, p.223.

8 Santerini M. , ibidem, p. 224-225

9 Peter G. , Problemi psicologici della preadolescenza e dell'adolescenza, la Nuova Italia Editrice, 1971, p.127-128.

1 Andreoli, Giovani, Edizioni Rizzoli, Milano, 1995.

2 Andreoli, Giovani, Ed. Rizzoli, Milano, 1995.

1 Palmonari A. , Psicologia dell'adolescenza. Ed. Il Mulino , 1997, pag.80 - 83


 
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