Archivio poesia - poetry

 


CRISTINA CODAZZA

 

 

Vive e lavora a Torino dove è nata nel 1965.
Ha partecipato come autrice ed organizzatrice a molteplici recitals in teatri e locali torinesi. Le sue poesie, alcune tradotte in inglese, francese e spagnolo, sono inserite in antologie e riviste letterarie nazionali ed internazionali nonché all'interno di siti Internet di settore.
Ha curato la prefazione di raccolte poetiche e redatto articoli di cultura e costume per riviste letterarie nazionali.
Nel 1995 è stata autrice selezionata dall'Assessorato alla Qualità della Vita Città di Torino per l'Antologia Letteraria "Progetto Arcobaleno" a favore delle iniziative umanitarie per la ex Jugoslavia. Da questa iniziativa è nata in quell'anno una performance teatrale itinerante dedicata al progetto di ricostruzione della Biblioteca di Sarajevo.
Nella primavera del 2004 ha partecipato, con il mini psico-dramma "Nel bel mezzo di una commedia americana", al Concorso di Letteratura Umoristica "Parole da Ridere", organizzato nell'ambito del Festival Nazionale del Cabaret di Torino.
Presiede la Giuria del Concorso di Poesia "Internazionalismo e Solidarietà" (Associazione di Amicizia Italia-Cuba) ed è membro della giuria dei premi letterari nazionali "Città di Torino", "Letteratura d'Amore" e "Premio per la Pace" (Centro Studi Cultura e Società - Torino).
Nel 2005 ha ricevuto il 1° premio assoluto - sezione poesia - Concorso Letterario Nazionale "Emily Dickinson" (Città di Taranto) con la poesia "Strano frutto", tratteggio dell'esistenza estrema e dolorosa dell'icona jazz-blues americana Billie Holiday.
Un parere sulla poetica espresso dal poeta Maurizio Cucchi: "Una sobrietà perentoria di tono che impressiona, positivamente: "Il tempo è una radice/possente e contorta,/vittima casuale/del nostro passaggio/rumoroso e levigante". Per fortuna non spreca parole, usa un verso breve perché non potrebbe fare altrimenti, data la sua concisione: "Il suo occhio/(furente)/è ciò che squarcia/il pensiero comune".

Per contattare l'autrice, potete scrivere all'indirizzo
e-mail: lapostadicris@yahoo.it

 

 


STRANO FRUTTO
(Strange Fruit)

"Southern trees bear a strange fruit
blood on the leaves and blood on the root"


(Baltimora, 1915)

La mia vita
appesa ad un filo,
dicono,
ed io che di quella vita
sono il filo ed il miracolo,
dico,
mi srotolerò soltanto

in presenza
di una notte stupefatta
del mio legame lunare-materiale
(del mio occhio disarmato)

d'una marea e di parole
tante, ruvide, scricchiolate.

Se quel filo disperato
sarà poi il tocco
di una morte urgente

il mio blues fumato, ossessionato,
si consumerà solo,

come uno strano frutto
nell'odore acre
di un'alba da nightclub.

(New York, 1959)


- a Billie Holiday -

L'OCCHIO

(d'un passaggio imperfetto)

"Il tempo è una radice
possente e contorta,
vittima casuale
del nostro passaggio
rumoroso e levigante"


Il pallore d'un volto
sfocato e disperso
in un mare di ombre
(di fango)
coerenti-distratte,

il suo occhio
(furente)
è ciò che squarcia
il pensiero comune,

è l'imperfetto
che porta alla luce
le ordinarie follie cosparse
di bene
(grondante parole).

Forse,
l'ignara misura
d'un calibrato finale.

 

IL DESTINO DEL MARE

(la risposta)


Era vento
che non sapeva
tacere

se toccavo l'acqua
cercandone il senso

sentendo la sua fine
imminente,
sul mio corpo,
ripresa dal sale.

C'era la mia vita
(ed un po' di morte)
in quella partenza definitiva
del mare e del suo destino

e c'erano i miei occhi
immobili
su un orizzonte incerto,

ed il quesito
(sepolto nella sabbia)
della follia e del suo risultato.

Il pianto è un muro
sul quale rimbalza
la risposta.



LA CITTA' GALLEGGIANTE

"Mettevamo passione
ed aspirine nei vasi da fiori
e li guardavamo
galleggiare, la sera,
sull'acqua profumata
del bagnetto"


Il silenzio della fine d'agosto
vibrava tra la cucina
ed il balcone più fresco,

lì anche la città profumava un po'
restituendo l'eco all'olfatto
delle angurie spaccate
al chiosco della via.

Guardavo quel galleggiare distante,
sottolineato dal ronzio imperturbabile
del frigorifero,
luci di altre intimità
notturne, intermittenti
di semafori e fanalerie
solitarie,

ogni affermazione su quel mondo
era probabile quanto distante,

sfioravo la ringhiera
senza attenzione,

certa che quel limite
con il resto della città
avrebbe contenuto il mio passato,
l'esitazione e la voluttà
di quell'accesso privato
al mio stesso mondo.

 

 

NEL BEL MEZZO DI UNA COMMEDIA AMERICANA

(Interno - ambiente Hollywood by night - luci soffuse)


"I love you baby! - Sai che ti amo fragolina, perché continui a fissare la città che dorme ... Vedo solo le tue spalle da più di due ore, darling voltati che ho voglia di annusarti e di arrivare fino al tuo cuore ... Sento il profumo dell'America che suda: I need you Virginia, stenditi qui senza parlare ... ALMENO VOLTATI!".

Monk restò a guardare le spalle di Virginia per tutta la serata, seduto tra bottiglie di whisky, latte-rhum e succo di pomodoro.
Quell'amore non era certo travolgente ma gli permetteva comunque di parlare molto con se stesso e di svuotare il frigo-bar senza render conto a nessuno.
A volte, con un dito, prendeva timidamente a frugarsi una narice ma Virginia aveva occhi sulle spalle (forse solo lì) ed un suo grugnito era sufficiente a scuotere Monk gettandolo nel più greve imbarazzo:

"Monk ti odio, lo sai. Fai quelle cose schifose pensando che non ti veda, ma la città non dorme affatto e ti punta il suo dito contro. Monk vai a dormire, è tardi, lavati un po' e non schiacciare quel maledetto tubo del dentifricio a metà ... SAI CHE NON LO SOPPORTO!".

Virginia fumava e guaiva interiormente:

"Monk sei il solito lurido bastardo, so quello che vuoi da me, stai lì dietro in attesa, come un animale da monta, ma la tua darling non si volta ... Puoi sbavare e ululare piccolo mostro, la tua baby ha il deserto nelle vene questa notte ... Guardami le spalle per un altro giorno, per un anno, per un secolo: è l'unica consolazione per i tuoi occhi da mandrillo ... ALMENO RISPONDI!".

Monk, avvolto dal buio dell'ambiente, dormiva da almeno un'ora, riverso sulla sua poltrona finto-skai e, come un'autentica moto-trebbia texana, iniziò inequivocabilmente a russare.

 

 

webmaster Fabio D'Alfonso


 
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