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Un ricordo di 
  Riccardo Lacche' 
  
  La caduta degli dei 
  di Luchino Visconti.
 
    Tanto tempo fa. E' autunno inoltrato e sto rientrando a casa da scuola quando 
    la mia attenzione viene calamitata dalla locandina di un film. Mi trattengo 
    a lungo ad osservarla, a studiarla quasi. Ritrae un giovane uomo ripreso di 
    spalle e completamente nudo. Davanti a lui c'è un grande letto e una 
    donna matura, nuda anche lei, colta in un gesto di disperata difesa o così 
    mi sembra. Quel gesto porta con sé un carico di tragedia ben espresso 
    dal titolo scritto a grandi caratteri: La Caduta degli dei di Luchino Visconti. 
    Chi sono quegli dei e di quale caduta parla il film? 
    Il cupo erotismo della locandina e le suggestioni letterarie evocate dal titolo 
    mi conquistano. Vederlo però, comporta infrangere un divieto, un ostacolo: 
    il film e' vietato ai minori.Come scavalcarlo? Senza esitazione, una volta 
    rientrato a casa, chiedo a mio padre che subito acconsente, pur avendolo già 
    visto. E' fatta. Posso entrare allo spettacolo del pomeriggio e seguire finalmente 
    quella storia.Il racconto si apre con i preparativi di un magnifico pranzo, 
    una tavola imbandita con argenti, cristalli e porcellane, per i festeggiamenti 
    del compleanno del barone Joachim von Essenbeck, vecchio patriarca di un'importante 
    famiglia di industriali tedeschi. Già dalle prime inquadrature l'impressione 
    e' enorme per la capacità straordinaria del regista di raccontare un 
    ambiente e di saperlo restituire con rara efficacia visiva fin nei minimi 
    dettagli. Tutta una messe infinita di oggetti, suppellettili e tappezzerie 
    disseminati nei diversi saloni che compongono la casa degli Essenbeck. Questo 
    e' il prologo, l'ouverture del film. Poi comincia il pranzo e con il pranzo 
    si entra nel vivo della storia e la macchina da presa si sofferma a spiare 
    sempre piu' da vicino i rapporti e gli equilibri all'interno di questo clan. 
    Perche' La caduta degli dei e' soprattutto questo: un film su una famiglia, 
    una grande famiglia e il suo rapporto devastante con la Storia, con la storia 
    sciagurata e maledetta che e' stata l'ascesa del nazionalsocialismo.Il film 
    racconta proprio l'affermazione di quel "parto ideologico demente" 
    e le sue conseguenze distruttive all'interno di un gruppo famigliare che per 
    censo, tradizione, cultura e memoria sembrava intoccabile proprio per quei 
    valori consolidati incarnati dal vecchio barone Joachim che nella notte, subito 
    dopo il pranzo, viene assassinato. L'omicidio del capofamiglia segna l'inizio 
    inevitabile della fine, e la corsa verso la decadenza e la caduta nella rete 
    delle streghe, cioè del nazismo. L'impianto del film non e' e non poteva 
    che essere melodrammatico, tutto giocato sulla teatralizzazione e l'enfasi 
    di gesti, sguardi e dialoghi come dentro a una tragedia shakespeariana. Il 
    Macbeth, che e' l'emblema del potere e della sua sanguinaria ambizione, viene 
    preso a modello, rivisitato da Luchino Visconti in chiave moderna per costruire 
    la scellerata matassa dipanata, nel corso della narrazione , dal personaggio 
    di Ashenbach. Potente gerarca delle SS, vero e proprio deus ex machina di 
    tutta la vicenda, che lusinga e attrae su di sé tutti i componenti 
    della famiglia fino allo 'strangolamento' finale. Ma chi incarna il nuovo 
    corso, il nuovo assetto di questa storia sciagurata di morte, sangue, ambiguità 
    e sessualità malata è Martin, il nipote dell'anziano barone. 
    E' lui a strappare il velo all'ultimo dei tabù violentando la madre. 
    Allora, il fotogramma riprodotto nella locandina, che tanto aveva catturato 
    la mia attenzione in quella lontana mattina, si riferisce -è vero- 
    al rapporto esasperato e morboso tra una madre e un figlio ma ancor più 
    viene a metaforizzare e a specchiare uno stupro che da privato diventa collettivo. 
    E', cioè, il riflesso della peggiore perversione ideologica e morale 
    che ha infestato il Novecento. La caduta degli dei, ha innescato, il mio amore 
    per il cinema e , in particolare , la mia sconfinata ammirazione per Luchino 
    Visconti che ancora oggi, a trent'anni dalla sua scomparsa, rimane il maestro 
    e l'artista insuperato per sguardo, sensibilità estetica, rigore morale 
    e tensione conoscitiva. 
  
 
  
    
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