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Rommel in Italia
incontro con Jean Pierre Jouvet
di Enzo Cicchino
 

 Nel settembre del 1943 Erwin Rommel arrivo' qui a villa dei Cedri di Cola' di Lazise in provincia di Verona, da uomo sconfitto, da ex comandante dell'Africa Korps. Molto amareggiato per quanto gli era accaduto ad El Alamein. Battuto, sconfitto da Montgomery, sconfitto dagli inglesi nel deserto africano.
Era un uomo molto triste, molto pensieroso, molto accorato. Questo lo dimostrano le lettere che mando' in quel periodo alla moglie.

 A scegliere Villa dei Cedri quale centro operativo dello stato maggiore di Rommel e sua residenza personale in Italia fu un amico di Rommel, l'Oberfuhrer Alfred Ingemar Berndt, che era stato il comandante dello spionaggio e del controspionaggio dell'Africa Korps in Africa, forse la conosceva da prima della guerra, fu lui a portarci Rommel.

 Arrivo' qui e senza piu' un incarico operativo, comandante di un gruppo di armate, pero' sempre il suo pensiero andava al deserto... La Volpe del Deserto.... pensava a cos'era accaduto in Cirenaica, a cosa era accaduto successivamente in Tunisia. Quest'uomo desolato che da qui, ogni giorno scriveva una lettera alla moglie, piena di questa amarezza che portava dentro, non trovo' pace mai.

 Bisogna dire anche che era giustificata questa amarezza, questa tristezza; ogni mattina alle sei in punto -una vecchia abitudine- alle sei si alzava, veniva su queste terrazze e rimaneva solo, con le guardie del corpo -le stesse che ci sono qui oggi, con la differenza di eta' di oltre 50 anni, veniva qui e restava venti, trenta minuti da solo, ad ascoltare gli uccelli dell'alba... gli uccelli... moltissimi anche rari che ci sono piu' in questo parco e guardava il panorama, gli alberi, parlava con gli alberi, si interessava alla loro salute, se erano coltivati come dovevano, se erano protetti come dovevano.
 E rimaneva a guardare sempre in silenzio, non parlava mai e le guardie rimanevano a circa 500 metri, a turno, fino a quando lui non rientrava dentro il suo Quartier Generale a Villa dei Cedri.
 Rimase tre mesi, aveva molti ufficiali, aveva molti generali, qui viveva... aveva un Capo di Stato Maggiore che lo ammirava, che era il generale Gause, pero' era solo, ed ogni mattina alle sei, su queste terrazze, o passeggiando per la zona, lui indugiava... per minuti e minuti, guardato in lontananza... E' molto difficile dire cosa accadde a Rommel in quei mesi italiani dell'autunno del 1943.
 Sentiva di aver perso la grande battaglia decisiva della sua vita, ma decisiva anche per la sorte del conflitto in Africa.
Era finito. Tutte le truppe tedesche, le truppe italiane erano state fatte prigioniere, o costrette ad evacuare l'Africa occidentale e lui era qui... ad arrestare i poveri soldati italiani fuggiti dalle caserme l'8 settembre.
 Alle mie spalle c'e' la serra di Villa dei Cedri e ci sono due terrazze- queste terrazze accoglievano la sua figura, desolata solitaria di Rommel, ogni mattina, puntualmente, non sbagliava mai, tra le sei e le sei e dieci. Rimaneva solo, non voleva che nessuno lo disturbasse; rimaneva 40 minuti, anche di piu', anche fino alle sette a pensare sempre con un grande magone alla sua Africa perduta.
Perfino il suo capo di stata maggiore, che gli fu grande amico, che gli fu accanto sempre, che era stato ferito gravemente in Africa, il generale Gause, osservava questa solitudine, questo bisogno assoluto di pace, ma anche Gause, capo di stato maggiore, generale dell'esercito tedesco, si fermava, ed anche lui rispettava questo silenzio, questa pace di uomo solo; caso mai l'unica cosa che Rommel faceva, era, appena rientrava, di scrivere alla moglie che abitava vicino a Vienna allora.
 Disperato, ferito... in questo posto, in provincia di Verona, a tre chilometri dal lago di Garda, comincia ad avere i suoi momenti di crisi rispetto al nazismo.
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 Qui invece siamo a Bardolino, un paese del lago di Garda. Questo manifesto bilingue, in lingua tedesca e in lingua italiana fu affisso nel settembre del 1943 in tutti i centri della riviera veronese del lago di Garda. Quindi pochi giorni dopo l'annuncio dell'armistizio tra l'Italia e gli angloamericani. Questo manifesto ha un grande valore, a parte che e' rarissimo, non si trova in nessun istituto di storia della resistenza italiana, non c'e', perche' fu diffuso, affisso in questa zona dell'Italia Settentrionale, del Garda, fu affisso nel settembre del 1943, una settimana dopo la firma dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati e subito dopo l'occupazione di tutta l'Italia Settentrionale, centrale, oltre Roma, fino alla linea del fronte, da parte delle armate tedesche.
 E' un documento unico, la dimostrazione che gia' nel settembre del 1943, subito dopo l'annuncio dell'Armistizio, era nata la Resistenza, almeno nel veronese. Qui tagliavano i fili del telefono delle truppe germaniche. I cittadini venivano multati di lire 50.000, allora quando si cantava "...Se potessi avere mille lire al mese...!" Ed il comando che pubblica questo manifesto e' il comando supremo germanico, quello di Rommel, che aveva il suo Quartier Generale a pochi chilometri da qui.
Fu affisso il 28 settembre e non riguarda il primo atto di sabotaggio compiuto in questa zona "Sono stati tagliati i fili di nuovo" dice, ce n'era gia' stato uno! ecco perche' il comando tedesco di Lazise fece stampare e diffondere questo avviso con minacce gravissime.

Per quale ragione il manifesto e' bilingue?

 Il manifesto e' bilingue, tedesco italiano, perche' subito dopo l'8 settembre 1943 dieci divisioni tedesche appartenenti al gruppo di armate B del Feldmaresciallo Erwin Rommel occuparono l'Italia settentrionale in modo tempestivo, dalla sera alla mattina. Ci furono combattimenti a Bolzano, combattimenti a Trento, a Rovereto soprattutto e un po' anche a Verona.
    Qui... il 10 settembre c'erano gia' le truppe tedesche. Queste truppe appartenevano al Gruppo di Armate di Rommel. Il loro Quartier Generale era, in linea d'aria, a quattro, cinque chilometri da qui, a Cola' di Lazise.
 Il manifesto avverte la popolazione e la punisce con una ammenda di 50.000 lire che "Guai a ripetersi di atti di sabotaggio!" Le linee telefoniche  sabotate erano tra Bardolino  e Cisano, sulla gardesana orientale, in provincia di Verona.
 Atti di questo genere ne furono compiuti parecchi, ci furono dei processi con delle condanne a morte.

    Ma chi furono i sabotatori che tagliarono i fili?

Quasi certamente erano soldati fuggiaschi, soldati, ufficiali, o sottufficiali, italiani fuggiti dalle caserme nella notte fra l'8 e il 9 settembre 1943. Il 9 settembre i tedeschi erano gia' padroni di Verona, erano padroni di Mantova. Ed atti di resistenza avvennero subito, a Mantova ci furono i primi sei fucilati per ordine di un tribunale militare tedesco che era di stanza qui, in questa zona.
 A compiere il secondo sabotaggio dei fili furono dei partigiani locali. Due di essi, presi in flagrante, furono condannati a morte e graziati all'ultimo momento, in extremis, da Rommel personalmente. I biografi piu' documentati -David Fraser per esempio- ricordano questo episodio.

    Come si dislocarono i tedeschi al loro arrivo in zona?

 Il lago di Garda gia' nell'autunno 1943 divenne il luogo preminente di soggiorno e di occupazione delle truppe tedesche. Qui tutto attorno, le ville del lago, le piu' belle, in particolare quelle della riva bresciana nel giro di due mesi divennero sede di tutti i grandi comandi tedeschi: delle SS, della Gestapo, della Wermacht, della marina. Vi trovarono sede poi anche alcune ambasciate: quella del Giappone per esempio. Ma il lago divenne anche residenza personale dei familiari di Mussolini: in Villa Feltrinelli a Gargnano. Claretta Petacci, sua amante invece era sulla riva opposta piu' a Nord.

    Quali erano le personalita' germaniche piu' in vista residenti in zona?

A Villa dei Cedri a Cola' c'era il Quartier Generale di Rommel. Poi a Lazise il comando della Luftwaffe in Italia: vi risiedeva il feldmaresciallo Wolfran von Richtofen, cugino del Barone Rosso: Manfred von Richtofen il piu' famoso pilota della Prima Guerra Mondiale.
Sulla parte opposta, sulla riva bresciana del lago, Sirmione, Desenzano, Salo', Gargnano, Bogliaco, Maderno, in ogni cittadina v'era un comando.  Il luogo che pero' divenne residenza di Mussolini e della sua famiglia, vi erano i figli piu' piccoli, Romano e Annamaria, fu villa Feltrinelli a Gargnano. Il generale Harster comandante della polizia di Sicurezza, l'uomo di Himmler in Italia, era a Verona.
 C'erano poi qui attorno tutte le ville requisite, trasformate in Ospedali militari, in convalescenziari, in luoghi di soggiorno e vacanza dei reduci dei fronti di guerra.

 In linea d'aria, quattro cinque chilometri da qui, dalla parte opposta a Bardolino, delle splendide ville bresciane famose non ce n'era una che non fosse requisita ed occupata, non solo dalle ambasciate dei paesi accreditati presso la Repubblica Sociale Italiana, ma anche dal comando generale delle SS, dal comando della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), dal comando delle forze armate italiane repubblicane rette dal maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani.
Eppoi vi risiedeva il generale Karl Wolf, comandante generale delle SS in Italia. C'erano tanti, non solo dalla parte bresciana ma anche dalla parte veronese, da Malcesine a Peschiera del Garda.
Mussolini non amava la sua villa sul lago, anzi detestava il Garda, diceva che non era ne' un mare ne' un fiume, percio' chiese di avere una nuova residenza, non piu' a Gargnano Villa Feltrinelli, ma a Valeggio sul Mincio, a Villa Sicurta'.

Come venivano definiti i partigiani, dai germanici?

 I tedeschi li chiamavano banditi, li chiamavano ribelli, ma erano quasi tutti ex militari, ufficiali, sott'ufficiali, soldati semplici delle forze armate italiane fuggiti dalle caserme l'8 settembre 1943 e datisi alla macchia.
 Questi primi nuclei di patrioti fecero parte in seguito di brigate... di formazioni... ufficialmente riconosciute anche da tutti gli Alleati, dagli inglesi, dagli americani, dai francesi. Quando cadevano nelle mani delle SS, della Gestapo, che avevano comandi qui: comando a Bardolino, comando a Malcesine, venivano processati e condannati a morte.

Pero' ho l'impressione che il valore storico di questo manifesto vada ben al di la' delle semplici minacce alla popolazione...

 Certo, e' soprattutto indice di un grande problema italiano, quello della guerra civile, non della Resistenza. Cioe' italiani contro italiani. Lo e' gia', come si vede, come si legge, dal settembre 1943, perche' dalla multa di 50 mila lire di cui sono gravate le popolazioni di Bardolino per gli atti di sabotaggio, sono esclusi quella parte della popolazione che si era schierata con la nuova realta' nazionale della Repubblica Sociale Italiana, la Repubblica di Salo', la Repubblica di Mussolini (ormai liberato dai tedeschie e tornato dalla prigionia sul Gran Sasso e la Maddalena).

 Quindi gia' ai primi di settembre gli italiani venivano discriminati, c'erano gli italiani buoni per i tedeschi, i fascisti repubblicani, e c'erano gli altri che i fascisti non legittimavano e non riconoscevano e che erano costretti a pagare la multa. Una parte della popolazione non erano tassata, un'altra parte si... non parliamo poi dei processi!
 Il manifesto dimostra un'altra cosa, una consuetudine dei tedeschi, in tutta Italia, fino a trenta chilometri dalla linea del fronte (oltre i trenta chilometri il comandante supremo non era piu' Rommel ma il felmaresciallo Albert Kesselring) dimostra che gli italiani, erano obbligati a fare la guardia ai fili, a mettersi in una condizione di tutori dell'ordine. I tedeschi attuarono questo sistema sempre, in tutto il paese: la gente, di notte e di giorno era responsabile delle linee telefoniche, degli acquedotti, dei ponti, delle strade. Inoltre gli uomini, erano soggetti al lavoro obbligatorio al servizio dei nazisti.
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 In questa bella villa abitavano i conti Barbaro e qui, durante l'autunno del 1943, settembre, ottobre, veniva Rommel, con l'auto del suo gruppo di armate, o in sella al suo cavallo bianco... che poi porto' con se quando fu mandato in Normandia, in Francia.
 Rommel veniva a trovare Elsa Naumann, moglie del conte Marino Barbaro, madre di due figli... amica di famiglia da vecchia data, tedesca e restava qui a cena, o a prendere il te e a parlare. La contessa era del Wurttemberg, di cui era originaria la famiglia Rommel. Camminavano in questo parco per interi pomeriggi, dicendosi cose che nessuno sa, che Rommel non ha trascritto nel suo diario, o negli appunti; ma erano amici, amici di famiglia; la contessa conosceva molto bene la moglie di Rommel.
 Una parte della villa intanto era gia' stata requisita da un comando tedesco dello spionaggio militare: l'Abwher di Canaris, spionaggio e controspionaggio della Wermacht, non era la Gestapo, non erano le SS. Era il servizio informativo dell'esercito, non quello politico. I tedeschi avevano requisito parte della villa per farne sede, uffici ed anche dormitorio. Meta' villa era abitata dal comando tedesco, l'altra meta' dalla famiglia del conte che appunto riceveva Rommel. Piu' precisamente la parte destra ai Barbaro, la parte sinistra allo spionaggio tedesco.
 Ma la cosa piu' strana, incredibile, era che al piano di sopra, in alto, dove si vedono i merli, sulla parte destra, nella soffitta, nel solaio, avevano trovato aiuto, soccorso, condiscendenze, tre o quattro capi partigiani di Garda, del basso veronese, zona del Garda, Bardolino, ed erano qui... ospitati, protetti... Il loro capo era l'avvocato Carlo Caldera, che poi nel dopoguerra divenne senatore, deputato dell'assemblea costituente, molto amico di Nenni, Pertini. Nella villa quindi si nascondeva un capo partigiano!
 I due figli dei Barbaro, fratelli gemelli, erano suoi uomini! erano dei patrioti, facevano parte della resistenza del basso Garda e stranamente convivevano nella stessa casa... che vedete davanti agli occhi... nella stessa villa, nella stessa sede del comando tedesco. E Rommel veniva qui... all'insaputa.
La cosa e' certa, l'anziana contessa Barbaro era antinazista e dava asilo a dei patrioti italiani, gli stessi che tagliavano i fili del telefono e compivano atti di sabotaggio contro i tedeschi.
 
 
 
 

Si dice che qui a Colà di Lazise sia venuto persino Himmler?

Secondo Desmond Young, uno dei molti biografi che ha avuto Rommel, nell'autunno del 1943 ebbe un incontro riservato tra Rommel stesso e Himmler, il capo della Gestapo e delleSS, il Reichfuhrer, l'uomo piu' potente della Polizia di Sicurezza, l'uomo del nazismo piu' tristemente famoso dopo Hitler. Questo incontro Young non lo dice dove esattamente avvenne, ma dovette avvenire qui appunto, o in ottobre, o in novembre 1943. Nessun storico lo ha scritto ma Himmler dovette venire in Italia qui a Cola' per incontrarsi con Rommel. Per parlare dell'allontanamento da Milano del battaglione delle SS inviato da Sepp Dietrich, che seminava terrore. Sepp Dietrich era uno dei piu' terribili generali delle Waffen SS, le SS combattenti, Rommel chiese che questi uomini fossero spostati altrove ed Himmler lo accontento'.

Ma per quale ragione Rommel era stato inviato in Italia?

A Cola' di Lazise, circa 15 km da Verona, nell'autunno del 1943, settembre ottobre, novembre, si consumo' uno dei piu' grandi... drammi della storia dell'esercito italiano. In queste stanze un feld maresciallo celeberrimo, reduce dall'Africa e chiamato la Volpe del Deserto, Rommel, al comando di un gruppo di armate, il gruppo di armate B, si adopro' per la totale eliminazione dell'esercito italiano. Fu in queste stanze che Rommel per ordine di Hitler fece catturare tutte le forze italiane che potevano ricadere sotto la sua giurisdizione, la quale si estendeva fino a 30 km dal fronte, che allora era nel meridione. Da qui mezzo milione tra ufficiali, sottufficiali e truppa, soldati italiani furono intrappolati, furono caricati sulle tradotte in sosta a Verona, Padova, Piacenza, Milano, Torino ed avviati verso i Lager tedeschi nella prigionia che non avrebbero piu' abbandonato all'infuori dei pochi che aderirono alla Repubblica di Salo'.

Purtroppo questo compito fu ingrato e molto triste che anche lui non apprezzo', quello di distruggere completamente le forze armate italiane, l'esercito italiano. Hitler era furibondo per quello che chiamava il tradimento del governo Badoglio, l'armistizio dell'8 settembre '43.
Accadde che in due sole settimane, da qui, dal quartier generale di villa dei Cedri, Rommel fece catturare, disarmare, e in gran parte deportare in Germania, nei campi di concentramento tedeschi, oltre 400.000 militari italiani, migliaia di ufficiali italiani dell'esercito, dell'aviazione, della marina e 82 generali e lo fece da qui. Non furono tutti, perche' in Germania i soldati italiani imprigionati furono 670 mila, ma di quelli una gran parte fu catturata anche nei Balcani, in Grecia, nelle isole e altrove. E 40 mila non sono piu' tornati, 40.000 di quelli arrestati da Rommel....
Lui che era il grande combattente dell'Africa Korps, l'uomo sempre in prima linea, sempre sotto il fuoco, ferito in quattro o cinque circostanze in combattimento, qui divenne il carceriere dell'esercito italiano. Molto triste. E questo gli fu fatto anche notare da qualcuno.
Si trovo' ad arrestare tutti... -in un'Italia sfasciata, in un'Italia... erano fuggiti tutti... da Roma era fuggito il Re, era fuggito Badoglio, era fuggito Ambrosio, tutti erano scappati e lui qui, ad arrestare quei poveri soldati allo sbando nelle campagne, nelle colline ed anche proprio qui vicino, sul lago di Garda.

E lei, signor Jouvet come mai e' cosi' toccato da quell'episodio?

Io potevo essere uno dei seicentomila che finirono prigionieri in Germania.
Ero a Padova, in servizio presso la seconda squadra aerea e la sera dell'8 settembre 1943, con i miei compagni ero gia' fuori dalla sera prima, avevamo degli amici, eravamo liberi anche di dormire qualche volta fuori. La sera dell'8 settembre, come moltissimi altri, ascoltammo il proclama di Badoglio, cioe' l'armistizio, l'annuncio dell'armistizio fra l'Italia e gli Angloamericani. Immediatamente, tutti gli altri che erano con me, tutti aviatori, decidemmo sul da farsi, dobbiamo tornare dentro, dobbiamo tornare ai nostri comandi, il mio in particolare era Vilo Tarzare (?). Alcuni dissero "No, chissa' cosa succede! Una tragedia.... la guerra e' finita...!" Anche se Badoglio aveva detto 'rispondere ad attacchi di ogni altra provenienza' ... non aveva parlato di guerra finita.
Io buttai... un amico mi chiese di buttare una moneta, la solita monetina per aria, testa o croce, se esce testa resti fuori con noi, se esce croce torni dentro. Usci' testa. Io restai fuori. La mattina dopo, sul lungo viale della stazione ferroviaria di Padova c'erano tutti i miei colleghi, tutti i miei compagni del battaglione dell'aereonautica della seconda squadra aerea, incolonnati con le SS ai fianchi, o soldati della Wermacht, che andavano in prigionia. Quegli uomini di guardia ai nostri soldati obbedivano agli ordini di Rommel, che era qui.
E da qui si irradiavano i suoi ordini, fino a Roma, fino a Firenze, in Abbruzzo dappertutto e da qui, per tre mesi continuarono le operazioni di setaccio dell'esercito, tutto l'esercito, non solo l'esercito di terra, ma anche l'aviazione, la marina, tutto!

Che relazione dette Rommel di questa strana operazione di polizia?

C'e' un documento che e' datato 19 settembre 1943, da Cola' di Lazise, da questo posto, e' di Rommel. E' indirizzato all'OKW a Berlino e segnala l'avvenuta cattura (fino allora, siamo soltanto al 19 settembre, 11 giorni dopo l'annuncio dell'armistizio) di 82 generali, 13.000 ufficiali, e 402.000 soldati italiani, 183.000 dei quali gia' tradotti in campi di concentramento tedeschi.
Questo il dramma dell'Italia, il dramma dell'8 settembre al quale hanno dedicato moltissimi libri, tra i primi Zangrandi, perche' -nella storia della Seconda Guerra Mondiale- fu l'unico caso di un esercito catturato in blocco, disarmato e messo al sicuro nei campi di prigionia.

Ma a quella data il numero dei soldati italiani sotto le armi era molto di piu'!

Da qui fu dunque diramato l'ordine che sciolse pacificamente tutto l'esercito italiano, furono pochissimi gli scontri armati. Pero' non tutti gli italiani con la divisa militare furono fatti prigionieri, anche se i seicentomila divennero poi,  con quelli catturati all'estero, settecentomila, trasferiti nei campi di prigionia tedeschi. Tuttavia non erano certo i due milioni che erano sotto le armi l'8 settembre del 43! molti furono... furono fuggiaschi, molti salirono sui monti, nelle campagne, sulle colline anche qui nel veronese, sul Baldo, non lontano da Cola' di Lzise e nacquero cosi' i primi fuochi, le prime scintille della resistenza italiana.

L'abbiamo gia' narrato, sulla strada che da Pacengo porta a Lazise, ci furono i primi atti di sabotaggio e i primi proclami che uscirono dal Quartier Generale di Rommel, e addirittura, due giovanissimi, catturati mentre tagliavano i fili, furono processati dal Sonder Commando delle SS a Verona, condannati a morte ed all'ultimo momento graziati da Rommel personalmente.
 
 

Ci fu, dopo quel 19 settembre, un aggiustamento di cifre, quanto ai militari italiani catturati?

Fu dunque da questo piccolo paradiso terrestre che un gruppo di alti ufficiali germanici, compreso il loro capo che era un Feldmaresciallo decisero come sterminare, perche' questa e' la verita', non fisicamente, ma togliendo loro le armi, togliendo i gradi, togliendo ogni rispetto... seicentomila militari italiani. I generali da 12 che erano al 19 settembre diventarono 128, gli ufficiali 20.000, fino alla fine di ottobre, anche novembre, continuo' la retata, questa spaventosa cattura a livello di massa nazionale. In tutta Italia, fuorche' l'estremo Sud e la Sicilia dove c'erano gia' gli Angloamericani.

Il 23 settembre 43 da Villa dei Cedri di Cola', Rommel mando' ai comandanti delle sue divisioni -che erano sparse in tutta Italia e persino in Istria e Jugoslavia- un ordine operativo nel quale sottolineava che "...Gli italiani hanno perso ogni diritto ad un trattamento indulgente e devono essere trattati con la durezza che meritano i traditori". Questo disse Erwin Rommel, la Volpe del Deserto, il comandante dell'Africa Korps, col quale morirono combattendo tanti italiani della Folgore, dell'Ariete, delle divisioni che combatterono dalla Cirenaica fino al territorio egiziano di El Alamein.
A onor del vero pero', devo dire, piu' tardi, solo pochi mesi, disse al figlio Manfred (per molti anni borgomastro di Stoccarda, sindaco di Stoccarda), forse pentito dell'ordine: "Certamente gli italiani non sono fatti per la guerra, ma non bisogna giudicare gli uomini solo dal punto di vista delle qualita' militari, altrimenti la civilta' non progredirebbe!"

In Italia, oltre Himmler, quali furono i suoi incontri piu' importanti?

In questa villa in tre mesi.... vennero a trovarlo... si intrattennero con lui una ventina di generali tedeschi; intanto tutti i superstiti della sua Africa Korps, ma anche altri tedeschi, amici, alti ufficiali, qualche ammiraglio.
Ossequiato ogni giorno, visitato da personaggi importantissimi di quel momento, italiani, giapponesi, l'ambasciatore del Giappone presso la Repubblica Sociale Hidaka; venne Mussolini; venne Ricci il Segretario Nazionale della GNR; venne il generale Wolf il comandante delle SS in Italia; venne il Feld Maresciallo Kesselring responsabile del fronte operativo. Eppoi quelli che Rommel amava di piu': gli uomini non catturati, non arresisi agli inglesi, che furono con lui nell'Africa Korps, fino ad El Alamein, fino al tragico novembre del 1942 quando Montgomery sferro' la vittoriosa offensiva che tutti sanno.

 

Ma fra gli amici che ricevette ce ne fu uno molto particolare...

Sarebbe stato proprio qui, durante il periodo di tre mesi di permanenza a Cola' che Rommel, secondo quanto affermato in sede giudiziaria come il tribunale inter-alleato di Norimberga, avrebbe avuto le prime confidenze certe dei crimini perpetrate dai nazisti sul fronte orientale, quindi in Russia. Un amico medico, antinazista, Karl Stroelin ne parlo' e ne scrisse anche nel dopoguerra in alcune interviste.
Un altro grande personaggio dell'antinazismo, Gisevius, ne parlo' anche lui davanti a Norimberga, dicendo che fu a Cola' che Rommel ebbe le prove di questi atroci crimini che poi sono stati documentati da tutto il mondo con prove inoppugnabili.

Fu in quel periodo che maturo' la convinzione "Ricevetti" -lui disse nel suo diario- "Ricevetti, ebbi le prove che Hitler era un criminale di guerra in fondo".
In che senso. Un criminale di guerra per i massacri, per la distruzione del popolo ebraico, per i bambini uccisi, citta' distrutte, villaggi incendiati, criminale di guerra. Le prove le ebbe qui, mentre era a Cola', in Italia, in quell'autunno.
In quei tre mesi avvenne la sua conversione. Rommel -che era stato un estimatore di Hitler- passo' con gli oppositori, passo' dalla parte del fronte antinazista che stava preparando il grande attentato del 20 luglio 44, a Rastemburg nella Prussia Orientale. La persona che piu' incise su questo mutamento fu il dottor Stroelin, appunto. Karl Stroelin,  amico di Hitler fin dalla prima guerra mondiale. Sindaco di Stoccarda dal 1933 e lo rimase fino alla fine della guerra, uno dei massimi... dei piu' importanti congiurati dell'attentato del 20 luglio. Durante la cena del giorno di Natale del 1943, Rommel confido' alla fimiglia di essere venuto a conoscenza dei crimini nazisti.

La sua presenza al Quartier Generale era costante, oppure andava anche piu' lontano...?

Rommel durante la permanenza a Villa dei Cedri si reco' spesso al Comando sia tedeschi che italiani sulla sponda opposta del Garda. Riusci' ad andare anche due volte al Quartier Generale di Kesselring a Frascati. Una sola volta ando' a trovare la moglie ed il figlio a casa. Ricambio' le visite di cortesia dell'ambasciatore giapponese  Hidaka e di altri, ma gli piaceva... la mattina... Usciva nel parco e andava ad ammirare gli alberi. Erano gli alberi dell'autunno del '43. Gli  alberi che perdevano le foglie. C'erano le prime nebbie in ottobre. Restava a colloquiare con un mondo suo, nessuno... si avvicinava -a debita distanza-  le guardie del corpo che dovevano sempre sorvegliarlo, lo guardavano e talvolta lui le chiamava, chiamava uno ad uno e diceva: "Vedi questo albero ha questa malattia, bisogna fargli delle cure altrimenti muore!"
Villa dei Cedri lui non la conosceva, ma gli piacque moltissimo, lui ne mando' a casa alla moglie una descrizione da paesaggio di favola.
 
 

Oltre ai suoi tristi giorni di soldato, Rommel trascorse qui anche un giorno molto particolare...

Nato nel 1891, il 15 novembre, il 15 novembre 1943 a Villa dei Cedri festeggio' il compimento del suo 52esimo compleanno, l'ultimo della sua drammatica vita, perche' non avrebbe raggiunto un altro 15 novembre.

Fu qui, c'erano centiania di ospiti, decine di generali tedeschi, l'ammiraglio Rughe che era un suo grande amico, che era comandante della flotta tedesca in Italia, c'erano gerarchi della Repubblica Sociale Italiana, fra gli altri Mussolini, c'era il generale Wolf, il generale Graziani capo della difesa della RSI e c'erano le guardie del corpo. C'era un'orchestra rinomata, suono' nella sala da musica, ci furono dei cori che si esibirono con delle canzoni popolari tedesche e austriache. Ci fu anche una sontuosa cena, fu bevuto molto vino veronese Valpolicella e Bardolino.
A villa dei Cedri a quel tempo operavano e lavoravano circa seicento persone.
Quando lascio' villa dei Cedri, Rommel, questa partenza fu accompagnata anche da un dolore, lui scrisse alla moglie una lettera dove diceva: "Si torna in guerra!" In fondo qui aveva dato ordini, ma non aveva fatto la guerra. Qui non giravano carri armati nei giardini, c'era degli uccelli esotici, c'era una flora bellissima. Non era El Alamein, non era la distruzione. Gli ultimi mesi poetici di Rommel furono a Villa dei Cedri di Cola' di Lazise.

Cosa accadde a Rommel dopo che lascio' l'Italia?

Da Villa dei Cedri, finita l'operazione Acse, cioe' la cattura dell'esercito italiano, Rommel fu trasferito in Danimarca per valutare ponteziare, se lo avesse ritenuto necessario, tutto il sistema difensivo costiero. Pero' il suo resoconto fu che non c'era pericolo di invasione, di sbarchi, di lanci di paracadutisti.
Lascio' la Danimarca, ando' in Francia. In Francia Hitler lo investi' della responsabilita' di tutte le difese create dalla organizzazione Todt del ministro degli armamenti Albert Speer sul Vallo Atlantico.
Tutte le difese... i pali, gli spunzoni che escono dal suolo, i grandi bunker furono... o meglio, quelle difese furono rifatte da Rommel! perche' dopo averle viste, quando fece le prime ispesioni all'inizio del 44, al suo capo di stato maggiore disse: "E' un castello di carta!" E le fece ricostruire... come abbiamo visto cisono ancora.
Rimase in Francia. Il giorno dello sbarco in Normandia era a casa sua, 6 giugno 1944, era il compleanno della moglie, di Lucia Maria. Fu avvertito immediatamente, corse in Francia, comincio' a trovarsi in urto, fu quello il momento in cui maturo' la sua avversione ad Hitler con parole che non erano sua abbitudine "Quel pazzo! quel folle!" diceva.

Arrivo' il 17 luglio. Ando' a visitare alcuni comandi tattici delle sue divisioni, insieme alle sue guardie del corpo; era insieme ad un capitano ed un maggiore, e al suo autista Daniel che e' morto. Due aerei americani si abbassarono, lo mitragliarono, lo colpirono gravissimamente al capo. All'inizio in un ospedale vicino... poi volle essere portato nella citta' piu' vicina dove abitava la sua famiglia, ad Ulm. Li' rimase otto, dieci giorni tra la vita e la morte, poi piano piano si riprese.
In ospedale, seppe del fallito attentato del 20 luglio. Pero' lui non aveva mai approvato che Hitler venisse ucciso; quando il 20 luglio 1944 il conte Klaus von Stauffemberg fece scoppiare la bomba, Hitler poteva morire, invece Rommel non era d'accordo; sua idea era di farlo deporre, di indurlo, di imprigionarlo, di metterlo in una clinica, di tirarlo via dalla conduzione della guerra, che lui gia' diceva ai suoi ufficiali intimi "E' persa!"
Intanto proseguivano gli interrogatori fatti da Kaltenbrunner e da Sellemberg, ai congiurati. E veniva alla ribalta -tra gli indiziati- il suo nome, come uno che era al corrente dei fatti. Il 7 ottobre, il feldmaresciallo Keitel, capo dell'OKW, mando' una convocazione urgente a Berlino, lui capi' che se fosse andato non sarebbe piu' tornato, adducendo dei motivi di salute rifiuto' di andarci.
Il 14 ottobre, nella sua casa a Herlingen arrivarono due generali che lui conosceva, uno era il generale Wilhelm Burgdorf, questo -per inciso- fece l'identica fine di Rommel perche' si tolse la vita alla fine dell'aprile del 45 nella cancelleria, con il veleno, e un'altro, il generale Maisel.
I due generali dissero chiaro e tondo poche parole: "Sappiamo tutto, lei deve uccidersi, perche' lei era al corrente dell'attentato ad Hitler, deve uccidersi. Pero' noi le assicuriamo a nome del Fuhrer, a nome di Hitler, che il suo nome restera' permanente agli onori della grande Germania. Se pero' lei rifiuta -noi le abbiamo portato il veleno, e' un veleno che non procura grande dolore, agisce in due o tre secondi- se lei rifiuta di uccidersi sara' processato a Berlino davanti al tribunale del popolo e condannato sicuramente a morte per alto tradimento".
Lui chiamo' la moglie in disparte, ebbe un colloquio di un quarto d'ora e gli disse "Il Fuhrer mi ha mandato il veleno, agira' in due o tre secondi, non mi fara' soffrire. Se non lo faro', se dovessi rifiutarmi, saro' processato e assieme al mio nome, ed anche il tuo, e quello di nostro figlio Manfred, dei miei fratelli, saranno travolti nel disonore e nella vergogna come traditori della patria".
Saluto' il figlio. Il figlio ricorda la carezza del padre sui capelli, fermo sulla scala mentre scendeva per salire sulla macchina dei due generali. Avevano una scorta di cinque uomini... di un ufficiale e di tre, o quattro agenti della Gestapo pronti. La macchina parti'. Dopo un quarto d'ora suona il telefono. La moglie Frau Rommel rispose al telefono. Era una voce che non era ne' quella di Burgdorf ne' quella di Maisel, "Signora, dobbiamo comunicarle che il feldmaresciallo e' morto per ictus, mentre era in macchina".
Ci fu un funerale. Questo funerale fu una delle grandi prove massime di ipocrisia nel mondo, perche' la salma fu esposta nella sala del comune di Ulm, la corona piu' grande era di Hitler, anche una lettera piena di elogi del grande maresciallo dell'Africa Korps. A pronunciare l'orazione funebre fu il feldmaresciallo Gerd von Rundstedt, uno dei grandi... era stato comandante supremo del Fronte Occidentale in Francia quando c'era Rommel. Un treno apposito era partito da Berlino, con tutte le piu' alte cariche della Luftwaffe, della Kriegs Marine, della Wermacht, delle SS, della Gestapo.
Cinque mesi dopo la moglie ricevette una lettera che diceva: "Signora, il Fuhrer vorrebbe dedicare un monumento solenne alla figura del grande Feldmarshall Rommel nella citta' di Ulm. Lei prese la lettera, la straccio' davanti a suo figlio Manfred e rispose semplicemente: "Lsciatemi in pace".