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Valerio Sgalambro, nato a Francofonte i129.3.1961 residente in Via Degli Orti Oricellari, 26 -50123 Firenze.
Tel. 055.291199 e-mail valerio.sgalambro@poste.it


Esperienze formative
Conseguita Laurea in Pedagogia presso l'Università degli Studi di Firenze con una valutazione complessiva di 108/110 discutendo una tesi dal titolo: "La dimensione neuropsicologica e spirituale del colore".
Completato Training di Formazione in Psicosomatologia ex-spressionale della durata complessiva di quattro anni più un anno introduttivo di sensibilizzazione alla formazione.
Diplomato in Musicoterapia presso il CETOM Centro Toscano di Musicoterapia di Firenze.
Frequentato il Training formativo di introduzione alla scienza di guarigione riconosciuto dal Sistema Sanitario degli Stati Uniti presso la "Barbara Brennan School of Healing in San Francisco California.
Conseguita attestazione alla frequenza di vari corsi riguardanti l'area della Corporeità quali: Anatomia Esperienziale, Tecnica Metamorfica, Osteopatia Craniale, Integrazione Funzionale, Eutonia, Pedagogia Curativa, Medicina Andina, Euritmia, Pittura ed Arte Espressiva, Globalità dei Linguaggi, Shiatsu.

Esperienze Professionali
Dal 29.3.96 al 20.9.96, ha svolto un periodo di Tirocinio professionale, presso il Servizio di Tutela e Salute Mentale dell'U.S.L. n. 8 di Siracusa, all'interno dell'U.O. Neuropsichiatria Infantile con un progetto riguardante la riabilitazione dei bambini autistici in acqua.
Dal 7.7.95 al 20.3.96 e dal 20.10.96 al 1.7.98, ha collaborato con il Centro Studi L.A.M.P.F. (Laboratorio Medico Psicologico Fiorentino), con l'incarico di Pedagogista Professionale, in un progetto sperimentale di "terapia combinata corpo-mente" occupandosi, in equipe con Psicologi e Neuropsichiatri del recupero di soggetti recanti danni emozionali ed alla rieducazione delle abitudini alimentare in soggetti bulimici e anoressici.

Presidente dell'A.N.P.E (Associazione Nazionale dei Pedagogisti Italiani) della Regione Toscana, con nomina elettiva del 29.3.98 dell'Assemblea Regionale dei
Soci tenutasi a Firenze presso la sede del Consiglio del Quartiere 5 - Villa Fabbricotti, per quattro anni consecutivi.
Responsabile della Direzione e della Programmazione del Cielo di Conferenze pubbliche mensili per gli anni 1999-2000-2001 organizzato in collaborazione con il Comune di Firenze - Assessorato alla Pubblica Istruzione ed Assessorato alla Cultura dal titolo: "Incontri Pedagogici", tal evento, ha coinvolto più di cinquanta Relatori e professionisti del settore.

Direttore Responsabile del progetto di prevenzione e intervento allo stress e al burn out effettuato con un gruppo pilota di 26 infermieri dell'Azienda Sanitaria 10 di Firenze presso il Salone Martino V dell'Ospedale S. Maria Nuova di Firenze.
Direttore Responsabile del corso d'aggiornamento, per lo sviluppo dell'area espressivo-relazionale dei responsabili A.V.O. (Associazione Volontari Ospedalieri) per la Sezione di Firenze in data 03.03.1999.
Membro della Consulta Nazionale dei Pedagogisti Liberi Professionisti della FIPED (Federazione Nazionale Pedagogisti) giusta nomina del Consiglio Direttivo Nazionale n. 97-A2.
Direttore del progetto formativo area tematica n 8 "Il corpo e il suo linguaggio" e Docente dello stesso corso di formazione, per il personale educativo del Comune di Roma, a seguito assegnazione con regolare gara d'appalto giusta Delibera Consigliare n.3363 del 22.09.98.
Responsabile e docente del Master triennale per Armonizzatori Familiari riconosciuto dalla SIAF (Società Italiana Armonizzatori Familiari).
Convenzionato con l'Università agli Studi di Firenze come Tutor per gli studenti al corso di laurea in Scienza dell'Educazione con delibera Rettorale n. 92/99 del 08.03.1999
Direttore Didattico del Master triennale in "Pedagogia Olistica" rivolto a Laureati in Pedagogia e Scienza dell'Educazione.
Presidente dell'istituto I.B.A. di Firenze, Ente abilitato dall'Università agli studi di Padova, ad ospitare psicologi per il loro tirocinio professionale post-lauream.
Dal 24 aprile ad oggi titolare dello STUDIO PEDAGOGICO I.B.A. di Valerio Sgalambro libero professionista con partita IVA 04882650486.

Esperienze didattiche
Nell'anno accademico 1996 ha svolto attività di docenza con l'incarico di cultore della materia presso la Cattedra di Pedagogia Generale dell'Università degli Studi di Firenze con il Prof Antonio Sbisà ed espletando infine, in collaborazione con lo stesso Docente i rispettivi lavori della Commissione d'esame.
Ha svolto attività di Docenza, per conto dell'U.O. Educazione alla Salute dell'A.S.L. n. 8 di Siracusa all'interno del Progetto D.E.S.A. rivolto agli insegnati della scuola elementare e materna del secondo circolo didattico nell'aprile 1996.
Direttore Responsabile e Docente del progetto d'aggiornamento quadriennale, con inizio dicembre 1996 per le educatrici degli asili nido del Comune dì Siracusa riguardante l'area della corporeità e dei linguaggi non verbali.

Docente al corso di formazione"Assistenza infermieristica in oncologia"
organizzato dall'U.O. Formazione Permanente del Personale dell'ASL n 8 di Siracusa nelle date: 05,12,19,26, ottobre e 09 novembre 1997. La docenza giusta nomina del Direttore Generale dell'Azienda, riguarda in particolare, gli aspetti psicologici, la qualità della vita, le terapie di supporto e di riabilitazione dei soggetti affetti da malattia terminale, soffermandosi in particolare sugli aspetti antalgici del trattamento oncologico.

Direttore Responsabile e Docente del progetto d'aggiornamento dal titolo "Dal contatto alla relazione", autorizzato ai fini della Circolare Ministeriale n. 309 del 2.7.96, Direttiva n. 305 del 1.7.96 del Provveditorato agli Studi di Firenze per due anni consecutivi. Tale progetto è stato realizzato in parecchi circoli didattici del Comune di Firenze.
Docente di "Problem Solving" nell'anno 1997 al Master di "Pedagogia Relazionale", legalmente riconosciuto dalla Regione Toscana, con un programma di studio sul modello A.T.I. (Interazione - Trattamento - Attitudini) nella prospettiva attualmente dominante dell'Information Processing.
Relatore al 3° Congresso Scientifico Nazionale "Etica e Qualità dei Processi Formativi - Prospettive Italiane ed Europee" organizzato dall'ANPE nella sede dell'Università di Bari Aula Magna il 19-20 novembre 1999. L'intervento, nello specifico, riguardava l'Etica e la Qualità nella Formazione Socio-Sanitaria.
Relatore e Responsabile dell'area educativa del convegno nazionale "Costruiamo il futuro per una nuova coscienza planetaria" organizzato dall'Associazione Nuovo Mondo con il patrocinio della Regione Veneto in data 11.12.13 maggio 2001.
Relatore al convegno "Dedalo" progetto interdisciplinare organizzato dalla sede regionale Toscana della SIPO (Società Italiana di Psico Oncologia) in data 06 giugno 2001, con un intervento che riguardava "Il supporto alle Famiglie dei Malati terminali".
Relatore al convegno IMC dal titolo "Chi ha rubato il futuro" Il disagio giovanile nella società postindustriale, organizzato con il patrocinio della Regione Toscana e del Dipartimento di Pediatria dell'Università di Firenze, in data 09 novembre 2001, presso la sede della sala conferenze della Regione Toscana.
Relatore e conduttore del Workshop "La Via della Bellezza una Medicina per l'Anima" al Convegno Nazionale "Medicine e Guarigioni" organizzato dall'Associazione Viriditas in data 1-2 dicembre 2001 con l'alto patrocinio della Regione Toscana.
Relatore alla V Biennale Internazionale sulla Didattica Universitaria organizzata dall'Università agli Studi di Padova 1.2.3. dicembre 2004 "Quale cultura e competenza per la formazione dell'insegnante oggi" Sessione parallela: la Formazione dei Docenti in Ambito Sanitario.
Pubblicazioni
Nel 1999 viene pubblicato il libro "Piccole Fiabe per Grandi Bambini" da Coppini Editori - Firenze.
Si tratta di tre racconti apologhi che si inseriscono del filone letterario del racconto fiabesco e fantastico. Il linguaggio metaforico utilizzato diventa quel filo conduttore delle vicende e dei messaggi educativi della Pedagogia del terzo millennio.

Nel bimestre Febbraio/Marzo 2004, sulla rivista nazionale di medicina e conoscenza olistica "Armonia & Salute Naturale" viene pubblicato un articolo dal titolo "La Coppia Maltrattata" per la sezione PEDAGOGIA.

Nel bimestre Maggio/Giugno 2004, sulla rivista nazionale di medicina e conoscenza olistica "Armonia & Salute Naturale" viene pubblicato un articolo dal titolo "Responsabilità o Rassegnazione" per la sezione PEDAGOGIA.
Nel bimestre Settembre/Ottobre 2004, sulla rivista nazionale di medicina e conoscenza olistica "Armonia & Salute Naturale" viene pubblicato un articolo dal titolo "La radice dell'Autotradimento" per la sezione PEDAGOGIA.

Nel sito www.piuchepuoi.it/iba e nel settimanele Toscano di annunci economici" la locandina" sono stati pubblicati i seguenti articoli: La dipendenza Affettiva; Il tradimento è un maltrattamento; La via dell'Amore; Il tradimento della psicoterapia; La radice dell'autotradimento; Il senso dell'inquietudine; La giungla terapeutica; Lettera di addio alla scuola; La via della bellazza; La Schiavitù della Dagnosi:

 

Responsabilità o Rassegnazione

Il tempo passa per tutti, ma non tutti lo viviamo allo stesso modo, ciascuno di noi è chiamato ad assumersi la propria responsabilità su come trascorrerlo; in ogni momento della nostra vita effettuiamo delle scelte che disegnano la nostra realtà. La capacità di effettuare qualsiasi scelta dipende molto dalle nostre risorse personali, quando non abbiamo accesso alle nostre risorse più profonde tendiamo ad assumere atteggiamenti di rassegnazione e di biasimo.
Questi atteggiamenti riflettono una visione delle cose secondo cui la vita è in qualche modo al di fuori del nostro controllo o della nostra portata. I problemi personali assumono una dimensione pietrificata, sproporzionata rispetto la capacità delle nostre energie e il compito di superarli sembra impossibile.
In questa visione la tendenza naturale a proiettare la responsabilità su altre persone o sul mondo in generale diventa inevitabile: "Se non riesco ad ottenere ciò che voglio non è colpa mia, non ha nulla a che vedere con me; è dovuto a circostanze esterne".
Guardando all'esterno piuttosto che all'interno, non riusciremo mai a trovare la causa dei problemi e inevitabilmente ci precludiamo la possibilità di poterli accettare per poi affrontarli.
La rassegnazione porta con se un elemento d'autocondanna e induce ad un punto morto - "non c'è niente che io possa fare".
Nell'accettazione invece c'è un principio di consapevolezza dello stato di fatto delle cose, senza reprimere, rifiutare o non condannare niente, è come se lasciassimo aperta la porta al cambiamento, alla trasformazione.
In altre parole, la rassegnazione non ha un'apertura finale, mentre l'accettazione è aperta, ed è in quest'apertura che il cambiamento può realmente accadere: questo è il nucleo del potenziale di crescita e d'espansione.
Nell'etimologia del termine "Respons-abile" s'intravede la capacità a rispondere, tale capacità implica la libertà da parte di una persona di decidere quale sia la sua risposta in una data situazione piuttosto che reagire. La reazione invece è determinata da automatismi di modelli comportamentali abituali generalmente di natura difensiva, aggressiva o apologetica che limitano la capacità di risposta.
Tali modelli generalmente sono acquisiti da esperienze traumatiche passate e c'inducono a reazioni emotive incontrollate e scontate.
Questo processo meccanico, permette all'esterno l'attivazione di un tasto nella rete dei nostri automatismi che attivava in noi determinati meccanismi comportamentali, di cui non siamo pienamente responsabili.
Quando si diventa responsabili, si sperimenta il potere di comportarsi in modo flessibile e consapevole, evitiamo di scaricare la responsabilità sulle situazioni esterne che assumono sempre meno potere e riportiamo a noi, la nostra capacità di scegliere nella libertà.
L'apertura di questo nuovo spazio amplia la capacità di rispondere facendoci acquisire ulteriore potere che rafforza la nostra respons-abilità.
Liberandoci sempre più dalla morsa del passato, diventiamo padroni di noi stessi e responsabili della capacità di creare la nostra realtà


IL TRADIMENTO E' UN MALTRATTAMENTO

Prima di parlare di tradimento, sarebbe interessante chiedersi cosa si tradisce, e, soprattutto, in che modo si può tradire. Tendenzialmente molti di noi sono propensi a credere che l'oggetto del tradimento sia la fiducia: il "Tu mi hai tradito" significa, in un certo senso, "Tu hai tradito la mia fiducia", ma come può l'altro tradire un qualcosa che non gli appartiene? La fiducia è, infatti, una cosa intimamente e fortemente nostra e nessuno può appropriarsene, violarla o modificarla: semmai, l'altro può farci perdere la fiducia che noi avevamo riposto nei suoi confronti, che è una cosa ben diversa.
Il fatto che noi non perdiamo niente di nostro, che non possiamo perdere la nostra fiducia, ma solo la disposizione a fidarci dell'altro, ci aiuta a comprendere che non possiamo sentirci traditi, violati o maltrattati. Al contrario, dovrebbe essere l'altro a stare male, poiché è lui che non gode più della nostra fiducia, poiché perde un qualcosa da parte nostra.
Evidentemente, l'elemento del tradimento che più brucia nel rapporto di coppia non è la perdita della fiducia che si riponeva nei confronti del partner, ma l'esclusione.
Una terza persona di troppo ci fa sentire esclusi, mette in luce la nostra mancanza di autostima, ed è questo che sperimentiamo come perdita, come sofferenza. In realtà, non stiamo perdendo l'esclusività, ma il rifugio, il luogo sicuro dove nascondiamo tutte le nostre paure, le nostre difficoltà ad affrontare la vita.
Per essere più chiaro, perdiamo le nostre sicurezze, le nostre certezze, che ci servivano come alibi per non crescere, per rimanere ancorati in un perenne stato di dipendenza dall'altro, per rimanere bambini a vita in cerca di un genitore protettivo.
Certamente è comodo confondere la perdita delle nostre sicurezze con la perdita della fiducia.
Il nostro bisogno di sicurezza alimenta il nostro io egoico, la nostra falsa personalità, che non vogliamo perdere, perché significherebbe aprirci ad un qualcosa di sconosciuto, alla vita, all'amore come libertà.
Preferiamo, quindi, pensare di aver perso la fiducia, che se stiamo male è tutta colpa dell'altro, perché lui non doveva fare, non doveva dire, non doveva pensare, non doveva…
Per aggravare maggiormente la situazione ci mettiamo dentro il senso di colpa, che deriva dal sentirci rifiutati: "Lui ha scelto un'altra! Che cosa avrà questa persona in più di me?".
Passiamo in rassegna tutti i motivi che c'inducono alla perdita del nostro reale valore fino a sentirci una nullità, perdendo gli ultimi residui d'autostima rimastoci per nasconderci meglio dietro l'incapacità di accettare il cambiamento, la crescita, la vita.
Più sentiamo di non farcela da soli più abbiamo bisogno dell'altro: fino a quando comprenderemo che non è l'altro a mancarci, ma l'amore per noi stessi, non potremo mai uscire da questa trappola, da questa condizione di vittima, che c'impedisce di vivere il rapporto di coppia in maniera onesta e responsabile.
Quest'assunzione di responsabilità c'induce a considerare la fiducia come una reciproca intesa che nutre la nostra fede, la capacità di accettare il misterioso, di aprire il nostro cuore alla vastità degli opposti, fino a non esimerci dalla responsabilità nel tradimento. Esso non sarà più considerato come una forma di maltrattamento o come una rivalsa che sfrutta regole morali per indurre sofferenza, ma sarà un prezioso indicatore del nostro cammino di crescita nella verità e nell'amore.
In un rapporto di coppia armonico non esiste il concetto di maltrattamento, meno che mai il tradimento. Nessuno può tradire, poiché quello che i partners riescono a scambiarsi è talmente unico e prezioso che non può esistere altrove: per realizzare quest'armonia di coppia è fondamentale che la singola persona abbia già sperimentato un'incrollabile fiducia in se stessa, che sia in grado di accettarsi e di amarsi a prescindere dai consensi dell'altro.
Quando non abbiamo fiducia nella verità dell'amore, non amiamo noi stessi: tendiamo a cercare fuori di noi altre forme di stabilità e di sicurezza in cui credere. Il nostro partner, in questo caso, rappresenta l'oggetto d'amore che viviamo come un qualcosa di esterno da proteggere e tutelare.
Perdere l'altro significa perdere il nostro amore per noi stessi, ed il tradimento diventa maltrattamento e sofferenza, qualcosa da evitare, poiché ci mette in diretto contatto con questa mistificazione che non possiamo accettare. Preferiamo, rimanere dentro una situazione di coppia, anche se il nostro partner è andato da un'altra parte, cercando di mediare e contrattare con tutte le nostre forze.
Questa riconversione dell'Amore in gioco di potere è la reale causa della sofferenza che si scatena dentro la coppia quando non c'è più fiducia nell'altro non ha più senso rimanere dentro una storia che è solo storia priva di presente.
Le regole sociali e morali in questo caso rappresentano un ottimo strumento di controllo per esercitare potere e dominio sull'altro, per esorcizzare il tradimento.
In realtà, la paura del tradimento è quel segnale: quel sintomo sicuramente fastidioso che ci sta indicando quanto non siamo ancora pronti ad aprirci veramente all'amore, che non stiamo amando veramente, che non ci stiamo amando, ma siamo invischiati dentro un gioco di possesso e di controllo dell'altro, affinché non avvenga nessuna trasformazione non solo in lui, ma soprattutto in noi.

 

La radice dell'autotradimento

Il senso di colpa è un rifiuto dello stato in cui ci troviamo al momento, indica che non siamo disposti ad accertarci così come siamo. Sentendoci in colpa per qualcosa che abbiamo fatto o che non abbiamo fatto, rimaniamo dentro quell'atto, rinviando continuamente l'azione che potrebbe correggerlo o trasformarlo. La punizione che ci diamo col senso di colpa è un modo per nascondere la nostra mancanza di interezza; E' più facile sentirsi in colpa che affrontare le paure che ci distanziano dalla nostra integrità. Questa copertura fittizia serve a proteggerci , ma a lungo andare ci induce al rifiuto di noi stessi.
In definitiva preferiamo rifiutarci che affrontare seriamente la paura. Anche se molti di noi non sono disposti ad ammetterlo, l'odio di sé è un'epidemia molto diffusa e per negarla preferiamo parlare di mancanza di autostima. In realtà come vedremo si tratta di odio per se stessi.
Ognuno di noi si trova costantemente impegnato alla conquista dell'autostima tendendo ad essere speciale in qualche modo per dimostrare di valere qualcosa. Questo sforzo inconscio, in genere, viene assunto da una serie di parametri interiorizzati dalla nostra infanzia.Pretendiamo da noi stessi una perfezione impossibile e ci rifiutiamo o ci giudichiamo quando non la raggiungiamo. Non ci diamo mai tempo per assimilare il successo ottenuto, per congratularci con noi stessi per ciò che siamo riusciti a fare o a diventare grazie ai nostri sforzi: è come se non regalassimo a noi stessi le cose che abbiamo ottenuto proiettandoci immediatamente sul prossimo obbiettivo da raggiungere .
Sotto questo tranello si cela il bisogno di amore che risale a quando eravamo piccoli, ma più ci sforziamo più non riusciamo ad ottenerlo, cominciamo a credere di non essere amabili fino a convincerci di non essere degni di ricevere amore.
Quando da bambini, riuscivamo in qualcosa ed ottenevamo le lodi degli adulti e il loro aiuto a riuscire ancora meglio, in fondo sentivamo che c'era qualcosa che non andava, non solo perché non riuscivamo ad ottenere l'amore che volevamo, poiché invece dell'amore ricevevamo una lode che non è affatto la stessa cosa, ma soprattutto perché non potevamo esprimerci per quello che eravamo veramente, dovendo interpretare il ruolo del bravo bambino impostore.
Aumentiamo così i nostri sforzi, ed ogni volta il circolo si ripete, il successo ci procura una lode e più forte diventa la sensazione che c'è qualcosa che non va in noi. Infatti il riconoscimento della nostra capacità non va a noi, ma al nostro bambino impostore, non a quello vero, che sente di non essere accettato e tradito.
Per via di questo meccanismo non impariamo mai ad amare ed onorare noi stessi, anzi dimentichiamo chi siamo veramente, ci immedesimiamo in un ruolo di comodo recitando un personaggio di copertura che ci rende sempre più fragili e insicuri. Iniziamo così ad odiarci segretamente e a nasconderci dietro il senso di colpa sentendoci sempre più insicuri e separati da noi stessi. Ci impegniamo sempre più per ottenere risultati che non ci daranno mai un vero appagamento, perdendo di vista il bisogno reale che debba essere il bambino vero ad essere riconosciuto, accudito ed amato per quello che è veramente e non il bambino impostore per ciò che fa.
Tale inganno ci impedisce anche in età adulta a soddisfare il naturale bisogno di amore fin quando non riusciamo ad uscire da questo doloroso circolo vizioso.

 

 


 


 
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