Gli originali sono consultabili presso la "Casa della Memoria e della Storia"
via S. Francesco di Sales 5
Roma
Telefono 06/6896519




Da: dedo
Inviato: giovedì, 27. aprile 2006 20:10
A: Cicchino Enzo (enzocicchino@tiscali.it)
Oggetto: dedo

Caro Enzo,
grazie per avermi ricordato....oggi al telefono....di guardare nel tuo ottimo sito la riesumazione della salma del Petacci....
L'avevo vista, ma non mai con l'attenzione di oggi....E me la sono riletta completamente....
E leggendo foglio per foglio il verbale dei CC....(...ma quanto materiale interessantissimo hai trovato ????...) ho visto una cosa stranissima ma interessante...almeno per un pignolino come sono....
Al punto 8) dell'elenco dei corpi esumati...si parla e si descrive dello sconosciuto nn 35...al quale, poi, daranno il nome di Giovanni Ochetta....
E dalla cravatta, dai capelli, dal colore del vestito, dal numero di maglioni indossati, mi pare davvero sia quello della foto che ti allego...
Lasciato li per terra, a Milano....
Ma a parte il fatto del...." é lui o non é lui...." ...chi " diavolo" era questo uomo, chiamato poi Giovanni Ochetta ?? Non certo nell'elenco dei 16 morti di Dongo...e nemmeno inserito nell'elenco dei 52 arrestati...
Ed allora cosa ci faceva nel...." mucchio" di cadaveri scaricati in piazzale Loreto....e poi sepolto ...con tutti gli altri...al cimitero di Musocco...ed infine riesumato assieme ai gerarchi ed ai morti di Dongo???
Non vorrei davvero procurarti altri grattacapi...ma cosa ne pensi ???
Un abbraccio
dedo

Nota. Per la tutela del diritto di autore la foto di cui parla il signor Dedo non e' pubblicata in questa pagina.

 

 


Verbale dei carabinieri

relativo alla
Riesumazione e identificazione
della salma
di Marcello Petacci
(fratello di Claretta)


 

        Marcello Petacci, di due anni piu’ vecchio di Claretta, si era laureato in medicina a 22 anni, era assistente del prof. Donati a Milano. Ufficiale di marina. Altezza un metro ed ottantaquattro.
        La morte di Marcello Petacci ha molti punti discussi. Si dice che, nelle prime settimane del 45, dopo alcuni viaggi in Svizzera, sia tornato in Italia per trovarsi fra gli uomini della colonna Mussolini che dopo il 25 aprile aveva preso la inopportuna strada del lungo lago di Como e che ebbe -come tutti- a portarlo verso il tragico epilogo di Dongo.
        Si dice ancora che in quella occasione fosse alla guida della sua auto, una lancia, con a bordo sua sorella Claretta e sotto le mentite vesti di un diplomatico spagnolo.
        Infatti dopo la cattura di Mussolini a Dongo, il partigiano Urbano Lazzaro "Bill" venne avvicinato da un compagno che lo informo' della presenza di un console spagnolo e la sua famiglia in una Alfa Romeo gialla superleggera bassa che si era accodata alla macchina dell'ufficiale tedesco della Flack Fallmeyer.
Marcello Petacci, secondo la descrizione che ne fece "Bill", a quel tempo era un uomo biondo e massiccio, con una piccola mosca sul mento. Al suo fianco c'era Claretta e sul sedile posteriore un'altra donna con due ragazzini, la moglie Zita Ritossa, con in dosso una pelliccia ed un cappello marrone. L'interno dell'auto era colmo di valigie.
        Alla richiesta dei documenti Marcello Petacci estrasse un passaporto del consolato spagnolo in Milano intestato a don Juan Munez y Castillo, poi un altro per sua moglie, ed un altro ancora per marito moglie e figli. Urbano Lazzaro notò che su uno dei passaporti la data di nascita di Zita Ritossa - il 1912 - era in contraddizione con quella degli altri due che affermavano il 1914. Inoltre, sulle fotografie, invece di esservi apposto il timbro a secco vi era quello ad olio. I passaporti, ad avviso dei partigiani erano falsi, ed a nulla valse che Marcello Petacci insistesse di essere atteso quella sera stessa in Svizzera dall'ambasciatore inglese Norton.
        Tutto si risolse nel piu' pericoloso dei modi. Costretto a portarsi con la sua auto presso l'ingresso del Municipio di Dongo, venne fatto accomodare con la famiglia in una saletta al suo interno con tutte le valige ed ivi debitamente rinchiuso.
        Nel pomeriggio, dopo le 17.00, il capo partigiano "Pedro", dopo un colloquio che ebbe con lui, ordinò al partigiano "Ettore" di condurre l'ospite', con la famiglia, presso l'Albergo Dongo, predisponendo che vi fosse adeguata vigilanza. In quella stanza rimase invece Claretta. Pedro infatti sapeva chi fosse, avendogliene parlato Bombacci.
        Il destino di Marcello fu comunque definitivamente segnato dal momento in cui era stato messo dinanzi al "colonnello Valerio" e questi l'aveva scambiato per Vittorio Mussolini e subito minacciato di morte. Stettero per porlo in fila infatti, in Piazza, a Dongo, accanto ai gerarchi, per essere fucilato. Furono però questi ultimi ad opporsi fermamente; ritennero un insulto il fatto che morisse accanto a loro.
        Ma a questo punto accade un fatto umprevedibilissimo. Una distrazione dei partigiani, ed ecco, in un attimo, mentre sta per percuotersi la scarica mortale sui gerarchi, lui si svincola, spicca improvviso un salto nel lago, cercando la impossibile salvezza a nuoto.
        Lo raggiunsero immediatamente lunghe raffiche di mitra. Lo ripescarono cadavere i partigiani. Caricato sul camion insieme a tutti gli altri gerarchi massacrati quel pomeriggio in piazza, fu portato a Milano... per essere esposto accanto alla sorella Claretta e Mussolini e Claretta, a Piazzale Loreto.
Questa e’ una versione della storia.
        Perche’ subito dopo se ne ipotizzo' un’altra sostenuta dalla sorella sopravvissuta di Marcello e Claretta: Miriam Petacci, la quale sostenne che il fratello non fosse stato in effetti ucciso nel lago -come si disse- ma che, rimasto soltanto ferito, fosse riuscito a salvarsi raggiungendo a nuoto la riva in altro luogo. Qui, sulla sponda, avrebbe incontrato un giovanotto ex milite fascista che avrebbe pregatodi andare a Dongo a riprendere la sua macchina, per poi allontanarsi con essa. Questi invece sarebbe tornato con due partigiani "Gianna" e "Neri", i quali durante la notte lo avrebbero uccisero, messo in un sacco e buttato in fondo al lago dove sarebbe rimasto!

        Si dice inoltre che quando il 13 aprile del 1951 fu esumato il cadavere del presunto Marcello Petacci, sepolto sotto il falso nome di Mario Conterini, le caratteristiche dei resti non sarebbero corrisposte alle sue. Nel documento che qui si presents si dà ampia trattazione essendo queste pagine trascrizioni di atti documentali del tribunale.
                                                        (E. C.)

________
Per maggiori dettagli relativi alla cattura di Marcello Petacci consultare:
- IL COMPAGNO BILL di Urbano Lazzaro - Sei Editore
- E un lungo articolo a firma di Silvio Bertoldi su L’Europeo del 22 marzo 1982.



oOo


Il documento che segue - di 80 pagine - è importante perché è l'unico esistente nel quale, oltre a tratteggiarsi la storia della morte di Marcello Petacci si dilunga nel descrivere lo stato delle salme degli uomini fucilati a Dongo ed esposti a Piazzale Loreto

Trattasi di 32 fotocopie di indagine tardiva eseguita dai carabinieri nel procedimento, presso la Procura di Roma, di riconoscimento dei resti mortali del presunto Marcello Petacci da parte dei famigliari (sconosciuto '26').
Interessante il fatto relativo all'ordine del disappendimento da parte del comando mil. americano avvenuto alle ore 14 del 29/04/45. Vedasi trasporto per inumazione nella notte del 30/04/45 la stessa data dell'autopsia sul Mussolini. Sul piano superiore, allineate, nell'ambito dell'Ist. di Med. Legale, c'erano anche le salme di Luisa Ferida e di Osvaldo Valenti.
I resti del presunto Marcello Petacci furono non riconosciuti dalla sorella Myriam e forse a torto; si disse sempre convinta che il fratello affondasse nel lago non più riemergendo. In verità, prima che il carico dei 15 esecutati di Dongo partisse per Milano, il cadavere di quello fu ripescato con dei ramponi su sollecitazione delle autorità del luogo che non volevano che restasse nel locale cimitero e senza alcun dubbio, accatastato per ultimo raggiunse Piazzale Loreto. Pensare che il 18° corpo appartenesse a deceduto raccolto nel tragitto tra Dongo e Milano è assurdo. A Piazzale Loreto il 19° fu solo di A. Starace. (Aldo Alessiani)

***

Si riportano alcuni brani del documento...

          "Come è noto nella mattinata del 29 aprile 1945, in questo Piazzale Loreto vennero esposte al pubblico le salme dei 18 gerarchi fascisti della r.s.i. catturati e fucilati dai partigiani il giorno precedente, in Dongo ed in Giulino di Mezzegra. Alle predette salme, e sempre nella mattinata del 29 aprile, venne unita quella di Achille Starace, catturato in Milano e fucilato sullo stesso Piazzale Loreto. Le salme, per ordine del comando Militare Americano, vennero sottratte, verso le ore 14, al ludibrio della popolazione e trasportate con apposito camion; affidato ad un ufficiale del C.R.I. e ad un esponente del CLN all'obitorio municipale di Via Ronzo n. 1 ove giunsero verso le ore 15.
Le 19 salme furono consegnate all'allora impiegato municipale Noé Carlo di Natale, nato a Milano il 19/01/1911, qui residente in via Plinio 22 il quale fece scaricare in un salone sotterraneo dell'obitorio, essendo le camere mortuarie già occupate da altri cadaveri di persone fucilate o decedute, in quei giorni, di morte naturale. Nel predetto salone sotterraneo si trovavano già altre salme, anche se il predetto sig. Noé asserisce oggi che il gruppo delle salme dei gerarchi venne tenuto separato dalle altre. Lo stesso Noé, coadiuvato dal capo Guardiano Carcano Egidio, attualmente ricoverato in una casa di salute in Pietra Ligure, e del guardiano Bianchi Giuseppe di Antonio, residente in Pagassano (Bergamo) Via Chiesa n. 2, attualmente in servizio presso il locale Cimitero Monumentale, procedette alla identificazione dei gerarchi.
Per la notorietà delle figure o in base ai documenti di identità rinvenuti sulle salme, fu possibile identificare subito i cadaveri di:
1) Mussolini Benito; 2) Petacci Clarice, detta Claretta; 3) Starace Achille; 4) Gatti Luigi; 5) Zerbino Paolo; 6) Bombacci Nicola; 7) Nudi Mario - ufficiale delle Brigate Nere; 8) Pavolini Alessandro; 9) Casalinuovo Vito; 10) Romano Ruggero; 11) Liverani Augusto. Rimasero sconosciuti gli altri otto cadaveri, ai quali vennero imposti nella numerazione generale delle persone sconosciute, trasportate in quei giorni all'obitorio, i seguenti numeri: 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29 e 30.
Al calar della notte del 30 aprile, le salme di Mussolini, Petacci Clarice e di Starace, che, per motivi precauzionali, il Noé aveva provveduto, nel tardo pomeriggio del 29, a deporre in una camera attigua all'ufficio dello obitorio, vennero trasportate, per ordine del C.L.N., al cimitero Maggiore, ove, alla presenza dell'allora ispettore cimiteriale Vertova Vittorino fu Giuseppe, qui residente in Piazzale Cimitero Maggiore n. 20 del predetto Noé, che le aveva scortate con un cappellano militare, nonché di un frate cappuccino in servizio al cimitero, vennero subito inumate nel campo n. 16.
Per ordine del C.L.N. l'amministrazione cimiteriale aveva provveduto a far scavare, nel predetto campo 16, quindici fosse, tutte sulla stessa linea, alle quali erano state tolte le targhette numeriche indicatrici, che vennero sostituite, nella piantina all'uopo designata, su di un pezzo di carta, da una numerazione segreta, progressiva, dal 6 al 20. La salma di Mussolini venne tumulata al n. 7, quella di Starace al n. 10 e quella della Petacci, forse, al n. 13. Tutte le fosse del campo vennero immediatamente ricoperte, per evitare l'individuazione delle tre persone sepolte. La salma della Petacci stessa, dopo due giorni, sempre per ordine del C.L.N. venne esumata di notte e subito sepolta in altra fossa al campo n. 10. Verso le ore... del due maggio giunsero al Cimitero Maggiore, provenienti dallo obitorio, le salme degli altri gerarchi identificati, cioè quelle di Gatti, Zerbino, Bombacci, Nudi, Pavolini, Casalinuovo, Romano e Liverani assieme a quelle di tali Bardella Luciano e Franchina Antonio. A dire del personale dell'ispettorato cimiteriale, dette salme sarebbero state subito inumate al campo n. 10.
Nel tardo pomeriggio del 5 maggio, verso le ore 18, giunsero al Cimitero Maggiore, provenienti dallo obitorio, assieme a salme di persone già identificate, i cadaveri di 50 sconosciuti, contraddistinti dai numeri che vanno dall'uno al 52, in quanto dalla numerazione mancavano i n. 5 e 48, probabilmente eliminati a seguito del sopravvenuto riconoscimento delle due salme. In tal gruppo dovevano trovarsi i cadaveri degli altri gerarchi fascisti esposti in Piazzale Loreto, rimasti ancora nell'obitorio, uno dei quali, già contrassegnato; nato come sconosciuto n. 23, era stato nel frattempo identificato per quello dell'ex federale di Como, Porta Paolo.
Le salme dei predetti otto gerarchi vennero tumulate al campo 16 ove trovavansi già le salme di Mussolini e di Starace nelle seguenti fosse:
= sconosciuto n. 30 = fossa n. 11
= sconosciuto n. 27 = fossa n. 12
= sconosciuto n. 26 = fossa n. 13
= sconosciuto n. 29 = fossa n. 14
= sconosciuto n. 25 = fossa n. 15
= Porta Paolo  = Fossa n. 16
= sconosciuto n. 28 = fossa n. 17
= sconosciuto n. 24 = fossa n. 19
Nella fossa n. 18 venne tumulata la salma dello sconosciuto contraddistinto dal n. 35 erroneamente ritenuto per un gerarca e successivamente identificato per tale Ochetta Giovanni, dipendente dallo stabilimento "Caproni", ivi fucilato nei giorni insurrezionali, e riconosciuto, a seguito di esumazione da tale Merlo Ernesto fu Dalmazio, residente a Romentino, Via Trento e Trieste n. 6, e Bertolino Franco di Pio, residente a Stresa Via Garibaldi n. 24.
Da verbali di descrizione delle salme, rinvenuti presso l'ufficio di stato civile del locale Municipio, redatti in data 03/05/1945, dal succitato Noé, con la collaborazione dei già menzionati Bianchi e Carcano, tutti e tre firmatari dei verbali stessi, risultano i seguenti dati:
1)  Sconosciuto n. 29 = Sesso Maschile lunghezza m. 1,70; indossava camicia nera e fascia nera elastica; maglia e mutande di color bianco, pantaloni lunghi; scarpe da montagna.
2)  Sconosciuto n. 27 = Sesso maschile, lunghezza m. 1,75; indossava giacca marrone di fustagno; pantaloni alla cavallerizza di tela chiara; stivaloni rigidi; camicia celeste; pullover marrone; mutande color celeste.
3)  Sconosciuto n. 24 = Sesso maschile lunghezza m. 1,70; indossava: giacca a quadretti bianco neri; soprabito chiaro tipo impermiabile; pantaloni grigio ferro; maglia beige;
4)  Sconosciuto n. 28 = Sesso Maschile; lunghezza m. 1,75; indossava: giacca da capitano di aviazione; maglione grigio; camicia azzurra corta; maglia e mutande bianche.
5)  Sconosciuto n. 25 = Sesso maschile, lunghezza m .1,70; indossava: pantaloni grigi a quadretti; pullover marrone chiaro; maglietta e mutande di lana.
6)  Sconosciuto n. 30 = sesso maschile lunghezza m. 1,60; indossava: giacca bleu tipo sport; pantaloni cavallerizza cachi; camicia militare; poulover lana bleu; mutande lana corte.
7)  Sconosciuto n. 26 = sesso maschile; lunghezza m. 1,75; indossava: pantaloni grigi, pullover grigio, maglietta bianca a righe grige; calze rosse e bleu; mutande bianche. segni distintivi: pizzo a punta; capelli castano scuri.
8)  Sconosciuto n. 35 = sesso maschile lunghezza m. 1,70; età anni 45. (Successivamente per il predetto Ochetta Giovanni). Indossava: vestito grigio completo; camicia grigia; cravatta a righe bianche e marrone chiaro; mutande bianche; due magliette bianche di lana, calze color marrone e grigio. Segni distintivi: capelli brizzolati.
Sulla scorta degli atti dell'ufficio dello stato civile del comune di Milano e delle corrispondenti annotazioni sul registro e sullo schedario del cimitero maggiore, risulta che:
1)  uno sconosciuto n. 29 è stato riconosciuto in data 02/10/1946, non a seguito di esumazione, ma sulla scorta degli elementi annotati sul verbale descrittivo del cadavere, per Utilperghe Idreno fu Giovanni (ufficiale delle Brigate Nere);
2)  lo sconosciuto n. 27 è stato riconosciuto in data 12/07/1945, a seguito di esumazione; per Mezzasoma Fernando fu Giuseppe;
3)  Lo sconosciuto n. 24 è stato riconosciuto in data 06/08/1945 non a seguito di esumazione, ma sulla scorta degli elementi annotati sul verbale descrittivo del cadavere, per Daquanno Ernesto di Benedetto;
4)  Lo sconosciuto n. 28 è stato riconosciuto in data 11/09/1945 non a seguito di esumazione ma sulla scorta degli elementi annotati sul verbale descrittivo del cadavere, per Callistri Pietro di Attilio, cap. di Aviazione;
5)  Lo sconosciuto n. 25 è stato riconosciuto in data 18/06/1945, a seguito di esumazione, per Barracu Francesco Mario, fu Antonio;
6)  Lo sconosciuto n. 30 è stato riconosciuto in data 26/07/1951, a seguito di esumazione, per Coppola Goffredo di Pietro;
7)  Lo sconosciuto n. 26 è stato riconosciuto in data 17/08/1945, non a seguito di esumazione, ma sulla scorta degli elementi annotati sul verbale descrittivo del cadavere per Petacci Marcello di Francesco Saverio.
.........
AL CUSTODE DELL'OBITORIO:
ADR. Come ebbi già a dichiarare in sede di investigazione di polizia, fui io personalmente a prendere in consegna le salme dei 18 gerarchi fascisti della r.s.i., catturati e fucilati dai partigiani, il 28 aprile in Dongo e Gulino di Mezzegra, oltre a quella di Achille Starace, catturato in Milano e fucilato in Piazzale Loreto. Al riguardo tengo a precisare che dalla mattinata del 29/04/1945, avendo saputo che in Piazzale Loreto si trovavano, esposti al pubblico, le salme di tali persone, di mia iniziativa mi recai in detto Piazzale, con un camion e con degli insiervienti, con l'intento di sottrarre al ludibrio i cadaveri e portarli in Obitorio per il successivo invio al Cimitero Maggiore. Giunto sul posto; non appena il mio intento fu manifesto, fui raggiunto dalla ira popolare e, a seguito di una esplicita raccomandazione di un maresciallo dei CC in borghese, presente alla scena del quale non ho mai saputo il nome, fui costretto a desistere dal mio proposito, e a ritornarmene, con l'automezzo vuoto in ufficio. Verso le ore 15,30 dello stesso giorno fui avvertito che all'ingresso dell'obitorio sostava un camion carico di salme. Trattavasi di un camion dei carabinieri, il quale, con una certa circospezione, dopo di esserci accertato della mia qualità, mi informò che aveva trasportato le salme delle persone esposte in Piazzale Loreto. Fatto varcare il cancello all'automezzo, dopo aver richiesto ed ottenuto, per telefono, dal Gen. Faldella, vice comandante della Piazza di Milano, procedetti allo scarico delle salme, che vennero collocate l'una affiancata all'altra, nel salone a pian terreno dell'edificio. Delle 19 salme, mi preoccupai a collocare nelle tre casse: precisamente quella di Mussolini Benito, Petacci Claretta e Starace Achille, da me subito identificate data la notorietà delle loro figure. Subito dopo l'arrivo delle salme, ebbi a notare che al di là del cancello dell'obitorio si ammassava un numero sempre più rilevante di persone che, in preda ad un furore collettivo, richiedeva a viva voce in termini allarmanti, la consegna delle salme giunte dal piazzale Loreto. Debbo confessarvi che temetti per la mia stessa incolumità personale e che, in preda a viva disperazione, per ricacciare quella massa furente, mi vidi costretto a far uso della pistola di cui allora ero armato. Sorvolo su gli altri particolari di contorno e dichiaro che, in conseguenza delle minacce incombente, ritenni opportuno far trasportare le casse in cui erano stati sistemati i cadaveri di Mussolini, della Petacci e di Starace nel mio ufficio e, simultaneamente sollecitai, recandomi di persona dal Generale Cadorna in via del Carmine 4, il trasporto delle predette tre salme nel cimitero in cui avrebbero dovuto essere inumate. Il Generale Cadorna mi rilasciò immediatamente l'autorizzazione di trasportare le salme al Cimitero Maggiore di Milano. Come ho già riferito alla polizia, al calar della notte del 30 aprile le salme di Mussolini, Petacci, Starace, vennero inviate, con un automezzo portato da un cappellano militare, al Cimitero Maggiore, dove vennero subito inumate, in presenza, al campo n. 16.
ADR. Nel tardo pomeriggio del due maggio 1945 vennero trasportate dell'obitorio ed inumate nel cimitero Maggiore le Salme di Gatti Luigi, Zerbino Paolo, Bombacci Nicola, Nudi Mario, Pavolini Alessandro, Caslinovo Vito, conosciuto in obitorio con modalità che io non ricordo al momento ma che vi sarà possibile desumere dagli atti relativi presso l'ufficio Mortuario del comune di Milano. Gli altri otto cadaveri rimasti sconosciuti, ad eccezione di quello di Porta Paolo, furono da me inviati al Cimitero Maggiore, nel tardo pomeriggio del 5/5/1945, sistemate in casse, con un automezzo della Impresa Pompe funebre Fusetti. Debbo a proposito precisare che, in quel pomeriggio fu effettuato l'invio di un numero rilevante di persone rimaste uccise nei fatti insurrezionali, fra cui numerosi erano gli sconosciuti.