Il piano Laval-Hoare
nelle osservazioni
di F. Suvich

dicembre 1935

 

per sua eccellenza il capo del governo

14 dicembre - XIV
Critica del Progetto presentato da Francia e Gran Bretagna
Il progetto non tocca tre dei problemi che sono considerati da noi tra i punti principali da risolvere:
- la congiunzione territoriale fra le due Colonie;
- il disarmo dell'Abissinia;
- lo sfruttamento delle ricchezze minerarie nelle zone non sottoposte al controllo italiano.
Il problema della congiunzione territoriale fra le due colonie potrebbe anche essere rinviato ad un secondo tempo. Tuttavia esso dovrà essere mantenuto aperto. Bisognerà discutere se e come sollevarlo e se, senza pregiudicare la questione nel suo piú ampio aspetto territoriale, sia da chiedere fin da ora la congiunzione ferroviaria.
Il problema del disarmo invece dovrà essere affrontato subito, sia pure in via di emendamento al Progetto dei Cinque per il regime di assistenza all'Abissinia.
Il problema dello sfruttamento minerario delle altre regioni potrebbe anche essere risolto in margine alla negoziazione con qualche accordo preciso con Francia e Gran Bretagna, che dovrebbe ottenere l'assenso del Negus.

I. Scambi territoriali.
Per quanto riguarda i punti toccati dal progetto si osserva:

a) Tigré. Si deve chiedere di avere tutto il Tigré come era da noi occupato nel 1896; in via subordinata tutta la regione da noi occupata oggi; possiamo senza inconvenienti garantire un regime speciale per Aksum con determinate garanzie per il culto copto; è una concessione che costando poco a noi può darci dei vantaggi in contropartita data la esagerata importanza che si vuole annettere a questa questione di Aksum.

b) Dankalia. Non è chiaro quale è il territorio a noi riservato; bisognerebbe ottenere una linea che dal sud di Macallé vada a raggiungere il Lago Gum nella Somalia francese, lasciando in nostro territorio il Biru e il Teru.
Non è escluso che questa nostra richiesta possa trovare giustificazione nella dizione del progetto franco-inglese che parla di far confinare al sud la Dankalia italiana colla Aussa. Per l'Aussa poi, che dimostra buone intenzioni di sottomettersi, bisognerebbe chiedere l'indipendenza.
Il progetto franco-inglese parla di rettifica di frontiera mentre bisogna parlare di fissazione di frontiera.

c) Frontiera fra la Somalia e l'Ogaden. Anche qui bisogna parlare di fissazione e non di rettifica di frontiera. Si potrà chiedere in proprietà tutto il Bacino dei fiumi che defluiscono verso la Somalia italiana. La richiesta per quanto possa parere giustificata non ha molta probabilità di essere accolta. Servirà tuttavia a negoziare.

d) Accesso al mare per l'Etiopia. È chiaro che su questa contropartita si basa tutto il sistema del progetto. Per quanto la concessione sia grave e ostica non pare se ne possa chiedere la soppressione.
Se da una parte la cessione di un porto e di una striscia di terreno, - in assoluta proprietà - può apparire piú opportuna quando sia fatta in territorio italiano perché meglio controllabile e domani piú facilmente può essere soppressa, d'altra parte una tale concessione ronde piú evidente il sistema della compensazione. Per altri motivi è molto cattiva la soluzione di un porto e corridoio in territorio inglese. Si creerebbe probabilmente una solidarietà di interessi anglo-etiopica che ci disturberebbe molto per la nostra futura espansione in Abissinia. Il meno peggio potrebbe essere la soluzione del problema su territorio francese, con la cessione all'Abissinia di una parte del porto di Gibuti o di altro porto vicino e con qualche forma di cessione o di neutralizzazione del territorio sul quale corre la ferrovia.
Si potrebbe anche pensare a una neutralizzazione della ferrovia in tutto il suo percorso, dato che la stessa è la via naturale per arrivare ai territori che ci sarebbero riservati nel sud etiopico.
A tale proposito va messo ancora in rilievo l'interesse che avremmo ad aumentare la nostra partecipazione alla ferrovia.
Se ci si dovesse orientare verso la soluzione su territorio italiano, bisognerà cercare di non dare la città di Assab ma una parte della baia con corridoio che corra completamente in territorio italiano. Si potranno chiedere opportune misure per la comunicazione fra le due parti della nostra, colonia e con ciò si verrebbe a svalutare la cessione fatta. Si potrà, almeno come negoziato, proporre la cessione a lungo affitto del corridoio e del porto. Ad ogni modo il porto dovrebbe essere neutralizzato e ci dovrebbe essere il divieto per l'Abissinia di costituirvi una marina da guerra.

II. Zona di espansione economica e di popolamento.

Per quanto riguarda la estensione della zona bisogna riconoscere che la superficie è notevole: si tratta di qualche cosa come 400 mila chilometri quadrati comprendenti in notevole parte territori ricchi e fertili. Si potrà chiedere tuttavia qualche rettifica per adattarci meglio alle condizioni geografiche e comprendere interamente nella zona regioni come il Caffa e il Gimma. È da esaminare se estendere la richiesta anche al territorio dello Jambo, dello Uollega e al Beni Sciangul.
Il punto del piano che invece non va è l'organizzazione della zona. Le disposizioni relative non sono chiare, tuttavia l'interpretazione pare essere la seguente: rimane per tutta l'Abissinia il Piano dei Cinque, quindi un consigliere principale presso l'Imperatore al quale sono sottoposti alcuni altri Consiglieri per i rami piú importanti dell'Amministrazione (Economia, Finanza, Lavori Pubblici ecc.). Questi si occupano di tutta l'Abissinia secondo una divisione per competenza materiale.
Per la zona riservata invece viene creata una organizzazione speciale, che fa capo ad un Consigliere che potrà essere italiano, che riassumerà i vari servizi secondo un criterio di competenza locale. Pare tuttavia che i servizi di sicurezza non debbano essere affidati all'organizzazione speciale per la zona che fa capo al Consigliere italiano, ma debbano essere quelli della organizzazione generale per tutta l'Abissinia. Sono chiari gli inconvenienti che derivano da questo sistema. Il Consigliere principale (che secondo il Progetto franco-inglese non sarà né italiano, né francese, né inglese) nominato dal Negus e dalla S.d.N. si investirà probabilmente della sua parte di difensore dei diritti e di riformatore dell'Abissinia e sarà in continua opposizione alla nostra tendenza a prendere piede definitivo nella zona riservata e ad estendere la nostra espansione anche nelle altre zone.
Il Consigliere aggiunto italiano (che del resto dovrà anche essere nominato dalla S.d.N. e approvato dal Negus) sarà comandato e controllato dal Consigliere principale. I servizi poi dipendenti saranno prevalentemente, ma non esclusivamente italiani, e quindi la minoranza non italiana, specialmente se sostenuta dal Consigliere principale, sarà a sua volta un controllo e un impedimento per il libero svolgimento della nostra attività.
Perché il piano possa essere preso in considerazione bisogna che in una qualsiasi forma noi si abbia mano libera nella organizzazione della zona riservata. Ciò si potrebbe ottenere sia affidando alla Chartered tutti i servizi compresi quello della sicurezza (sempre sotto la sovranità dell'Imperatore e magari in forma di delegazione da parte dell'organizzazione di assistenza della S.d.N.) sia dando alla organizzazione dei servizi della zona tutti i poteri, compreso quello di pubblica sicurezza da esercitarsi sotto la sovranità del Negus con obbligo di riferire direttamente alla Società delle Nazioni senza nessuna dipendenza dal Consigliere principale.
Si possono studiare anche altre forme.
Anche eliminata una ingerenza diretta della S.d.N. nella zona riservata, il Progetto ha sempre il gravissimo difetto di dare il complesso dell'Abissinia in mano alla S.d.N. che sarà la migliore salvaguardia dell'Abissinia stessa contro una nostra azione di espansione e contro una nostra eventuale futura azione militare. Ma nella fase attuale non pare possibile ottenere che il Progetto prescinda da tale ingerenza societaria.
Esame del progetto in rapporto alla situazione generale
Il Progetto come presentato non è buono e non potrebbe essere accettato; introdotte alcune delle riforme sopra prospettate non diverrebbe per questo buono ma potrebbe tuttavia essere preso in considerazione quando si decidesse di chiudere per ora la questione etiopica sia pure con una soluzione di carattere non totalitario.
La decisione evidentemente rientra nella valutazione di quelle che sono le nostre possibilità militari, la prospettiva di una disintegrazione dell'Abissinia e la resistenza economica e finanziaria del paese.
Una ripulsa ci porterebbe probabilmente all'embargo sul petrolio e alla nostra uscita dalla S.d.N. e quindi alla difficoltà di ulteriori trattative sul terreno collettivo. La nostra questione, in altre parole, sarebbe rimessa completamente al successo dell'azione militare.
Suvich