Gli originali sono consultabili presso la "Casa della Memoria e della Storia"
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Roma
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Claretta Petacci:

Una autopsia mancata
CONSIDERAZIONI E RILEVAMENTI
SULLA INTENZIONALITA'
DI UN OMICIDIO
di Dott. Aldo Alessiani
Roma 1956
 
 
 
 
 
 
 
 
 

    Il presente lavoro riguarda la ricostruzione di una necroscopia mancata; è uno studio attento e coscienzioso, basato su elementi di fatto, diretti e indiretti. Tende a voler dimostrare nuovi procedimenti atti ad appagare interessanti problemi medico-legali, posti su indirizzi il più possibilmente scientifici.
    Tale ricostruzione autoptica si serve del cadavere della signora Petacci Clara, nata a Roma dal Prof. Dott. Francesco Saverio e dalla signora Giuseppina Persichetti il 28.02.1912 e uccisa a Giulino di Mezzegra sul lago di Como il 28.04.1945.
    Su tale salma non si poté mai espletare un esame diretto, sia allo stato fresco di essa o addirittura come ricognizione dei resti; per quanto per ragioni che qui non interessano, la suddetta subisse ben due esumazioni, l'ultima delle quali seguita da riduzione.
    L'impossibilità quindi di aver condotto un esame tecnico diretto, ha dato la stura alle congetture più diverse e più strane sul decesso della Petacci.
    Versioni disparate si sono succedute ad altre versioni induttive e poco credibili, fino ad arrivare al punto (Europeo aprile 1956) di fondarsi sulle reminiscenze acustiche e non visive di testimoni lontani dal luogo del decesso che avrebbero permesso il conto dei colpi d'arma da fuoco esplosi durante l'avvenimento letale.
    A molte fonti quindi si è attinto se non altro per orizzontarsi. Gli stessi che ne provocarono la morte discordano tra loro, ciò però è spiegabile e comprensibile, quando si pensa allo stato d'animo di costoro, in quegli attimi supremi di quel lontano 28.04.1945. Furono infatti adoperate da essi armi da fuoco automatiche e senza appoggio capaci di raggiungere con i loro effetti bersagli intenzionali solo se particolarmente vicini e per giunta di ristretta superficie.
    Le loro versioni quindi non hanno potuto essermi d'aiuto, tantopiù che essi non si interessarono al momento, della constatazioni degli effetti lesivi sul corpo della donna.
    Di conseguenza, mancano attestazioni dirette e specifiche degne di attendibilità al fine d'una ricostruzione autoptica, che deve essere invece precisa e incontrovertibile.
    Per realizzarla perciò, ho dovuto ricorrere a mezzi che mi hanno condotto a conclusioni che credo e spero della più scrupolosa esattezza. In parte sono essi i documenti fotografici eseguiti, non con la intenzionalità scientifica ma con quella morbosa della spettacolarità, in Piazzale Loreto (oggi Piazzale XV Martiri) a Milano dove il cadavere della signora Petacci insieme a quelli di altri fu per ludibrio di folla esposto per molte ore; in parte documenti dell'epoca, testimonianze ecc. Nel caso delle foto, ho dovuto esaminare le suddette con estrema attenzione per l'enorme difficoltà che esse offrono alle prime superficiali interpretazioni.
    Ad uno sguardo generale, dedurne qualcosa di scientificamente certo sembra azzardato, quasi impossibile.
    Il cadavere è vestito innanzitutto, e già alla osservazione profana appare oltremodo travagliato; come trarre quindi un filo conduttore che porti a deduzioni di certezza?
    Le deduzioni invece ci sono, precise, fredde, logiche, consequenziali. Appunto per questo, fin da ora invito il lettore a porre la sua massima attenzione nel leggere il presente lavoro.
    Leggerlo attentamente gli comporterà uno sforzo, proprio quello che occorre nelle meditazioni d'ogni trattazione su base scientifica, per rifuggire la inconcludente curiosità da quarta pagina.
    Dirò, prima d'ogni altra cosa, che già la succitata documentazione è da ritenersi un elemento secondario, quasi prova di alcune considerazioni iniziali che esporrò, e che sono la chiave di volta delle conclusioni cui il lettore stesso, prima del mio ausilio medesimo, giungerà come se svolgesse i termini d'una equazione impostata secondo le regole algebriche conosciute in precedenza.
    Le positive, sebbene tutte mettano in evidenza il cadavere in discussione, sotto molti punti di vista essendo diverse tra loro, possono sembrare in contrasto e quindi controproducenti allo scopo finale. Per escludere questo apparente inconveniente, e tramutarlo in mezzo di realizzazione decisivo, ho dovuto procedere innanzitutto alla determinazione cronologica delle foto, poi ai significati delle macchie ematiche, alla localizzazione dei colpi ecc.
    In definitiva il presente studio rivelerà:
    1)  il numero dei colpi mortali;
    2)  la localizzazione dei colpi mortali;
    3)  gli organi colpiti durante il tragitto dei proiettili;
    4)  come e in quanto tempo si verificò la morte;
    5)  la ricostruzione dell'avvenimento letale;
    6)  il comportamento e la posizione del soggetto durante l'esecuzione (bersaglio mobile o fisso);
    7)  le lesioni ossee provocate dai proiettili, riscontrabili ancora allo stato attuale.
    Si noti che mi sono impegnato fin da adesso ad esprimermi circa le lesioni ossee riscontrabili eventualmente sui resti attuali. Lesioni che descriverò con precisione, pur non avendo la più lontana idea della salma allo stato fresco del 1945 che nella riduzione scheletrica di oggi.
    Quindi il presente lavoro va fino in fondo, determinando da se stesso, la riscontrabilità di fatto delle sue asserzioni.
    Raccomando ancora al lettore di non soffermarsi sulla spettacolarità delle documentazioni; esse mi sono servite da un punto di vista ben diverso da quello cui tendevano giornalisticamente. Mi sono state utili ed in maniera veramente preziosa, come vorrei che fossero per altri, escluso una volta in esse qualsiasi riferimento tendenzioso.
    Queste pagine non pretendono sostituirsi con la teoria, al rilevamento pratico di una autopsia non effettuata, poiché niente ha valore in questo campo, all'infuori dell'esame diretto; esame d'altronde, che per ovvie ragioni non può più effettuarsi, non essendo praticamente esistente l'oggetto dell'indagine.
    In tal caso, io ritengo, non essendoci altri mezzi a disposizione, considerare degno di attenzione qualsiasi sistema che si riveli però logico e serio anche se indiretto e di conseguenza deduttivo, se lo studio immediato non ebbe possibilità d'essere.
    Portare artificiosamente la luce nel buio, è molto più difficile che non vedere direttamente ciò che è già illuminato; l'uomo per muoversi dal suo temporaneo immobilismo, ha sempre affidato alle ali dell'esperienza il fascino dell'ignoto, cercando di ragionarlo prima, di vederlo, di prevederlo almeno nella sua immaginazione. Non svalutiamo quindi chi con la sua fatica e in buona fede, si accinge con modestia a qualcosa del genere.
 
 

oOo
 
 
Disegno A. Piazzale Loreto. Trattasi d'una vasta area cittadina, verso la quale confluiscono diverse vie e viali. Il rettangolino nero corrisponde al punto esatto dove nel 1945 esisteva la pensilina della "Esso". la linea Est-Ovest descrive l'arco parabolico solare.
 
 
- PARTE GENERALE -
 
 
CRONOLOGIA FOTOGRAFICA

Prima di procedere analiticamente e sistematicamente allo svolgimento del tema vero e proprio, debbo mettere in evidenza alcuni elementi, direi così, periferici d'importanza fondamentale.
La mia ricostruzione, come ho già detto, si basa anche su documentazioni fotografiche. Ma ecco il punto: trattandosi di riproduzioni di cadaveri, questi mi hanno fornito una varietà di fenomeni diversi fra loro da osservare scrupolosamente.
Ogni foto dunque, mostra particolari che altre non evidenziano. L'importanza quindi di considerarli nel tempo, l'uno dopo l'altro, è facilmente intuibile.
Dirò che principalmente, tre situazioni hanno favorito, anzi permesso l'impostazione dell'intero mio lavoro; e il lettore man mano se ne renderà sempre più conto:
A)  l'essere il cadavere in discussione di sesso femminile;
B)  aver posto il suddetto cadavere a testa all'ingiù;
C)  averlo tenuto esposto parecchie ore alla ventilazione e alla luce di una bella giornata di fine aprile.
Analisi perciò riflessiva, per il momento, delle foto discutendo sulla loro cronologia.
Fin da ora, si inizia per il lettore la stucchevole fatica di riferirsi continuamente alle positive e ai disegni secondo i miei opportuni richiami; ci si assoggetti di buon grado, pazientemente, poiché qualsiasi particolare non chiaro può infirmare la concatenazione di fatti e di momenti. Dunque egli si convinca di trovarsi nelle condizioni di comporre un mosaico oltremodo complesso; si renda quindi conto del più piccolo componente siliceo o metallico a disposizione.
Premetto delle osservazioni su piazzale Loreto, che ho disposto, come dalla piantina allegata, secondo i punti cardinali.
Trattasi di una vasta area cittadina, verso la quale confluiscono diverse vie e viali.
Tra questi il lettore prenda in considerazione Via Padova, che praticamente si identifica con il nord. Orbene, in essa, il rettangolino nero corrisponde al punto esatto dove nel 1945 esisteva la pensilina della "Esso" alle cui travature fu issato il cadavere della Petacci.
Si noti che il lato del rettangolo, ed è quello che ci interessa, prospiciente il piazzale, forma con la linea cardinale nord-sud un angolo aperto proprio a nord-ovest di 40 gradi circa. A sua volta la linea est-ovest descrive l'arco parabolico solare. E' facile quindi comprendere come un oggetto qualsiasi perpendicolare al piano, costituisca una meridiana quasi perfetta in giornate assolate.
Mi si permetta, prima di continuare, dire qualche cosa su tale pensilina.
E' questa una costruzione a carattere esclusivamente funzionale costituita da una vasta tettoia a traliccio metallico sostenuta da un grosso architrave di cemento sorretto a sua volta da due colonne parallelepipede dello stesso materiale.
Soffermandoci pure qui, è già abbastanza.
S'intende chiaramente dalle foto, che ciò che ci interessa è la parte della pensilina che da sul piazzale antistante.

Disegno C. Nel quadro n° 2 la pensilina è vista dal di sopra; essendo il traliccio longitudinale, di cui sotto il particolare, in posizione normale alla superficie frontale dell'architrave sottostante, in giornate assolate costituiva, proiettando la sua ombra sul retrostante calcestruzzo, una vera meridiana (quadro n° 1).
 
 

Da questo lato infatti, la tettoia sopravanza l'architrave in cemento di circa quattro metri; la tettoia è a traliccio, scoperta, formata da travature perpendicolari al fascione metallico frontale o parallele ad esso (rispettivamente le linee tratteggiate A e B del disegno C, quadro n° 2, che rappresenta lo schema della pensilina vista dal di sopra) e intersecantisi.
Rivolgiamo ora la nostra osservazione ai tralicci che costituiscono la travatura. Sempre nel disegno C, quadro n° 3 troviamo quello perpendicolare al fascione metallico frontale, mentre nel disegno B in alto, quello parallelo.
Osserviamoli adesso in realtà montati, come dalle foto n° 3, 5, 6, 7, 8, 4, poiché la loro ombra, sia di quelli longitudinali che trasversali è proiettata sul grosso architrave sottostante e retrostante.
Ed ora un po' d'attenzione: guardi il lettore "la sequenza" delle ombre proiettate dai longheroni della tettoia sull'architrave in calcestruzzo; si attenga, in ispecie, alle ombre verticali, poiché noterà come queste subiranno inclinazioni diverse che da sinistra (n° 1, 2, 3, 6, 9, 10) a poco a poco vanno verso destra (n° 7, 8, 5 e 11) con un unico punto di transizione verticale (zenith del 29.4.1945) riscontrabile nella n° 4.

Disegno B. Ho riportato sulla porzione orizzontale colorata in marrone e corrispondente all'architrave di cemento, le diverse ombre considerate nelle singole foto; esse proiettate dai tralicci soprastanti, segnano un seguito d'inclinazioni che vanno da sinistra a destra descrivendo sul goniometro sottostante un angolo di trenta gradi circa.
 
 

Per maggiore chiarezza, nel mio disegno "B" ho riportato sull'architrave di cemento le diverse ombre considerate nelle suddette singole foto; quindi ho considerato gli angoli di inclinazione su un goniometro sottostante.

Questa è la foto n° 1 in quanto la prima cronologicamente parlando, della serie.
La freccia nera contrassegna Via Padova che praticamente si identifica con il Nord.
La rossa invece indica l'ombra proiettata sull'architrave e tendente per l'inclinazione a sinistra.
Siamo alle 11.30 del 29.04.1945
Foto n° 2. Anche qui la freccia rossa mostra l'ombra del longherone sull'architrave retrostante. Come nella n° 1 anche qui l'inclinazione tende a sinistra, infatti questa positiva è una delle prime scattate dopo l'appiccamento.
 
 

Orbene seguendo da sinistra a destra le ombre proiettate dai tralicci, si percorre all'incirca un angolo di 30 gradi. Di conseguenza ne risulta una vera e propria meridiana che può orizzontare chiaramente su una cronologia fotografica abbastanza esatta.
Errori non ce ne possono essere perché la proiezione delle ombre "è indipendente dalle foto o dalla posizione di chi le scatta".
In base a tale risultanza goniometrica, mi premurai di costruire con una scatola di cartone ed un lungo ferro da calza, un piccolo orologio solare, disegnando sulla superficie solare un angolo di 30 gradi calcolato in rapporto all'asse centrale dello zenith.
Ebbene più volte ripetei gli esperimenti, che d'altronde dettero tutti i seguenti risultati costanti:
15 minuti ogni 3 mm del goniometro. Orbene poiché la angolazione come su dissi era in rapporto all'asse verticale dello zenith (ore 12) le conclusioni furono le seguenti:
impiegando l'ombra solare esattamente due ore e un quarto per proiettarsi intieramente su un angolo di trenta gradi, la mia sequenza fotografica era stata scattata tra le 11.30 e le 13.45 del 29 aprile.
Si badi bene che quanto sopra porta perciò in discussione il periodo dell'appiccamento dei cadaveri che su per giù dovrebbe coincidere con l'orario suddetto essendo la mia dotazione di positive numerosa. Certamente ci saranno state altre foto scattate prima delle 11.30 e dopo le 13.45 ma molto difficilmente potranno indurre a spostamenti sensibili sul conteggio determinante dell'orario.
Infatti molto tempo dopo questi esperimenti (si badi che a me da testimonianze dell'epoca nulla risultava circa il tempo preciso e la durata dell'issamento) il giornalista Enzo Tiberi su "Visto" del 24 novembre 1956 così si esprimeva in proposito:
"Alle 11 di mattina sette cadaveri, compresi quello sfigurato di M.  e quello di Clara Petacci, furono issati per i piedi..."
Questa l'unica voce ed oltretutto postuma; dunque il mio calcolo era stato esatto, non potendosi imputare a me la differenza di mezz'ora, bensì alla prima foto, cronologicamente parlando, in mia mano, essendo stata scattata 30 minuti dopo l'appendimento.
Ed ecco una prova, e questa assolutamente pratica, della applicazione di tale sistema di rilevamento cronologico: il cadavere della Petacci fu issato a capo all'ingiù accanto a quello di Mussolini Benito (lo si riscontra in ogni foto alla destra della suddetta e alla sinistra di chi guarda). Orbene soltanto nelle positive n° 1, 2, 3, 6, 9, 10, quelle cioè che danno un'ombra inclinata a sinistra e cioè precedenti il mezzogiorno del 29.04.1945 la salma del Mussolini ha indosso una camicia nera.
Tale indumento, scompare nelle riproduzioni posteriori.
Il fatto è spiegabile quando si pensi come specie su codesto cadavere furono operate continue manomissioni.
Inoltre debbo far presente ancora quanto segue: nelle foto in parola 1, 2, 3, 6, 9, 10 per la "rigidità cadaverica" l'angolo delle braccia con il corpo dell'uomo, si identifica con quello formato dalle braccia ed il corpo della donna(contemporaneità dei decessi).
Quanto fu tolto l'indumento di cui sopra o meglio: "sfilato", evidentemente esso fu tirato dal basso data l'altezza in cui era posta la salma pendente; i polsini della camicia durante tale spoliazione, prima di liberarsi dalla mano che era a valle, obbligarono chi tirava dal disotto ad impiegare una certa forza. Di conseguenza le braccia di Mussolini si aprirono maggiormente, abbassandosi.
Ciò è importante perché non tenendo presente quanto su detto, chi osserva le altre positive (specie la n° 8, 11, 13) può incorrere in una errata interpretazione, quella cioè della non contemporaneità dei decessi, guardando il differente parallelismo degli arti superiori tra i due corpi di sesso diverso.
Infatti, guardi il lettore la foto n° 6; l'ultimo cadavere a destra, quello a torace nudo è di Starace Achille, giustiziato mediante fucilazione alla schiena il 29.04.1945 sotto la pensilina in questione, poi subito issato.
Ebbene, trattandosi di morte recentissima il cadavere dello Storace mostra un angolo d'apertura braccia - corpo ben maggiore di quello delle due salme accanto la cui morte risale a molte ore prima. Caso chiaro perciò questo di "non contemporaneità dei decessi".
A confronto di ciò lascio la parola al cronista dell'epoca Paolo Monelli nel suo "Documentario di Piazzale Loreto":
"Fu legato accanto agli altri (Starace) spogliato della camicia e della maglia. Il cadavere fresco e molle, così attaccato ai piedi, si allungò smisuratamente, le braccia pendettero giù diritte, come snodate, le dita tese quasi volessero toccare il suolo. Gli altri invece avevano i muscoli già rigidi, le braccia non si erano tese del tutto, s'erano fermate in vari contorcimenti...."

Disegno D
Nel primo disegno l'angolo braccia - corpo della donna (A A1) si identifica con quello B B1 della salma vicina (132 gradi). Si noti che in questo caso il cadavere B ha un indumento che nel secondo disegno non si evidenzia.
Al contrario dei primi due, il terzo corpo in fondo, non mostra atteggiamenti dovuti a rigidità post - mortem.
Nel secondo disegno gli angoli suddetti dei due corpi sono diversi; infatti, la trazione del basso della camicia, aveva forzato le articolazioni scapolo - omerali di B obbligandole ad aprirsi maggiormente.
Foto n° 6
A conferma del disegno precedente "D" e di quanto scritto circa la identica inclinazione delle braccia dei primi tre cadaveri, ben diversa da quella dell'ultimo.
Notasi inoltre l'ombra proiettata dal longherone sull'architrave retrostante, inclinata a sinistra.
 
 

Secondo i miei calcoli, come già dissi, l'ora del disappendimento dovrebbe coincidere con le 13 e 45 ma purtroppo di preciso è in mia mano a proposito. Tuttavia lo stesso Monelli ci viene in aiuto ancora verso la fine del medesimo articolo:
"Verso mezzogiorno l'arcivescovo di Milano chiese se non fosse giunto il momento di dare sepoltura ai cadaveri. Poco dopo giungeva una squadra di patrioti che portò via gli appiccati e gli altri, e la piazza si vuotò lentamente".
In realtà il "poco dopo" del Monelli consistette con esattezza in un'ora e tre quarti; possiamo concedere venia alla vaga precisazione giornalistica, pur sempre preziosamente indicativa.
 
 

 - I FENOMENI DI CAPILLARITA' E L'ANATOMIA FEMMINILE -

A pagina 1 io espressi le tre condizioni che mi hanno permesso di concepire il presente studio. Le ripeterò:
1)  l'essere il cadavere di sesso femminile;
2)  aver posto detto cadavere a testa all'ingiù;
3)  averlo tenuto esposto per molte ore alla ventilazione e alla luce d'una bella giornata di fine aprile.
Più che tre condizioni sono tre cardini su cui s'impernia tutto il procedimento.
Entrerò direttamente nella questione: la ricostruzione in parola, come già dissi, si basa su elementi diretti e indiretti, tuttavia sono così in rapporto tra di loro, direi dipendenti, o meglio ancora l'uno in funzione dell'altro, che non si può analizzarli separatamente. Gli elementi diretti si servono della controprova degli indiretti e viceversa. Poiché i primi sono meno discutibili e facili a comprendersi, procederò ad iniziare il lettore circa l'interpretazione dei secondi.
Dunque, "l'essere il cadavere di sesso femminile" comporta delle riflessioni, su riferimenti anatomici, che facilitano le soluzioni che qui ricerchiamo.
Trattandosi d'una esecuzione capitale, mediante fucilazione, cominciamo a considerare quella che in occasioni del genere, è la parte del corpo umano più comunemente colpita: il torace; ed in questo caso il torace di donna.
Studiamolo, per ora, anatomicamente, esternamente, come risulta dal disegno "E".

Disegno "E" senza il trasparente sovrapponibile
Disegno "E" con il trasparente sovrapponibile
 
 

Ho raffigurato ivi un torace di donna giovane e adulta con seni normalmente rappresentati anche se leggermente giunonici.
Notiamo il solco intermammillare (contrassegnato nel trasparente sovrapponibile dalle linee A) poi quelli sottomammillari B sia di destra che di sinistra formati dalla lieve piega della mammella sul torace, e infine il solco axillomammillare C tra la mammella e l'ascella.

Disegno "F" senza il trasparente sovrapponibile
Disegno "F" con il trasparente sovrapponibile
 
 

Si passi ora al disegno F; immaginiamo di applicare sulla cute di una donna a petto nudo, ed esattamente sul punto corrispondente al n° 1 della velina trasparente una spugnetta di pochi centimetri quadrati imbevuta d'acqua o meglio di liquido colorante, e quindi di strizzarla. Il gemizio che ne deriverà si verificherà nella direzione della freccia sottostante al punto 1 non subendo deviazioni nella deflessione dovuta al passaggio sul solco sottomammillare sinistro.
Poniamo ora la spugna su un altro punto: quello n° 2 dello stesso disegno F. In questo caso il liquido "colando" per il solco inetrmammillare seguirà per capillarità i solchi sottomammillari di destra e di sinistra oltre ad una terza derivazione centrale e verso il basso, e quest'ultima per gravità.
Immaginiamo ora lo stesso torace vestito con qualche indumento leggero; le macchie del tessuto si manifesteranno in dipendenza del liquido sottostante (vedi disegno F1) pur rispettando le linee di direzione considerate sul disegno precedente F.

Disegno "H"
Disegno "H1"
 
 

Di conseguenza: il disegno H mostra due punti d'applicazione "coassiali" cioè sulla medesima linea pur se posti su piani differenti (mammella - addome); ne risulterà una linea unica "da sommazione".
Logicamente la macchia d'assorbimento su un indumento, grosso modo, si comporterà come nel disegno H1.
Ora la seconda fase, quella della seconda condizione: "aver posto il detto cadavere a testa all'ingiù".

Disegno "G" senza il trasparente sovrapponibile
Disegno "G" con il trasparente sovrapponibile
 
 

Riportiamo gli stessi punti coassiali d'applicazione, in un torace nudo di donna "capite verso" (disegno G); qui, il liquido del n° 2 invece di sommarsi con quello proveniente dal n° 1 come nel disegno H, per capillarità, tenderà a seguire il solco sottomammario corrispondente, indi portarsi per gravità verso la depressione inter - mammillare divaricandosi infine verso le  fosse sottoclavicolari (A).
D'altro canto sempre sul disegno G, la prosecuzione fluida del punto n° 1 seguirà una morale gravitazione longitudinale.

Disegno "G1"
 
 

Passiamo anche qui al torace vestito (disegno G1); orbene, in questo caso pur essendo le sorgenti n° 1 e n° 2 coassiali, non daranno una unica banda d'assorbimento come nel disegno H', bensì ne daranno due indipendenti tra loro, anzi quella del n° 2 e ciò è importante, assume con il lato suo inferiore, l'andamento del solco sottomammillare corrispondente estrinsecandosi poi verso la depressione di centro.
Solo l'assorbimento del punto n° 1 rimarrà verticale e netto verso l'esterno, mentre verso l'interno tenderà, specie verso il basso, a portarsi obliquamente alla base del collo. Due macchie quindi distinte tra loro. Facciamo ora il ragionamento inverso, cioè risaliamo, ricercandole, alle sorgenti coperte dagli indumenti lasciandoci guidare dalle macchie da esse dipendenti facendo a ritroso la strada: le immagineremo (vedi disegno n° 1) in corrispondenza delle "cuspidi" degli assorbimenti nei tessuti sovrastanti, cioè nei loro punti più alti (sollevare il trasparente del disegno n° 1).
Riprendiamo il disegno H; se anche qui dovessimo trarre deduzioni esclusivamente in base agli assorbimenti, essendo la linea unica per sommazione, commetteremmo il grave errore di immaginare una sola sorgente, quella più alta, e precisamente la n° 1 (vedi disegno L sollevando il trasparente).

 Disegno L con sovrapposizione del trasparente
 Disegno L, con sovrapposizione del trasparente
Se il corpo della giustiziata non fosse stato appeso per i piedi, avremmo dato, sollevando la velina, questa interpretazione decisamente erronea (confronta  disegno H1 e H)
 

Tale errore d'interpretazione non potremo mai commettere nel nostro caso, perché scongiurato "a priori" dalla posizione podo - cervicale verificatasi nel soggetto in studio.
Il lettore si basi dunque su quanto sopra per orizzontarsi circa la localizzazione sopra o sottomammillare di colpi d'arma da fuoco ai quali possiamo risalire nelle considerazioni indirette di alcune macchie ematiche della bianca blusa della Petacci. Blusa bianca, quindi indumento leggero con vasto potere d'assorbimento, e che la posizione all'ingiù ha messo allo scoperto, quando la giacca del "tailleur" ad essa sovrapposta si ribaltò per gravità, rendendola così visibile.

Disegno I
Sollevando il trasparente sovrapponibile, la localizzazione indiretta dei colpi, rivela due settori toracici distinti.
 
 

A questo punto il lettore non proceda di sua iniziativa nelle interpretazioni fotografiche; quanto sopra vale soltanto quando aggiunto alla terza condizione che in seguito svolgerò ampiamente. In caso contrario si troverebbe di fronte a quel complesso di problemi inesplicabili che solo la disamina del primo capitolo, quello della cronologia e cronistoria delle foto, potrà risolvere, poiché i segni, i momenti, sono moltissimi e si confondono. Ecco la ragione perciò di isolarli identificandoli, considerandone i graduali diversi aspetti che assumevano man mano al vento e al sole di quel 29.04.1945.

Disegno M
 
 

Grazie quindi al sesso e alla posizione del cadavere issato, due ampi settori toracici si rendono indipendenti fra loro, quello sopramammillare (disegno M colorato in celeste) e quello sottomammillare (colorato in rosso) permettendoci così di escludere da una delle due zone indirettamente, le sorgenti di gemizio ematico causate dai colpi d'arma da fuoco.
A conferma di quanto detto accludo il chiaro esempio della Foto n° 10.

Foto n. 10.
Grazie a questa posizione il flusso ematico proveniente dai punti A e B ha dato due macchie  indipendenti permettendoci di identificarle in due settori toracici diversi. Se il cadavere fosse stato appeso per la testa, sarebbe stata impossibile tale utilissima distinzione. (vedi disegni G1 e I)
 
 

 Molte volte dovrò ritornare su questi argomenti, durante la trattazione completa del caso. Ben più difficile sarebbe stato impiantare deduzioni del genere su un torace maschile che non offre solchi degni di rilievo o comunque d'entità molto minore, o anche su quello di una donna in posizione ortostatica (all'impiedi) poiché come ho illustrato ampiamente, la dinamica dei liquidi su un corpo umano che assume longitudinalmente due posizioni opposte, si comporta in due maniere diverse.
Per il momento ci sia sufficiente dover concludere che l'aver potuto dividere in due parti una superficie anatomica come quella anteriore d'un torace femminile ci facilita la diagnosi deduttiva di localizzazione, avendo potuto restringerla in due settori distinti e precisabili.
 
 

 - LA MEDICINA LEGALE NEI RIGUARDI DEL PRESENTE LAVORO -

Fin dall'inizio io tenni a precisare come in un cadavere, la diagnosi differenziale dei colpi mortali da quelli post - mortali debba essere basata sulla zona periferica di "reazione vitale" attorno al foro d'entrata del proietto riscontrabile nei primi al contrario dei secondi.
Tutti gli altri segni dovrebbero in linea di massima passare inosservati; ma quando non si ha a disposizione il corpo per eseguire degli accertamenti immediati, perché escludere "dove non si tratti di perizia con valore giudiziario" la deduzione se questa può avere dei fondamenti per sussistere?
S'intende, quando si ha una salma a disposizione, tracce di diversa natura, come un gemizio ematico, macchie su indumenti ecc. diventano pleonastiche, seppure uno dei testi più basilari della Medicina legale e precisamente "Il compendio di Medicina Legale e Giurisprudenza Medica" dello Ziino, nel capitolo le ispezioni e autopsie giudiziarie in tal guisa a proposito si pronunzia:
"... se il cadavere fosse vestito, bisognerà descriverne nientemeno tutti gli indumenti. Nel caso che le vesti presentassero forami, lacerazioni, degli strappi, sarà d'uopo descrivere esattamente cotali lesioni di continuità, misurarle, notarne la direzione, la lunghezza, la larghezza, per determinare se serbino rispondenze con le ferite riscontrate sulla superficie esterna del corpo, e con gli indumenti sequestrati. Più volte ho avuto l'opportunità di sperimentare l'utilità grande di simile indagine, che a prima giunta sembra più da sarti che da medici; eppure non è così. In una revisione di perizia che non mi uscirà mai di mente, si è potuto correggere l'ubicazione sbagliata d'una ferita mortale al cuore, dal ripetuto esame dei vestiti, serbati in sequestro alla cancelleria..."
Nel caso in discussione non abbiamo a disposizione dei vestiti su cui basarci anche come elementi non diretti; poi lo Ziino parla di fori e di strappi, cosa che non potremo mai rilevare. Al contrario però abbiamo altri elementi preziosi e cioè una cronaca fotografica ricca di tali rilevabili, ed una loro evoluzione cronologica ben ricostruibile.
Può tutto ciò essere sufficiente a sostenere una diagnosi di localizzazione oltreché differenziale tra i colpi mortali e post - mortali?
Altre vie, anche se piuttosto originali nella loro concezione sono percorribili a fil di logica, ultimo ed unico mezzo a nostra disposizione, e che sfrutteremo con testardaggine e meticolosità.
Nei capitoli precedenti mi sono attenuto a considerazioni generiche, ma dovrei addentrarmi nel trattare particolarmente i rilevamenti sul cadavere che ci riguarda.
Debbo perciò per le ragioni su esposte aggirare la questione onde procedere in definitiva con manovra convergente su di essa. Addentriamoci così nel problema più spinoso, quello cioè della disamina dei colpi mortali da quelli post - mortali o non mortali, assolutamente mancando d'accertamenti immediati.
 
 

 - QUANTE POSIZIONI HA ASSUNTO IL CADAVERE? -

A piazzale Loreto fu esposta la salma del Petacci giustiziata verso le 16.10 del 28.04.1945. Fu trasportata da Giulino di Mezzegra a Milano con un autocarro, insieme a quelle di una quindicina di giustiziati anch'essi per fucilazione, nella vicina località di Dongo quasi contemporaneamente. Ed ecco la prima osservazione, d'altronde importantissima da farsi a questo punto.
L'esecuzione capitale della Petacci avvenne come già dissi a Giulino di Mezzegra, di conseguenza per unire il cadavere di costei a quelli di Dongo che dista dal luogo del decesso diversi chilometri, ci si dovette servire d'un mezzo di trasporto; quale fu usato ed in quale posizione il cadavere della donna fu posto?
Ho parlato d'un autocarro. Se tale automezzo fosse stato adoperato da Giulino di Mezzegra a Dongo, il cadavere posto sul piano di carico sarebbe stato in posizione orizzontale. Orbene da molto tempo, è sostenuto a ragione, che la salma della Petacci in tale tragitto fosse stata in posizione verticale o semi - verticale; ne dimostrerò la ragione:

Foto n° 10 bis Disegno N
Ecco la banda ematica in discussione; a prima vista si riterrebbe dovuta a gravità data la posizione del cadavere e quindi dovuta al punto B. Si vedrà invece come questa dipenda dal punto A essendosi verificata prima dell'appendimento. Le sue modalità dinamiche sono perciò quelle del disegno N.
 
 

Si osservi la foto n° 10 bis; presenta il cadavere "vertice verso" di Mussolini Benito; tale positiva è la metà di quella n° 10.            .
Quando io parlai della contemporaneità dei decessi (vedi addietro) circa le immagini precedenti lo zenith del 29.04.1945 mi riferivo alla morte della Petacci avvenuta nel tempo medesimo a quella del Mussolini; di conseguenza i due corpi da allora, come è comunemente risaputo e d'altronde logico pensare, subirono le stesse vicende.
Orbene come appare dalla 10 bis si rileva sulla maglietta bianca, a destra, una banda ematica di quattro centimetri circa di lunghezza, e sette - otto millimetri di larghezza convessa all'esterno e concava all'interno; nella foto n° 11 tale banda tende a scomparire quasi interamente tranne al suo estremo inferiore. A che cosa tale fenomeno è dovuto? Alla gravità data la posizione ortostatica dell'appendimento?
In tal caso dovremo immaginare un foro d'arma da fuoco in corrispondenza della parte più alta di essa con conseguente gemizio a quello pertinente, nella direzione cioè piede - testa; questa la spiegazione da trarre a prima vista.
Tuttavia l'autopsia eseguita dallo Istituto di Medicina Legale della Università di Milano sulla salma del Mussolini non denuncia colpo d'arma da fuoco in corrispondenza della parte o meglio del "polo" superiore della banda ematica in parola, bensì a quello opposto (2° spazio intercostale sulla parasternale).
Infatti, grazie all'essiccazione dovuta all'azione solare e alla aerazione, solo in corrispondenza del polo inferiore nelle foto cronologicamente posteriori permarrà una macula ematica, mentre il resto della banda tenderà a scomparire a poco a poco.
(vedi foto n° 11).

Foto n° 11
Di tutta la banda ematica A - B della foto n° 10 bis e del disegno N solo il punto A permane visibile; il resto, per gli agenti atmosferici è già scomparso.
 
 

 La spiegazione non è difficile: il punto estremo inferiore della banda sarà in seguito sempre visibile perché in corrispondenza diretta con la "sorgente ematica" sottostante che rimarrà attiva per tutto il periodo dell'appiccamento, anzi grazie a questa posizione si comporterà, secondo la gravità, indirizzandosi verso la spalla omolaterale (vedi disegno O).

Disegno O
 
 
Ecco ora la conclusione: la banda d'assorbimento evidentemente si è realizzata stando il corpo dell'uomo verticale (all'inpiedi) o semi - verticale (seduto) nei momenti immediatamente successivi all'azione lesiva.
Sempre dalle foto n° 10 e n° 11bis la lunga stria ematica (C-D) che si dirige dall'emitorace sinistro al fianco dello stesso lato, ha la medesima genesi.
Foto 11 bis
Disegno P
 
 

Genesi che pretenderà una minuziosa trattazione a parte e che le teorie generiche già espresse del comportamento dei liquidi sulla cute d'un corpo umano riusciranno a chiarire.
Per il momento si sappia che anche tale stria è dovuta ad un gemizio ematico da posizione verticale dalla testa ai piedi e non in direzione contraria.
Tutte e due le bande ematiche d'assorbimento hanno avuto quindi una "genesi" identica; ma procediamo ancora.
"L'EUROPEO" dell'aprile 1956 riporta una sua intervista con uno dei giustizieri: "... dette ordine ai presenti di caricare i cadaveri sulla mia macchina, (l'azione si svolge a Giulino di Mezzegra luogo dell'esecuzione) ciò che fu fatto subito. Claretta venne caricata per la prima e Mussolini subito dopo: ricordo che la sua testa, giacendo tra i cuscini posteriori e lo schienale, mi obbligava a guidare un poco chinato. Scendemmo ad Azzano dove era il camion giallo; i due corpi vennero scaricati e gettati sul mucchio di cadaveri che si trovavano".
Dunque si parla di Azzano contrariamente alla opinione pubblica che si trattasse di Dongo.
E' evidente quindi che da quest'ultima località, nel frattempo che l'esecuzione di Giulino di Mezzegra avvenisse, il camion giallo con i corpi dei fucilati si portasse ad Azzano. Il punto di ritrovo con la macchina fu ad Azzano; solo qui i corpi della Petacci e del Mussolini assunsero la posizione orizzontale; ma da Giulino di Mezzegra ad Azzano corrono una quindicina di chilometri coperti con un'auto da turismo che reca a bordo due corpi inanimati e che per di più, essendo seduti sui suoi sedili "more vivorum" infastidiscono la guida".
Posizione seduta, quindi busto verticale, almeno per un minimo di tempo d'un quarto d'ora; cioè tutto il tempo necessario affinché del sangue sgorgato o sgorgante da ferite recentissime scendendo verticalmente, data la posizione, coagulasse rapprendendosi agli indumenti più aderenti.
Ho detto "coagulasse" cioè sangue forse vitale ancora, diremmo: caldo, poiché fenomeni di coagulazione veri e propri nel sangue cadaverico non intervengono.
Dalla posizione verticale i due cadaveri passano finalmente  a quella orizzontale, e così rimangono fino a Milano; ma in tale nuova posizione assunta ogni gemizio cessa, o se permane, vuoi dai fori mortali d'entrata che da quelli d'uscita, non dà gocciolamenti ad asse longitudinale; e questo è intuitivo.
Abbiamo visto perciò come il comportamento di due bande verticali ematiche, rivelino come in questo caso delle sorgenti a distanza mortali e non post - mortali. Un'altra ragione: vedremo in seguito come gemizi post - mortali, nella cronologia fotografica permangono, come quelli tolte poche varianti, dei colpi mortali; perché allora nelle foto 10, 10 bis, 11, 11 bis, (si noti che sono tra le primissime scattate nella mattinata del 29.04.1945) tali riferimenti sono evidenti mentre mancano nelle posteriori?
La risposta ora è semplice: perché esse sono virtuali, cioè dipendenti da un fenomeno positorio non più ripetutosi, o meglio ripetutosi sì, in quello dell'appiccamento, ma del tutto opposto al primo nel senso più geometrico della parola.
Vedremo infatti come tale stillicidio che appartiene anatomicamente parlando alla zona mammillare di sinistra (2° - 4° spazio intercostale di sinistra) permanendo, si indirizzerà questa volta, per la positura podo-cervicale non verso il fianco sinistro come nel tragitto Giulino di Mezzegra - Azzano, bensì verso la spalla omolaterale; inoltre dalle nostre osservazioni sul dinamismo dei fluidi, se la banda in parola fosse stata conseguente all'appendimento di Piazzale Loreto non sarebbe stata unica ma indipendente nei suoi componenti. Nelle foto seguenti, data l'azione essiccatrice del sole e della ventilazione, tale importantissimo elemento della nostra osservazione finirà, come abbiamo visto nel cadavere del Mussolini, di sussistere.
 
 

 - GLI INDUMENTI E GLI AGENTI ATMOSFERICI -

Chiarisco un altro punto: la morte della Petacci e del Mussolini, quando le rispettive salme furono issate sulla pensilina della ESSO, risaliva a circa sedici ore innanzi; orbene è logico domandarsi come mai le strie ematiche dei due cadaveri scompaiano in breve tempo dopo la sospensione mentre in ben sedici ore precedenti l'appiccamento, esse non avevano subito modificazioni.
Basta dare un'occhiata alle due salme durante la loro posizione orizzontale su detto piazzale, prima cioè d'essere sollevate, per avere una risposta facile e plausibile: scaricate queste nelle prime ore del 29.04.1945 dal "camion giallo" in Piazzale Loreto e proveniente dalla Tremezzina, esse mantenevano intatti gli indumenti, e così li mantennero fino alle ore 11 di quella giornata, cioè fino a quando vennero rimosse da terra. Si tenga presente che al momento del trapasso il Mussolini ad esempio indossava un cappotto militare, giacca ecc.; a sua volta la Petacci un pesante tailleur felpato all'interno, inoltre biancheria molto guarnita. Orbene dunque la loro esposizione sul selciato del piazzale, i cadaveri dalla notte alle undici del mattino dopo, furono lasciati orizzontalmente e di tre quarti l'uno sull'altro. Solo quello del Mussolini subì spoliazione  fino a rimanere con la sola camicia nera e la maglietta bianca sottostante, ma tutto ciò evidentemente poco prima dell'issamento; fino ad allora le macchie ematiche verticali tanto discusse erano state al riparo completo dalla luce solare e dalla ventilazione grazie a coibenti reali come lo possono essere appunto gli erti tessuti d'un pastrano militare e di una giacca di panno pesante. Al contrario il corpo della donna non subì in linea di massima spoliazioni, senonchè ribaltandosi per gravità dietro le spalle, in seguito alla successiva collocazione verticale podo-cefalica, la spessa giacca del "tailleur" lasciò scoperte nella loro quasi intera superficie, le pareti toraciche anteriori e posteriori, coperte questa volta, soltanto da una camicetta bianca di tessuto molto sottile. In conclusione: qualsiasi traccia ematica longitudinale riscontrabile nelle prime positive e non rilevabile nelle posteriori ci induce a considerarla una derivazione "funzionale" di colpi premortali.
 
 

 - L'EMOPERICARDIO -

Quando discuteremo i colpi post - mortali, vedremo come questi non saranno mai in grado di produrre un gocciolamento come quelli pre-mortali, ma al contrario molto più ridotto e localizzato, provocando così su un indumento a contatto della cute macchie rotonde  o stellari in corrispondenza di sé, non avendo la possibilità di superare per la minima quantità di fluido ematico emesso nell'unità di tempo, quella resistenza capillare dei tessuti sovrapposti, anche se di poca consistenza, tanto da sfociare "per massa" verso soluzioni unidirezionali.
Ed ora qualche parola ancora sul meccanismo delle due linee di assorbimento longitudinale osservate nei due cadaveri e già lungamente trattate e illustrate. Abbiamo precisato essere dunque codeste delle dipendenze da sorgenti ematiche a distanza (probabilmente 3° e 4° spazio intercostale di sinistra).
Il riferimento anatomico della parentesi ci porta però addirittura in aia cardiaca; di conseguenza qualsiasi ferita penetrante dall'esterno, come può esserla quella di un'arma da fuoco o da punta, e in direzione del cuore, ledendo il muscolo miocardiaco necessariamente lederà l'anteposto pericardio; si verifica sempre così quella evenienza patologica di per se stessa fatale, che è "l'emopericardio"; cioè il cuore ferito versa sangue nel suo sacco connettivale; tale intercapedine riempita di liquido, resta tuttavia per il tragitto determinato dall'oggetto lesivo in contatto con l'esterno

Disegno Q1
Sezione longitudinale di un cuore (colorato in rosso) e del pericardio (in bianco) che oltre a rivestire l'intero miocardio costituisce con i suoi due foglietti un'intercapedine
Disegno Q2
Dopo l'azione lesiva di un'arma da punta o da fuoco (freccia) il sangue del ventricolo leso invade il pericardio riempiendolo parzialmente.
 
 

Immaginiamo la "sequenza" di fatti anatomo - patologici per un colpo d'arma da fuoco che colpisce l'aia cardiaca dall'esterno anteriore:

I)  Il soggetto è già in posizione orizzontale prima che il sangue affiori sulla cute; infatti si va riempiendo nel frattempo di sangue, proveniente dal cuore leso, l'intercapedine miocardio - pericardica.
 II) In un secondo tempo, in soggetto di sesso femminile il fluido ematico data appunto la positura orizzontale, si indirizzerà verso il solco intermammillare per la maggior parte, e per il resto verso l'ascella omolaterale.
III)  Passiamo ora di colpo un cadavere con un emopericardio comunicante con l'esterno, da una posizione orizzontale ad una verticale; in tal caso la raccolta di sangue verificatasi tra il miocardio e il pericardio fuoriuscirà massivamente; è il caso della "vomica paricardica". La colata sarà notevole ed inevitabilmente assumerà una direzione longitudinale.

Disegno Q3
 
 
 - DEI COLPI PREMORTALI E POSTMORTALI -

Ora intratteniamoci ancora sulla diagnosi differenziale tra colpo d'arma da fuoco premortale e postmortale, questione sulla quale più volte ci siamo già soffermati.
Sul cadavere sperimentalmente non si producono delle contusioni con ecchimosi; cioè ad un colpo violento sulla cute od anche ad un semplice pizzicotto non segue la formazione della cosiddetta "mora" tecnicamente qualificabile come "soffusione emorragica sottocutanea" fenomeno assolutamente vitale dato lo strato sottocutaneo sanguigno in corrispondenza del colpo, dovuto alla rottura dei capillari venosi.
Nel cadavere l'interessamento capillare si verifica lo stesso, ma non la soffusione, non essendoci nel vaso l'attività dinamica del sangue, mancando "a tergo" la funzione cardiaca.
Difetta di conseguenza lo scolo sanguigno nel colpo postmortem, anche se interessa gli strati più profondi o organi vascolarizzati, a meno che non lo si diriga verso una grossa vena e che questa si rompa.
Inoltre manca costantemente qualunque indizio di reazione vitale, anche tirando il colpo sopra un cadavere recente, e di ciò ne abbiamo parlato. Ma dovendo noi escludere, nel caso attuale, un ausilio di tale certezza, il presente lavoro sussiste appunto perché tale constatazione "allo stato fresco" non è stata soddisfatta (mancata necroscopia).
Nelle ferite al cuore e ai polmoni fatte per indurre credenza di suicidio o per allontanare l'idea del delitto, mancano le emorragie.
Questi i dettami della Medicina Legale, che compendia in tal guisa le osservazioni da tavolo anatomico quindi da positura orizzontale. Variano le osservazioni su un cadavere, i cui organi interni comunicano con l'esterno grazie al tragitto, vero e proprio tunnel provocato dall'azione lesiva o meglio perforante dovuta ad un proietto o da arma da punta. In tal caso attraverso tali alterazioni, il sangue può in un secondo tempo defluire, mancando la "vis a tergo" cardio -circolatoria.
Inoltre s'aggiunga un'adtra cosa: quando il decesso avviene in breve tempo (morte violenta come nel caso presente) tentativi di coagulazione vera e propria è probabile che si verifichino, data la vitalità degli elementi cellulari; si tenga presente che nel cadavere stesso, per quanto come già dissi non si possa parlare di coagulazione, si realizzano fenomeni di rapprendimento ematico nei vasi. Tutto ciò pertanto pregiudica lo stillicidio ematico postmortale in una salma non orizzontale non tanto per il suo verificarsi, quanto per il suo comportamento come intensità e durata in confronto a quello dovuto a lesioni premortali.
Altro spunto di discussione può essere di certo provocato dall'esistenza di macchie eterogenee, cioè dalla confusione, o meglio dalla sovrapposizione di chiazze sanguigne provocate da stillicidi di cadaveri vicini e sovrapposti, o da sterco, fango, ecc. A parte che, nel caso della Petacci, l'esposizione della salma per diverse ore, alla luce solare e alla ventilazione, avrebbe dovuto promuovere la scomparsa di codeste come in parte si verificò per quelle vere e proprie (autogene), si tenga presente una evenienza straordinaria che si manifestò in Piazzale Loreto durante il mattino del famoso appendimento alla pensilina della ESSO, e cioè il lavaggio dei corpi con idranti a forte potenziale. Lascio a proposito la parola al giornalista Paolo Monelli nel suo "Documentario di Piazzale Loreto":
"Il vento dondolava un poco i corpi ciondolanti, dando loro un'assurda vivacità di balletto con quell'irrigidito gesticolamento. Tutta la mattina durò lo spettacolo; a un certo momento si pensò che quei corpi erano troppo sudici, così macchiati di fango di polvere di sangue. Furono investiti dal getto d'un idrante; lavati brillarono grottescamente; le chiome brillantinate di Pavolini e di Starace apparvero più lugubri, più squallide."
Dunque lavaggio protratto, massiccio, quello d'un idrante insomma. Ma è importante chiedersi: quando questo accadde? Prima che i corpi fossero appiccati o durante?
Secondo il Monelli sembrerebbe durante. Tuttavia mi si permetta una contraddizione.
Sono riuscito a procurarmi una rarissima foto (vedi innanzi), quella proprio del cadavere Petacci in positura supina, durante il getto d'acqua. Orbene la grossa corda serrata alla caviglie che sosteneva la salma al frontone metallico della pensilina non appare in tale positiva; ciò fa pensare, poiché per un avvenimento del genere non ci sarebbe stata ragione di sfiorarla nel caso di una "deposizione" sul piano della piazza, che tale lavaggio il corpo l'abbia subito prima d'essere issato.
A conforto di ciò lascio la parola ad Attilio Tamaro nei suoi "Due anni di Storia" (1943-1945)":
"... sopraggiungere un'autobotte dei Vigili del Fuoco che con degli idranti lavarono abbondantemente i cadaveri; poi gli stessi pompieri li appesero ad una pensilina, quasi a volerli preservare dall'oltraggio della folla".
Contrastano le due versioni, per quanto appare più particolareggiata la seconda e più veritiera. Tuttavia è probabile un terzo caso, e qui i due cronisti potrebbero essere d'accordo; cioè il fatto che i cadaveri siano stati lavati prima e durante l'appendimento.
Orbene il sangue cadaverico, non coagulandosi, passa con molta facilità in soluzione, cimentandosi con un fluido (qui addirittura l'acqua) che non quello vitale, coagulato, almeno in gran parte e immediatamente rappreso agli indumenti.
Possiamo così escludere la compartecipazione di componenti ematiche eterogenee, e di altre sostanze facilmente solvibili come terra, fango ecc. Inoltre se l'acqua ha facilitato lo scolorimento di tracce sanguigne vitali coadiuvando l'azione essiccatrice del sole e dell'aria, a maggior ragione e ben più celermente lo ha fatto con macchie molto meno tenaci a scomparire come quelle causate da sostanze facili a diluirsi.
Tutto ciò rende più vantaggioso ogni sforzo interpretativo poiché la nostra osservazione può eliminare in tal modo deviazioni erronee o asserzioni non precise.
E' facile allora comprendere come le positive ultime nell'ordine cronologico, possano essere le più veritiere in quanto mettono in evidenza solo i gemizi attivi presenti fino all'ultimo scartando grazie alle componenti atmosferiche (acqua, sole, tempo, ventilazione) componenti deviazionistiche collaterali.
 
 
 
 
 

- PARTE SISTEMATICA -
 
 

Addentriamoci finalmente nella trattazione sistematica, delle lesioni premortali e postmortali provocate da colpi d'arma da fuoco, sulla giustiziata Petacci Clara il 28 e 29/04/1945.
 
 

I° COLPO D'ARMA DA FUOCO CON ENTRATA E USCITA SULLE ASCELLARI MEDIE.
 
 
Disegno R.
 
 

L'ascellare media è una linea immaginaria retta che tracciamo dal cavo ascellare verso il basso, parallela all'asse longilineo di un soggetto all'impiedi, quindi perpendico-larmente al piano. Sul mio disegno essa è evidente come AM, i numeri romani inoltre corrispondono alle costole, mentre quelli arabi, in rosso, agli spazi intercostali.

 Foto n. 14
Foto n° 14 con sovrapposizione del trasparente. La freccia indica il gemizio sottoascellare lungo la linea anatomica convenzionale AM di destra.
 
 

 Si osservi ora la positiva n° 14 una delle più belle e preziose della raccolta. La si guardi attentamente sorvolando sulla crudezza spietata che un fotoreporter ha voluto evidenziare.
Quivi la salma della donna è in posizione orizzontale, supina. Risalta su di essa chiara e indiscutibile, una macchia ematica che s'identifica con l'ascellare media di destra; chiazza a bordi netti sugli 8 cm di larghezza ed in lunghezza di una decina.
La sua estremità non è a cuspide, bensì rotondeggiante mentre la direzione è perfettamente parallela con l'asse centrale longitudinale del corpo.
Passiamo ora alla foto n° 12; qui il cadavere è sospeso, e non si dimentichi che tale riproduzione è una delle ultime scattate a Piazzale Loreto; anche qui la chiazza permane, questa volta però non è più a lati paralleli ed il suo margine inferiore rotondo, bensì rispettivamente obliqui e l'estremità a punta assumendo così la netta figurazione di un triangolo.

Foto n° 13
E' una delle positive più rare ed esistenti di cui ci serviremo ampiamente in seguito. In essa il protrarsi del gemizio ematico, questa volta data la posizione indirizzato per gravità verso l'ascella, comincia a realizzare il vertice del triangolo di cui illustrati la forma definitiva nel disegno T e nella positiva n° 12.
 
 

A questo punto analizziamo la n° 13, anch'essa tardiva, inoltre rarissima in quanto che credo l'unica esistente per essere stata scattata alle spalle del cadavere: è evidente ancora il culmine del triangolo; si consideri infine la n° 11 che è cronologicamente l'ultima positiva della serie, e quindi una delle più importanti: orbene la macchia è ancora visibile lungo l'ascellare media di sinistra, e insistentemente triangolare.
Prime conclusioni: fin dalla posizione orizzontale che è precedente a quella verticale dell'appendimento, la macchia è visibile, come lo sarà in seguito sempre, durante tutto il tempo della sospensione della salma. Per il momento basti questo.
Ed ora un passo indietro per ridare la parola al giornalista Paolo Monelli:
"... i diciassette cadaveri erano stati scaricati in quell'angolo della piazza la mattina presto ... poi qualcuno volle mettere un po' d'ordine nel mucchio, isolò il cadavere di Mussolini e ne accomodò la testa sul petto della Petacci ... subito corse la voce, si radunò folla ... un uomo alto grosso scamiciato, le braccia nude e lorde di sangue,
cominciò ad un certo punto ad alzare (dal mucchio) questo o quel corpo e a mostrarlo alla folla ... l'omone districava il cadavere dagli altri e lo alzava sorreggendolo sotto le ascelle ... quando fu issata (alla pensilina) la Petacci furono di nuovo urla e imprecazioni. La gonna si arrovesciò, ma subito i due lembi furono legati e fissati tra le gambe che ne uscivano diritte e unite ... il giubbetto nero s'aprì, lasciò libero il petto coperto da una sottoveste leggera che le si avvolse attorno al capo come una cuffia...".
Dunque la posizione orizzontale è precedente a quella verticale; anzi ci si è arrivati a quest'ultima oltre che per preservare il corpo lavato dai pompieri come dicemmo, anche per una necessaria "visiva" ("...più in lato, più in alto, non si vede nulla si gridava dai più lontani ... - dal Monelli -) e ciò era l'ultimo particolare da chiarire. D'altronde ora che conosciamo i  fatti di quella mattinata, l'appendimento può sembrarci logico, data l'enorme folla e la vastità della piazza (Foto n° 1 e 2).
Ritorniamo alla discussione iniziale: poiché la manifestazione ematica ascellare perdura in seguito - per gravità - trattasi di un gemizio protratto e ciò è pacifico. Ma la stessa, con caratteri diversi (margini paralleli ad estremità rotondeggiante) è riscontrabile nella posizione supina della foto n° 14 quindi è già visibile prima della positura verticale. E allora? E' un colpo mortale o postmortale?
Cominciamo a rispondere secondo la Medicina legale che colpi di arma da fuoco su un cadavere orizzontale, anche se freschissimo non danno scolo sanguigno; ma io voglio ancora precisare: essa scorre dall'ascella al fianco, cioè parallela all'asse del corpo: se fosse stata postmortale, e si badi bene che i colpi postmortali come abbiamo potuto vedere dalle documentazioni storiche sono stati esplosi a Piazzale Loreto, e di questi i primi evidentemente sui corpi dei giustiziati nella loro posizione supina, non sarebbe stata parallela al corpo ma perpendicolare ad esso, dirigendosi per gravità, non verso il fianco omolaterale ma verso il dorso.

Disegno S.
La macchia in realtà si dirige verso il punto A, ciò ci fa pensare che quando questa si verificò il corpo fosse verticalmente; altrimenti, ritenendola contemporanea alla positura orizzontale si sarebbe indirizzata "per gravità" verso il punto B; ad ogni modo mai lungo l'ascellare media AM.
Disegno T.
Ben diversamente dalla forma rettangolare riportata sul disegno precedente durante l'issamento podo-cefalico alla pensilina, la macchia assume caratteristiche triangolari tutte proprie di un assorbimento durato varie ore, mentre nella precedente figura c'è solo l'espressione di un breve stillicidio immediatamente coagulatosi.
Foto n° 12
La freccia indica la macchia che ha assunto durante la sospensione la forma triangolare come rilevata dal disegno precedente ben diversa da quella rettangolare della positiva n° 14.
 
 

Rifacciamo allora a quanto io particolareggiai circa le modalità direzionali di un scolo ematico durante l'atteggiamento primitivo verticale del cadavere quello cioè a sedere, e proprio del tratto Giulino di Mezzegra-Azzano, a proposito della banda longitudinale d'assorbimento.
Si può concludere che anche per questo colpo sulla ascellare media, la genesi della macchia sia stata identica: colpo mortale dunque o immediatamente post-mortale. Tuttavia attendiamo ancora altri elementi probativi da esporre.
Prima di procedere, facciamo il punto su un'altra questione: nella positiva n° 14 l'estremità inferiore è rotondeggiante, invece nelle n° 11- 13 e 12 cronologicamente posteriori e che appartengono al periodo dell'issamento la macchia tende a manifestarsi a triangolo come abbiamo visto in precedenza. Tale figurazione essa la assume dall'issamento in poi e per tutto il tempo dell'esposizione, quindi gemizio potratto da sorgente attiva in permanenza, da considerarsi quest'ultima in corrispondenza dell'apice del triangolo suddetto (vedi disegno T).
Passiamo ora al disegno U: qui il corpo è in normale posizione ortostatica, cioè nella posizione in cui subì il colpo d'arma da fuoco, in tal caso è ovvio immaginare in base al foro d'arma da fuoco localizzato sulla linea X'' che la sua "dependance" ematica sia al di sotto di esso, e precisamente compresa tra le linee X'' e Z''; invece la fig. n. 14 ce la denuncia superiore ad esso, cioè tra la Y'' e la X''.

Disegno U.
Il colpo fu diretto sulla donna mentre era all'impiedi; ed avendolo poi localizzato a ragione sulla linea X'' la macchia d'assorbimento avrebbe dovuto essere sottostante ad esso come dal presente disegno. Invece dalla foto n. 14 ci appare sovrastante al colpo suddetto. La risalita della blusa bianca, dovuta alle continue manomissioni subite dal cadavere, portò verso le spalle di molti centimetri tale importante rilevamento.
Tale fenomeno avviene di solito quando si sposta un cadavere dopo averlo preso con le mani, per sollevarlo, sotto le ascelle.
 
 

Sulla foto dunque la macchia ematica ci appare a monte e non a valle della lesione. Come mai?
Basta osservare ancora la medesima foto con attenzione per avere la spiegazione: infatti l'indumento costituito da una blusa bianca e da un "tulle" a maglie grosse non è teso e ben disposto lungo il corpo, ma è respinto e riammucchiato verso le spalle e la testa formando così una notevole quantità di pieghe che ci denunciano un accorciamento "virtuale" dell'indumento stesso di circa 20 centimetri.

Disegno V.
Così in effetti la macchia ci appare nella positiva n. 14 mentre in realtà devesi considerarla al di sotto della linea X sulla quale si identifica invece il sottostante colpo d'arma da fuoco. Immaginiamo ora di riadattare l'indumento lungo il corpo, così come usasi normalmente indossarlo e assisteremo alla sistemazione "reale" e non "virtuale" di essa.
 
 

 Conclusioni: la macchia deve essersi verificata durante la posizione seduta e quindi verticale del busto fatta assumere al corpo della Petacci sull'automobile durante il tragitto Giulino di Mezzegra - Azzano subito dopo l'esecuzione; quindi tutto ci induce a ritenere questo colpo d'arma da fuoco premortale.
In seguito il cadavere subendo durante le operazioni di caricamento sull'automezzo, trasporto, scaricamento, molteplici manomissioni presenterà quelle alterazioni nella compostezza del vestiario responsabili di eventuali errori interpretativi; ecco dunque un caso del genere in cui un elemento importantissimo è stato " trasportato" dal fianco destro all'ascella omolaterale.
Dunque ho sistemato il foro d'entrata sul 5° spazio intercostale di destra sull'ascellare media dello stesso lato.
Ho detto "foro d'entrata" e il perché lo tratterò in seguito; ad ogni modo può far intendere che ci sia anche un foro d'uscita; si tenga presente per l'appunto che in Medicina Legale non sempre ad un riscontro d'ingresso di proiettile in un corpo umano segue il riscontro dell'egresso.

Foto n. 4
Foto n. 5
La freccia azzurra delle due foto rivela una impronta sottoascellare di sinistra imputabile al foro d'uscita.
Più ci si accosta alle ore post-meridiane e sempre più appare nitida. Infatti la freccia gialla della n. 4 ci mostra un'ombra del longherone sovrastante già tendente a destra (siamo alle 12,30 circa) al contrario delle positive che abbiamo visto in precedenza, dove rivelavasi tendente a sinistra.
Nella n. 5 è inclinata maggiormente (siamo alle 13,30 del 29.04.1945).
Foto n. 7.
Anche qui la freccia blu rivela l'elemento in discussione.
Siamo verso le 13,30 del 29.4.'45. infatti questa positiva è contemporanea alla n. 5.
Disegno Z.
Ecco l'ingrandimento della macchia sottoascellare di sinistra tratto dalle positive n. 4, 5, 7, 8, 11.
Foto. n. 8
La macchia indicataci dalla freccia ha assunto, procedendo nel tempo, maggiore nitidezza.
Disegno a.
La sorgente attiva è A costituita dal foro d'egresso; il fluido ematico tende a portarsi in basso (direttive uno e e due) ma anche, per capillarità lungo la striscia orizzontale del reggiseno. Per la stessa ragione le direttive tre e quattro provenienti da fori d'uscita nel torace posteriore sinistro compartecipano analogamente sommandosi alle prime due.
 
 

Dalla disamina delle positive n. 4,5,7,8,11 che allego ci appare una macchia ematica sottoascellare sinistra a margini distinti e a forma complessa che ho, ingrandendola riportata sul disegno; verso il torace anteriore assume la forma d'un berretto frigio, mentre posteriormente si prolunga alle spalle con linea quasi orizzontale.
Forma complessa sì, ma non impossibile ad interpretarsi; innanzitutto ci conforti il fatto che le 5, 7, 8, 11, sono tutte tardive, anzi cronologicamente parlando, le ultime. Quindi anche qui gemizio protratto perché attivo, a margini certamente identificabili essendo scomparse nel lungo tempo d'esposizione le altre componenti deviazionistiche o per lo meno se ancora presenti in avanzata decolorazione.
Anche in questo caso ho sistemato in corrispondenza del punto più alto dell'assorbimento la sorgente attiva: il margine anteriore di esso ripete la genesi di uno dei lati del triangolo formatosi sulla ascellare media di destra, per quanto qui assuma due piccole curve da addebitarsi a capillarità di uno spesso indumento sottostante che io ho identificato per un reggiseno.
In conclusione trattasi di foro d'arma da fuoco d'uscita tra l'ascellare anteriore e quella media di sinistra, all'incirca all'altezza del terzo spazio intercostale.
Il foro d'uscita perciò è da ritenersi più in alto, anatomicamente parlando, di cinque cm circa di quello d'ingresso controlaterale.
Come già dissi la foto n. 11 è l'ultima nella successione ed in essa le due impronte laterali sono rilevabili anche nella loro differente altezza.
Ora l'ultimo quesito: trattasi di un colpo premortale o postmortale?
Cronologicamente quattro sono state le posizioni assunte dalla Petacci sia viva, immediatamente prima dell'esecuzione, che morta e cioè:
1)  verticale, durante l'esecuzione e immediatamente prima;
2)  orizzontale (vedremo se si tratta di pronazione o di supinazione)  sul luogo stesso dell'esecuzione;
3)  ancora verticale (almeno per il busto) sul tratto Giulino di Mezzegra - Azzano;
4)  orizzontale per il tratto Azzano - Milano percorso dal "camion giallo". In quest'ultima località la salma resta ancora orizzontale per molte ore sul piano di Piazzale Loreto prima di essere appesa alla pensilina;
5)  infine verticale in quanto podo-cefalica durante il tempo della sospensione.

Cominciamo ad escludere la quarta, prima di tutto perché l'assorbimento sottoascellare già ci appare nella foto n. 13 che è precedente alla positura vertice-verso; poi perché durante l'esposizione alla pensilina il bersaglio era talmente alto che la obliquità tra foro d'ingresso e d'egresso sarebbe stata molto maggiore di quella realizzata effettivamente dal proietto.
 Escludiamo anche la terza perché ci farebbe pensare ad un colpo esploso in automobile su un soggetto non più vivente.
Non resta, per esclusione che la prima; ma questa riguarda la immediata premortalità come già ci era risultato da altre deduzioni.

Disegno b.
E' da escludere che il colpo sia stato tirato durante l'appendimento poiché avrebbe dato una traiettoria A mentre quella reale è quella B.
Disegno c
E' da escludere che il colpo sia stato tirato mentre il cadavere giaceva sul piano del piazzale. si sarebbe dovuto verificare il caso A che balisticamente è un assurdo.
 
 

Organi lesi dalla traiettoria del colpo d'arma da fuoco con ingresso ascellare media di destra.

Disegno d.
SEZIONE ORIZZONTALE TORACE FEMMINILE PASSANTE PER SESTA VERTICALE TORACICA.
Leggenda: 1) solco intermammillare-sterno, 2) mammella di sinistra e parete toracica   omolaterale,   3)  mammella  di   desta  e  parete   toracica   omolaterale, 4)  polmone  di  sinistra, 5)  polmone di  destra, 6) colonna  vertebrale,  7)  cuore,  8) aorta, 9) esofago, 10) mediastino.
La freccia indica la traiettoria del proiettile e le lesioni interne provocate.
 
 

1)  Cute e sottocutaneo sull'ascellare media di destra.
2)  Parete costo-intercostale di destra.
3)  Pleura parietale e viscerale di destra.
4)  Polmone destro in completo attraversamento.
5)  Cuore, nella sua sezione ventricolare sinistra.
6)  Polmone sinistro in completo attraversamento (3° anteriore).
7)  Parete costo-intercostale di sinistra.
8)  Cute e sottocutaneo sulla ascellare anteriore-media di sinistra.
Colpo fatale questo, stranissimo quanto importante.
Sia del foro d'entrata che del foro d'uscita sono visibili i gemizi protratti fino alle ore 13,45 del 29.04.1945.
Tuttavia la traiettoria è dal basso in alto, quindi obliqua;
orbene il profano potrebbe osservare come lo stillicidio bilaterale non si sia limitato alla stazione podo-cefalica allo sbocco di destra risultando più basso dell'altro; inoltre nella posizione a testa all'ingiù si ripete ancora lo stesso fenomeno invece di limitarsi all'orifizio più basso.

Disegno e
Il colpo ha avuto un decorso obliquo, dal basso in alto, con completo attraversamento toracico.
 Disegno f 1
Disegno f 2
Disegno f 3
 
 

Fino al termine dell'appendimento i gemizi visibili nel disegno n. 1 si sono verificati; data la posizione più bassa del gemizio di destra non sarebbe per il profano comprensibile come contemporaneamente si verifichi e si mantenga quello di sinistra che è più in alto. Per comprendere il fenomeno si tenga presente che grazie alle pleure i due polmoni sono indipendenti (disegno 2) e che il principio dei vasi comunicanti per tale ragione non può verificarsi (disegno 3 con i polmoni lesi e posti nella posizione del disegno n. 1).
 La spiegazione è facile quando si pensa che grazie a quei sacchi connettivali chiamati pleure ogni polmone è assolutamente indipendente dall'altro; di conseguenza non si verifica il principio dei vasi comunicanti.
E' facile ora comprendere come il sangue dei polmoni lesi, riempiendo la intercapedine pleurica abbia trovato due emissari indifferenti tra di loro.
All'occhio del volenteroso sottopongo ora la interessante coincidenza di un busto marmoreo, opera di Lorenzo Bernini, esistente presso le Catacombe di S. Sebastiano in Roma.

La freccia che ha trapassato il S. Sebastiano si identifica alla perfezione con il colpo sottoascellare della Petacci.
I riferimenti anatomici-topogra-fici sono assolutamente gli stessi; identica l'inclinazione. Anche qui si tratta di esecuzione capitale.
Confronta disegno e.
 
 

 Egli noterà come proprio sull'ascellare media di sinistra la statua mostri infissa una freccia che attraversando tutto il torace fuoriesce dall'altra parte sull'ascellare media di destra; anche in questo caso la traiettoria è obliqua, e dal basso in alto. Sembra incredibile la rassomiglianza con il colpo testé trattato della Petacci; le due traiettorie causate da due oggetti lesivi (freccia e proiettile) sono talmente identiche in tutto e per tutto, salvo la inversione della direzione, che si potrebbero sovrapporre.
 
 

COLPI D'ARMA DA FUOCO SULLA SEZIONE TORACICA ANTERIORE SINISTRA.

Sempre dall'Europeo del 4.3.56 il giornalista Franco Bandini così si esprime: "... purtroppo manca ogni perizia necroscopica di Claretta, ma chi la vide all'obitorio di Milano è sicuro che essa avesse nella parte alta del petto cinque o sei fori...". Quanto sopra coincide con quanto il giornalista Hume, presente a piazzale Loreto come cronista di "Stars and Stripes" scrisse in data 30.04.45 al riguardo della Petacci "... il volto era immune, solo il petto era stato colpito..." Per quanto si tratti di due valutazioni sommarie esse sono preziose nella loro evidente utilità; tuttavia procediamo con i nostri mezzi non limitandoci ai due giornalisti come unica traccia principale esistente. Caso mai le loro testimonianze avranno il loro peso quando potrò dimostrare con le mie conclusioni una fondata identità di vedute.
 Procediamo ora per gradi:

foto senza il trasparente sovrapponobile
Il cadavere di Clara Petacci sul piano di Piazzale Loreto durante il lavaggio con gli idranti (in alto a sinistra) dei pompieri.
Dettaglio stessa foto, con il trasparente sovrapposto
 
 

Esaminiamo la foto soprastante; sul suo trasparente sovrapponible ho localizzato tre colpi d'arma da fuoco, corrispondenti con altrettanti punti neri sulla positiva sottostante, e visibili direttamente. Come potrò in seguito dimostrare con controprove, essi appartengono effettivamente a tre colpi diretti nella regione sottoclavicolare sinistra. Rimandiamo la trattazione singola e particolareggiata di ognuno di essi; per ora limitandoci a considerarli in gruppo onde stabilire se appartengano a periodo immediatamente pre-mortale o meno.
Ho trasportato i tre fori sul mio disegno seguente per meglio osservarli nelle loro entità anatomiche.

Disegno g.
I tre colpi d'arma da fuoco rilevati sulla positiva precedente sono riportati su questo disegno:
A - linea marginosternale;
B - linea parasternale;
C - linea emiclaveare;
D - linea ascellare anteriore.
 
 

Il n. 1 corrisponde al primo spazio intercostale di sinistra tra la marinosternale e la parasternale.
Il n. 2 corrisponde all'arco esterno della quinta costola sinistra tra la emiclaverare e l'ascellare anteriore.
Il n. 3 sul quarto spazio intercostale di sinistra sulla parasternale omolaterale.
Orbene immaginiamo il nudo del disegno precedente vestito, tale che noi possiamo procedere nel ricostruire l'imbibimento dei tessuti in corrispondenza alle tre lesioni toraciche verificatesi; per essere più esatti considereremo il comportamento di esso durante due posizioni differenti del corpo: l'orizzontale e la verticale. Cioè tenteremo di indirizzarci verso quella delle due più probabile all'atto del decesso o immediatamente dopo.
I seguenti disegni sono frutto degli esperimenti diretti su manichino, al quale più volte ho ricorso durante il lavoro:

Esperienza in posizione orizzontale.

Disegno h con trasparente sovrapposto che intende la presenza dei vestiti
Disegno h senza il trasparente, intendendosi il corpo nudo
 
 

Si evidenziano nel disegno due grosse macchie, una circolare corrispondente al foro n. 1 ed una seconda, ad impronta grosso modo di piede umano dovuta alla sommazione dei numeri 2 e 3. Infatti il liquido posto sul punto 1 si è distribuito in due direzioni fondamentali (come vedesi nello schizzo sottostante dopo aver sollevato la velina) di cui la prima A verso la fossa del giugulo e la seconda B verso la fossa sottoclavicolare di sinistra.
Inoltre per i punti 2 e 3 le direzioni risultate sono frutto anche esse di capillarità su piani inclinati.
E' da tenere conto che sotto la camicetta della Petacci ci siano stati altri capi di vestiario, tuttavia questi non pregiudicano in linea di massima le suddette conclusioni, intervenendo solo sul tempo d'assorbimento, dati i diversi strati sovrapposti, ma non sulle considerazioni finali che restano sempre le stesse, ammenoché invece di tessuti non si fosse trattato di elementi impermeabili come strati metallici, cartacei ecc. ma tali ultime osservazioni sono senz'altro da scartarsi.

Esperienza in posizione verticale.
ben diversamente vanno le cose quando dai fori tre in questione dipende il gemizio e il conseguente assorbimento in posizione verticale come dal disegno seguente.
Qui il liquido posto sul manichino sul punto 1 si è diretto lungo il solco intermammillare verso l'ipocondrio di sinistra.
Da parte loro le capillarità dei n. 2 e n. 3 si comportano secondo regole fisico-anatomiche; ne consegue sul sovrapponibile trasparente del disegno una macchia di sommazione unica, globale, con un arco aperto a sinistra.

Disegno i  con sovrapponibile, intendendosi i vestiti
Disegno i corpo nudo
 
 

Teniamo presenti i due casi e passiamo alla foto n. 3. Su di questa il sovrapponibile trasparente mostra una piccola sagoma rossa corrispondente alla zona d'imbibizione ematica sottostante. Inoltre quest'ultima ho riportato ancora sullo schizzo a piè di pagina

Foto n. 3
senza la velina
Foto n. 3 Dettaglio
Sulla velina la sagoma rossa corrisponde alla zona ematica che ci interessa
 
 

A proposito della foto n. 3 qui sopra:
Cronologicamente è una delle prime; è anteriore al mezzogiorno del 29.04.45. La freccia sull'architrave evidenzia un'ombra inclinata a sinistra. Poiché al Mussolini non è stata sfilata la camicia nera con trazione dal basso, la rigidità dei suoi arti superiori non si differenzia da quella della Petacci. Essendo quindi una delle prime foto scattate in quella mattinata, o meglio una delle prime dopo l'appendimento, in Claretta sono visibili ancora, seppure già in via di decolorazione le macchie ematiche immediatamente seguenti all'uccisione.
Esse furono preservate dallo sbiadimento grazie alla giacca del tailleur che le ricopriva fino al momento della sospensione alla pensilina, quando per gravità la giacca si ribaltò dietro la testa. Da allora poté verificarsi più intensa l'azione degli elementi sulla blusa scoperta. Infatti dopo questa positiva, la macchia corrispondente alla sagoma rossa della velina sovrapposta, non sarà più reperibile.

Disegno L.
La medesima macchia rivelata in un disegno in cui il corpo è ruotato di 360 gradi per riportarlo alla normale posizione verticale.
Orbene si osservi come in questo caso la realtà fotografica si identifichi con quella sperimentale di cui trattasi.
 
 

 Tale schizzo dunque lo abbiamo ruotato di 360 gradi per riportarlo alla normale posizione verticale; la sua sagoma in rosso sull'emitorace sinistro sarà uguale a quella costruita sperimentalmente.
Conclusioni: i tre colpi d'arma da fuoco sono immediatamente pre-mortali per le seguenti ragioni:
A)  la macchia in discussione, da essi dipendente, compare soltanto nelle primissime foto dell'appendimento, e tende in seguito totalmente a scomparire; ne ho esposto il motivo.      .
Appresso vedremo invece come i suddetti fori dell'emitorace sinistro manifesteranno insistentemente un gemizio protratto provocando nella nuova positura podo-cefalica un assorbimento assolutamente diverso.
B)  essi sono stati esplosi su un corpo in posizione orizzontale perché non si sono rilevati come nel disegno bensì come in quello il di cui esperimento è stato condotto su un manichino in stazione verticale.
C)  non sono post-mortali (Piazzale Loreto) poiché sarebbero stati diretti su un cadavere e per giunta supino: non sarebbe fuoriuscito sangue.
Dunque la chiazza ematica dovuta ai tre colpi dell'emitorace sinistro si è formata durante il tragitto immediatamente post-mortale Giulino di Mezzegra - Azzano durante il quale il corpo della Petacci fu posto a sedere in auto.
Anzi fu proprio nel passare il cadavere dalla posizione orizzontale assunta con l'esecuzione a quella verticale del caricamento sull'auto che si verificò la famosa "vomica pericardica" sulla quale diffusamente ci intrattenemmo e responsabile della banda ematica longitudinale di cui parlammo.
 
 

 - LE LESIONI INTRATORACICHE PROVOCATE DAI TRE PROIETTILI -

Pur non risultandoci fori d'egresso ai tre d'entrata trattati, noi dobbiamo considerarli come esistenti per vederli anatomo - patologicamente in base alla traiettoria supposta; cioè seguiamo quello che staticamente è il comportamento più comune di lesioni causate da proiettili d'arma da fuoco in un corpo umano.
Considerando inoltre che il fuoco sulla Petacci fu diretto da brevissima distanza, è ancora più probabile un decorso completo d'un proiettile in corpo umano permanendo in esso ancor quasi al completo l'impulso dinamico della deflagrazione nella camera di scoppio non avendo avuto, dato il brevissimo tempo intercorso tra l'uscita del proietto dalla canna e il suo incontro con il bersaglio, una successiva dispersione d'energia. Energia che di conseguenza si è riversata tutta invece nella penetrazione del bersaglio.
Molto probabilmente quindi tutti  e tre i colpi in questione sono sia penetrati che fuoriusciti.
Proiettile n. 1: cute, sottocutaneo, paretecosto - intercostale del 1° spazio dell'emitorace sinistro, biforcazione succlavia di sinistra con la giugulare, 3° posteriore seconda costola muscolo splenio del collo e trapezio del collo ecc.

Disegno m
Sezione anatomica di torace femminile condotta per la sesta vertebra toracica; le tre frecce nere indicano il tragitto dei corrispondenti proiettili.
Leggenda: 1 - sterno, 2 - mammella sinistra, 3 - mammella destra, 4 - polmone sinistro, 5 - polmone destro, 6 - colonna vertebrale, 7 - cuore, 10 - mediastino.
Disegno m1
Probabili localizzazioni dei tre colpi d'arma da fuoco sull'emitorace anteriore di sinistra sia costali che intercostali.
 
 

 Proiettile n. 2: cute, sottocutaneo, parete costo-intercostale, polmone sinistro, terzo posteriore quinta costola di sinistra, muscolo sottoscapolare, scapola sul margine sterna di essa alla unione del II° col III° inferiore, muscolo sottospinoso ecc.

Disegno n
Lesioni oseee provocate dal tragitto d'egresso. Tali lesioni dovrebbero essere riscontrabili attualmente nei resti scheletrici.
 
 

Proiettile n. 3: cute, sottocutaneo mammella sinistra, quarto spazio intercostale, apice ventricolo sinistro cardiaco, mediastino, polmone sinistro come in n. 2, scapola sul terzo inferiore ecc.
Colpi gravi dunque i primi due, ragione di morte immediata il terzo. Quest'ultimo anzi è il responsabile, avendo colpito il cuore in pieno ventricolo sinistro, del meccanismo della vomica pericardica e delle sue conseguenze già lungamente trattate.
Nella prefazione del presente lavoro dissi che avrei discusso sulle eventuali lesioni ossee pur sempre reperibili sullo stato scheletrico attuale della salma. Voglia il lettore tenerle presenti man mano che ci avvieremo alle conclusioni.
Metto in evidenza altri due colpi d'arma da fuoco; l'uno sul 6° spazio intercostale sinistro tra la parasternale e la emiclaveare dello stesso lato; il secondo sul mesogastrio.
Tratterò inizialmente del primo dei due, reperibile d'altronde sulla foto sottostante e controindicato dal n. 4 della velina sovrapposta. In seguito lo proveremo in tutta la sua reale entità.

foto con velina sovrapposta
 
 

 Osservasi dalla positiva un vasto gemizio che si dirige lateralmente; il cadavere qui è in positura perfettamente orizzontale durante l'episodio del lavaggio. Essa è precedente all'appendimento, e per le molteplici ragioni portate per gli altri colpi precedenti è da escludersi di natura post-mortale.
Trattasi di ferita d'arma da fuoco costituita dai seguenti elementi anatomo - patologici nella sua traiettoria estratoracica in quanto sottodiaframmatica, quindi addominale:

Disegno O
 
 

Cute sottocutaneo, cavità peritoneale, attraversamento totale della parte alta dello stomaco e milza, con fuoriuscita dalla parete toraco-addominale sinistra posteriore. Colpo gravissimo anche questo, seppure non sempre ad esito letale.
 Quinto colpo d'arma da fuoco interessante il mesogastrio (regione che nel disegno sottostante è colorata in verde).
Anche questo pre-mortale; e rilevabile sulla foto precedente con il n. 5 della velina sovrapposta.

Disegno p
 
 

E' anch'esso extra-toracico in quanto addominale, e nel suo percorso probabilmente terminato infissandosi sulle ultime vertebre toraciche ha leso l'aorta addominale. Colpo fatale questo, se le lesioni ossee a carico della colonna vertebrale dimostrassero giusta la mia ipotesi sulla sua più verosimile traiettoria.
Ritorneremo su questi due colpi d'arma da fuoco, peraltro importantissimi in seguito, per ora limitiamoci ad averli accennati.
 
 

 - I COLPI DELL'EMITORACE DESTRO -
 
 

Osservando con attenzione la foto sovrastante, la prima figura a sinistra di chi guarda appartiene alla salma della Petacci.
Particolare di sommo interesse: posteriormente, sull'emitorace di destra, si rilevano quattro fori d'uscita di altrettanti fori d'ingresso sull'emitorace anteriore dello stesso lato; per maggior chiarezza il presente disegno, mette, ingrandendola, la parte in maggior rilievo.

Disegno q
 
 

 Si tratta appunto dei fori d'uscita di quattro colpi d'arma da fuoco; dico d'uscita e non d'entrata, perché tutti i colpi esplosi contro la Petacci sono stati antero-posteriori: ne tratterò le ragioni a parte, minutamente.
Un caso analogo a quello che ci accingiamo a trattare lo possiamo  osservare nella positiva n. 3  sull'ultimo cadavere, a destra di chi guarda.
Infatti sull'emitorace anteriore di sinistra appaiono tre fori in fila l'uno sopra l'altro con scolo sanguigno confluente da tutti.
Anche essi sono d'uscita poiché il giustiziato cui appartengono subì raffiche d'armi automatiche alle spalle (esecuzione di Dongo durante la quale il volto dei fucilandi era rivolto verso il lago di Como e  le spalle verso il palazzo comunale del paese).
Ritorniamo ora al nostro ultimo disegno ed immaginiamo di sistemare sull'emitorace anteriore omolaterale i fori d'entrata corrispondenti ai quattro in questione, che sono d'uscita, così come io ho tratteggiato le triettorie n. 1, 2, 3, 4.
Ne risulterà anteriormente, come dal disegno seguente, una serie di colpi, interessanti l'emitorace destro, dei quali il n. 1 cioè l'inferiore, è sottomammillare.

Disegno r.
Ecco riportati sull'emitorace anteriore destro i quattro colpi rilevati sull'emitorace posteriore dello stesso lato.
Foto n. 15 - La macchia di sangue da essi dipendente è lunga 18 cm. circa e larga 4 cm. Confronta anche la positiva n. 14
 
 

Orbene dalle foto n. 14 e 15 una grossa macchia ematica in relazione ad essi ci appare evidente; è in corrispondenza della parasternale destra, lunga circa diciotto centimetri e larga quattro o cinque sulla camicetta bianca.
Ma le positive 14 e 15 rivelano il cadavere in positura orizzontale, quindi antecedente a quella dell'appiccamento. Allora:
a)  non debbonsi imputare a colpi su cadavere, poiché proprio in tale posizione orizzontale non si verifica perdita di sangue verso l'esterno (abbiamo già visto questo caso).
b)  doversi bensì aggiudicare le lesioni in parola a periodo pre-mortale anche se a valle di esse, esternamente, non risulti alcuna banda d'assorbimento, non essendo stato colpito alcun organo anatomicamente così costituito da far realizzare un altro fenomeno di brusca emissione ematica  come nella "vomica pericardica".
 
 

 ALTERAZIONI ANATOPATOLOMOGICHE PROVOCATE DAI COLPI SULLA PARASTERNALE DESTRA.
Disegno s
 
 

Proiettile n. 1: cute, sottocutaneo, giunzione sterno-costale della settima costa, margine anteriore del fegato, fegato in tutto il asse antero-posteriore, fuoriuscita lungo la paravertebrale destra all'altezza della sesta costa circa. Tale colpo è sub-diaframmatico quindi addominale.
Proiettile n. 2: 5° spazio intercostale destro.
Proiettile n. 3: 3° spazio intercostale destro.
Proiettile n. 4: arco anteriore terza costola di destra.
Tutti appartengono alla regione emitoracica destra e sono sopra mammillari.
Concordemente hanno leso il polmone destro attraversandolo a diverse altezze, fuoriuscendo la paravertebrale posteriore destra. Tutti sono gravissimi; specie il primo.
 
 

 - IL COLPO POSTMORTALE DEL FIANCO DESTRO -
Disegno t
 
 

Il presente disegno mette in evidenza sul fianco destro del cadavere della Petacci riscontrabile nelle foto n. 3, 11, 12 una macchia ematica; questa si verificò durante la stazione podocefalica dell'appendimento e non prima (vedi fig. 14)

Discussione:

Ammettiamo che il colpo al fianco sia stato esploso "in vivo": in tal caso dovremmo porlo appena sotto la cintura della gonna non riscontrandosi al di sopra di questa (foto n. 4) alcuna traccia sanguigna. Ho riportato tale ipotetico colpo sul disegno presente.

Disegno u
 
 

Se così fosse anche la blusa bianca, per quella porzione sottoposta alla sottana, e corrispondente al foro d'arma da fuoco in questione dovrebbe essere macchiata. Infatti proviamo a sfilare la camicetta dalla gonna che la cinge, respingendola in alto di circa 10 o 15 cm ed apparirà il foro con un alone rosso maculato sottostante a quello della sottana e che prima non era visibile.

Disegno v
Se il colpo fosse premortale, ritenendo che la Petacci sia morta con gli indumenti in ordine, lo rileveremo anche sulla camicetta sottostante sfilandola verso l'alto dalla gonna. In realtà invece su quest'ultimo indumento niente si rivela in quella zona corrispondente al fianco destro. Le spiegazioni sono due: o il colpo è stato sparato durante l'esposizione orizzontale del cadavere su piazzale Loreto, e in tal tal caso sarebbe postmortale come credo, o durante l'esecuzione; durante tale seconda evenienza la donna avrebbe dovuto di già avere gli indumenti in disordine. Disperato tentativo di sottrarsi ai giustizieri?
 
 

Ebbene torniamo alla positiva n. 14 e osserviamo il fianco destro che d'altronde è in primo piano della salma che ci interessa.
Dal margine della sottana fuoriesce la camicetta in uno sbuffo abbondante (è il caso del disegno precedente, soltanto che nella foto è candido). Dobbiamo escludere che esso fosse in tali condizioni immediatamente prima dell'esecuzione e del decesso, ammenochè in caso contrario non sia da ritenere che la Petacci subisse violenze o lottasse disperatamente.
Resta allora da considerare come, il cadavere avendo subito manomissioni continue, tra cui il caricamento e scaricamento da un autocarro, facilmente gli indumenti siano andati fuori posto. Il lettore ricorderà che facemmo lo stesso ragionamento quando trattammo, sulla stessa foto, la macchia di sangue visibile sotto l'ascella destra.
Quindi se il colpo fosse stato premortale, la risalita del bianco capo di vestiario avrebbe reso visibili tracce incontrastabili.
Conclusioni: colpo quasi sicuramente post-mortale, avvenuto in positura orizzontale del cadavere; solo con l'appendimento si manifesterà visibilmente.
 
 

- QUANTI ALTRI SONO STATI I COLPI POSTMORTALI ? -

Potrebbero essercene degli altri; l'ultimo trattato è però l'unico ad evidenziarsi.
Basta dare un'occhiata al reperto necroscopico del Mussolini per ravvisarne circa una decina.
Poniamo il caso che i colpi d'arma da fuoco siano stati esplosi contro la Petacci; dovremmo fare due osservazioni:
Quale certezza abbiamo che il cadavere di costei, posto in sopraelevazione sulla pensilina sia stato colpito? Effetti diretti sarebbe stato impossibile vederne data la lontananza del bersaglio, inoltre essendo stati esplosi contro un cadavere, questo li avrebbe incassati mutamente; i loro effetti lesivi sarebbero stati quindi senza risposta di nessun genere.
Non ci rimarrebbe altro che collocarli tra quelli già considerati; ebbene si sommerebbero in un bersaglio ristretto: quello toracico, proprio quello ripetutamente colpito in precedenza e mortalmente. La loro esistenza qualora vi fosse non modificherebbe di molto le conseguenze già fatali di quelli premortali.
Ad ogni modo non rilevandoli dobbiamo escluderli anche perché non ci risulta alcuna testimonianza con certezza di colpi "di folla" diretti contro il cadavere in questione.
Ricordo ancora che stillicidii ematici da lesioni postmortali, sul cadavere siano difficili a verificarsi, come al contrario lo sono quelli dovuti a lesioni immediatamente premortali.
 
 

 

- RISULTANZE FINALI -
 
 

Abbiamo fin qui analizzato con la parte sistematica le lesioni considerate singolarmente sul cadavere Petacci.
Procediamo ora alla risultanza finale, quasi controprova a quanto abbiamo detto in precedenza.
Esaminiamo la positiva n. 11 tenendo presente che è "l'ultima cronologicamente parlando, della serie"

Foto n. 11
E' cronologicamente l'ultima; la estrema inclinazione a destra delle ombre dei longheroni contrassegnate dalle frecce rosse ce la fa ritenere scattata alle 13.45 cioè ben due ore e un quarto dopo l'appendimento dei cadaveri alla pensilina. In questo frattempo grazie agli agenti atmosferici sono scomparsi tutti quegli elementi collaterali non ulteriormente sostenuti e alimentati da cause dirette.
Disegno z
In questo disegno si compendia e si conclude l'intero presente lavoro. Si tratta dunque di nove colpi d'arma da fuoco di cui sei toracici e tre sub-diaframmatici. A questi si deve aggiungere quello sottascellare che è il decimo. I suddetti sono stati esplosi durante l'esecuzione. Quelli appartenenti a periodi post-mortali, sono qui esclusi.
 
 

Ora si può comprendere finalmente in tutta la sua utilità lo studio delle ombre proiettate dai longheroni della famosa pensilina sull'architrave sottostante.
Tale foto si può dire essere la più importante, appunto perché essendo scattata alle tredici e quarantacinque, mentre la prima della medesima serie è delle undici e trenta, non rivela più elementi deviazionistici, quali macchie eterogenee, sangue, fango, ecc. che appartengono a cause permaste attive fino all'ultimo momento.
Cercherò di rendere più chiara la cosa, data la sua basilare importanza.
Osservando le prime positive, dal punto di vista cronologico, e paragonandole con l'ultima (la n. 11) ci risulta evidente una evoluzione continua di vari fenomeni visivi che si modificano continuamente.
Tante macchie di varia natura, evidenti nelle prime man mano scompaiono nelle seguenti. Questo perché la esposizione alla luce, al sole, al vento, favorirono in diverse ore la essiccazione di sostanze diverse rapprese sugli indumenti del cadavere e portate in soluzione dall'acqua degli idranti.
Giungiamo appunto così alla n. 11, cioè alla foto in cui tali elementi sono scomparsi o attenuati; invece in essa ne sono evidenti degli altri sui quali il tempo, l'evaporazione, l'acqua, ecc. non hanno definitivamente influito. Per quale ragione?
I primi erano elementi indiretti, "funzionali", ovvero causati o a distanza o addirittura non derivati in via immediata dalla causa (ad esempio la famosa banda longitudinale sul fianco sinistro dovuta a tre fori sull'emitorace sinistro come vedemmo nella foto 11bis ed in seguito non più reperibile) mentre i secondi sono diretti cioè direttamente dipendenti dalla causa, anzi direi addirittura: sovrapponibili, e sempre.
Di conseguenza la foto n. 11 non presentando la possibilità di incorrere in errori collaterali perché scomparsi in precedenza, è la meno equivocabile, diremmo quasi la più pura, la meno confusionaria, la più chiara ed in un certo senso la più facile ad interpretarsi.
Orbene, allora, arriviamo ad essa per un'altra via; per costruzione come intendesi nel ragionamento geometrico.
Consideriamo tutte le lesioni d'arma da fuoco del cadavere Petacci e seguiamo idealmente secondo le leggi fisiche della capillarità la direzione degli scoli sanguigni da esse dipendenti:

Disegno A A
 
 

 A questo punto al nudo del disegno precedente sovrapponiamo l'indumento, e le macchie da essi dipendenti assumeremo, per quelle ragioni che più volte indietro ho esposto minuziosamente.
La risultante sarà la seguente:

Disegno B B
 
 

A questo punto non occorre altro che paragonare il presente schizzo al cadavere della positiva n. 11. E' evidentissima la loro somiglianza, l'indiscutibile autenticità.
La controprova è riuscita in tal modo per deduzione favorevolmente identificandosi con la realtà.
 
 

- PERCHE' I COLPI FURONO DIRETTI ANTEROPOSTERIORMENTE -

Si tenga presente che balisticamente parlando oltre ad una azione di rinculo, ogni arma da fuoco all'atto
dello sparo tende a spostare in alto, specie un revolver che manca al contrario d'un fucile di un secondo punto d'applicazione alla spalla del tiratore; un altro caso: quello di un mitra, o pistola mitragliatrice che invece della raffica spari il colpo singolo. Per quanto tali armi siano munite di calcio, anche se temporaneo perché meccanicamente riducibile, non usasi quasi mai appoggiare questo alla spalla appunto perché non essendo considerata arma di precisione, si ricorre ad esso per bersagli ravvicinati. Comunemente perciò imbracciasi semplicemente sostenendo o appoggiando il calcio sotto l'ascella destra.
A maggior ragione non potendosi stabilire una linea retta che è quella di mira ne risulta istintivamente una inclinazione verso l'alto dovuta alla mano sinistra. Terzo caso: quello di un tiratore che miri ad un bersaglio stando in ginocchio, o su un piano più basso. In breve nella assoluta maggioranza dei casi, in pratica la traiettoria d'un colpo d'arma da fuoco tende dal basso all'alto, e più il bersaglio è lontano, più quanto sopra si verifica.
Può manifestarsi il caso opposto: cioè dall'alto in basso; di solito ciò avviene nei bersagli vicinissimi o addirittura accostati alla canna (colpo alla nuca, alcune forme di suicidio).
 
 

- RICOSTRUZIONE DELL'ESECUZIONE -

Da quanto su esposto devesi dedurre che i giustizieri siano stati due o più, ad ogni caso molto difficilmente uno solo. Inoltre che abbiano sparato contemporaneamente. Perché?
Perché il colpo del giustiziere B non sarebbe giustificato in un secondo tempo dopo il fuoco oltremodo lesivo di A; quest'ultimo ha inferto molti colpi e tutti mortali nella loro assoluta maggioranza; sarebbe stato inutile quindi l'ulteriore intervento di un altro.
Altro caso:
Immaginiamo trattarsi del solo A che prima ha mirato ripetutamente al petto; dovremmo ritenere che la Petacci si sia girata sul fianco sinistro cadendo, mentre il fuoco di A continuava.
Tuttavia anche questo è da scartarsi perché la posizione del bersaglio, essendo divenuta orizzontale, non avrebbe permesso al proiettile un totale attraversamento del torace in senso trasversale, ma nella migliore delle ipotesi sarebbe fuoriuscito all'incirca dalla spalla sinistra e mai dalla regione sottoascellare dello stesso lato.
Conclusione:
Il colpo laterale di B e la maggior parte dei colpi di A sono stati diretti sul bersaglio mentre questo era in posizione verticale con faccia rivolta ad A.
Procediamo:
L'arma di A comincia il fuoco insieme a quella di B posto nei riguardi del primo a 90 gradi sulla sua destra. Possiamo così passare ai colpi d'arma da fuoco diretti al torace anteriore secondo la loro successione cronologica.
I primi colpi sparati sono quelli dell'emitorace destro e che sono esattamente quattro, posti l'uno sopra l'altro e vicini tra di loro mentre quelli dell'emitorace sinistro non rispecchiano tale conseguenza lineare.
Discussione:
A)  non possono essere colpi di grazia perché sarebbero stati diretti più verso l'emitorace sinistro in quanto zona più vitale perché cardiaca.
B)  per le ragioni di cui sopra non sarebbero fuoriusciti dal dorso ma dalla regione sopraclavicolare destra.
C)  per l'incidenza tangenziale sul bersaglio orizzontale sarebbero stati molto più distaccati tra loro tanto da porre il quarto non più compreso nel bersaglio ma fuori di esso.
Perciò quanto segue ci fa concludere:
1)  trattarsi di arma automatica dotata di fuoco a raffica (mitra) con frequenza di colpi molto alta.
2)  che tale raffica fu sparata su bersaglio verticale e dall'alto in basso e non a ventaglio secondo le considerazioni balistiche che abbiamo dinanzi citato.
3)  che il bersaglio era perfettamente fermo altrimenti la successione dei colpi non sarebbe verificatasi verticalmente, ma un suo eventuale movimento avrebbe fatto si che durante il suo spostamento, e in tal caso sarebbe stato di lateralità, che la risultante dei quattro colpi non fosse più verticale bensì obliqua.
4)  che il tiratore A fosse vicino e sicuro di far centro, altrimenti avrebbe sparato non dal basso in alto, ma da destra a sinistra (probabilità maggiore di centramento trattandosi di raffica).
5)  che i quattro colpi in discussione non abbiano causato la morte immediata della Petacci, ma che questa desse ancora segni di vita.
Questo può meravigliarci tanto da sembrarci impossibile.
A conforto del contrario allego una foto riportata dal settimanale "Epoca" in data 08.04.56.
Si tratta di un Fellagha algerino colpito in combattimento al petto con arma da fuoco da paracadutisti francesi. Ebbene pur essendo il colpo mortale, il decesso non è intervenuto immediatamente, tutt'altro!

 
 

Infatti l'algerino già raccolto sul campo diverso tempo dopo l'essere stato colpito, con una perfetta lucidità da sbalordire risponde per filo e per segno ad un interrogatorio rivoltogli, e per giunta nella stessa foto riportato.
L'occhio del ferito è ancora vivace e la sua personalità cosciente. Orbene considerata la lunghezza dell'interrogatorio e le gravi condizioni dell'algerino, esso si sarà protratto per una ventina di minuti; poi è sopravvenuta la morte.
Orbene il colpo, che d'altronde è ben visibile è quasi identico per localizzazione anatomica al più basso della serie di quattro dell'emitorace destro della Petacci.
Giustamente mi si farà notare che in questo secondo caso si tratta di quattro colpi e non di uno. Tuttavia è da tener presente che anche gli altri appartengono all'emitorace di destra; zona vitale si perché polmonare ma non come quella di sinistra che oltre ad essere polmonare è anche cardiaca.
Nel caso Petacci le lesioni erano certamente più gravi; possiamo ammettere la perdita di coscienza istantanea e completa, inoltre una agonia quattro volte più breve, ma stando così le cose non possiamo escludere qualche segno di vita ancora nel corpo della donna anche se del tutto incoscio perché agonico.
E' il caso del classico e umanitario colpo di grazia nei fucilati, che non avrebbe ragione d'essere se non si fosse verificato più volte in loro, pur ripetutamente colpiti da un intero plotone d'esecuzione, qualche manifestazione vitale, tutta propria di tali momenti terminali.
Se non fosse così non ci spiegheremmo l'esistenza degli altri quattro colpi sullo emitorace sinistro e quanto sul mesogastrio.
Non è ammissibile che siano stati esplosi prima di quelli di destra per le seguenti ragioni.
a)  non rilevano una conoscenza lineare da raffica; sono sfusi e disparati; quindi appartenenti ad arma da fuoco a colpo singolo(pistola).
b)  non possono essere contemporanei alla raffica di mitra perché il bersaglio sarebbe stato troppo piccolo per realizzare ciò, e avrebbe obbligato i due tiratori ad essere a fianco a fianco.
c)  la raffica di mira si realizza in frazione di secondi, cioè è brevissima, dopo il che il soggetto colpito crolla a terra "chockato", diremmo fulminato. Al contrario cinque colpi di pistola non possono essere sparati nella stessa unità di tempo, bensì certamente maggiore. Essi incontrerebbero il bersaglio in movimento per la caduta, dovuta al fuoco automatico già compiutosi in immediata precedenza.

E' da ritenersi quindi che i colpi sull'emitorace sinistro appartengono ad altrettanti colpi di grazia:
1)  trattasi appunto di pistola: arma classica da colpo di grazia, e che permette, avvicinandosi al bersaglio di centrarlo con più certezza in parti vitali (in tali casi un'arma più lunga sarebbe molto meno pratica).
2)  trattandosi di emitorace sinistro la parte è ancora più vitale della destra.
Si potrebbe obbiettare che il colpo di grazia è da dirigersi più verso il capo che verso altri organi. L'assenza di colpi d'arma da fuoco al cranio (in base a quanto ci racconta il giornalista americano dello Stars and Stripes e da noi addietro menzionato) può essere vista da due versioni:
a)  il bersaglio è più difficile da centrare perché più piccolo del torace.
b)  non si può escludere che trattandosi di cranio, quindi a pareti tutt'altro che piane, il proiettile rimbalzi costituendo pericolo ai viventi vicini, specie in luoghi d'esecuzione molto ristretti come in questo caso (piccola strada).
c)  sensazione istintivamente spiacevole nello sparare al capo anche se di persona morta, se non altro perché parte "nuda"; i prevedibili effetti lesivi e deturpanti infatti provocano "a priori" raccapriccio.
d)  la precedente ragione può trovar maggior fondatezza trattandosi (componente psicologica) di alterare le fattezze di una donna, e per giunta di una bella donna.
Conclusioni:
Due persone presumibilmente hanno sparato contemporaneamente sulla Petacci.
Una al petto con arma automatica, la seconda al lato destro con una pistola. In un secondo tempo, data la vitalità del soggetto (non si dimentichi che la giustiziata era una donna ancora giovane  e ben portante) altri colpi forse a carattere di grazia sono stati indirizzati verso il cuore.
Tali conclusioni ci portano alla seguente riflessione:
-  per quanto ferita gravemente in un primo tempo mediante raffica di mitra, la Petacci non è caduta assumendo una posizione di pronazione (faccia a terra) poiché in tal caso si dovrebbe pensare che gli ultimi cinque colpi avrebbero dovuto essere esplosi sul dorso; invece l'analisi di essi ci induce a indirizzarci più per un tragitto antero-posteriore.
 
 

- GLI OMERI NON RIVELANO FATTURE -

A proposito del colpo sottoascellare, sia il foro d'entrata come quello di uscita, appartengono all'ascellare media; a tale linea ideale toracica corrispondono esattamente le proiezioni dei due omeri nella posizione d'attenti.
Orbene da tutte le foto dell'appendimento le braccia del cadavere in questione, appunto perché tendenti all'avanti e di conseguenza ben visibili, si rivelano lineari, normali; in caso di eventuali fratture si sarebbe chiarissimamente evidenziato un loro atteggiamento anomalo.
Ci si domanda: come mai dal proiettile che attraversando "in toto" e lateralmente il torace della donna non sono stati lesi?
Se all'atto dell'esecuzione le braccia fossero state lungo i fianchi ci sarebbe stata una grande probabilità per il proiettile di fratturare tutti e due o almeno uno di essi.
La spiegazione più logica è quella che non tenesse le braccia lungo i fianchi.
Deduzioni possibili:
A)  all'atto dell'esecuzione la Petacci aveva le braccia in alto.
B)  teneva le braccia in avanti o oblique in avanti (da scartarsi).
C)  teneva le braccia dietro la schiena, probabilmente legate.
D)  è certo che non tenesse le braccia ai fianchi.
Considerazioni:
Difficilissimo il primo caso; le condizioni psichiche della Petacci in quel momento erano evidentemente in preda a tale viva agitazione che non avrebbero tollerato un simile atteggiamento.
Resta verosimile il penultimo caso perché:
a)  abbiamo dovuto escludere il primo, il secondo e il quarto.
b)  perché i giustizieri furono costretti, contrastando la donna decisamente la loro azione, a renderla ferma e inoffensiva.
 
 

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- INDICE DEI CAPITOLI -

Prefazione
Parte generale. Cronologia fotografica.......................................................
I fenomeni di capillarità e l'anatomia femminile........................................
La Medicina Legale nei riguardi del presente Lavoro................................
Quante posizioni ha assunto il cadavere.....................................................
Gli indumenti e gli agenti atmosferici........................................................
L'emopericardio..........................................................................................
Dei colpi mortali e postmortali...................................................................
Parte sistematica. I° colpo sulle ascellari medie.........................................
I colpi della sezione toracica sinistra..........................................................
Le lesioni intratoraciche..............................................................................
I colpi dell'emitorace destro.......................................................................
Il colpo postmortale del fianco destro.........................................................
I colpi postmortali.......................................................................................
Risultanze finali..........................................................................................
Perché furono diretti anteroposteriormente................................................
L'esecuzione...............................................................................................
Gli omeri non rivelano fratture...................................................................