A settanta anni dalla loro redazione ecco per
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GUADALAJARA
Roma, 19 giugno 1937-XV
Ho ricevuto l'Ambasciatore Drummond che aveva chiesto udíenza col pretesto
di ringraziarmi per il dono inviato in occasione del matrimonio della figlia.
Mi ha domandato se avevo letto la risposta data da Eden alla Camera dei Comuni
in seguito all'interrogazione laburista circa i missionari in Etiopia. Gli ho
risposto di sì e allora Drummond ha aggiunto che certamente non mi era
sfuggito il senso di moderazione che aveva guidato il Ministro degli Affari
esteri britannico. È passato quindi a parlarmi dell'articolo "Guadalajara".
Ha premesso di parlarmi in via personale e quindi con la più assoluta
franchezza. Da qualche tempo Drummond, sostenendo col suo Governo la necessità
di addivenire ad un prossimo miglioramento delle relazioni italo-britanniche,
ha sempre assicurato che il Duce, al di là delle necessità e delle
situazioni contingenti, era favorevole ad un'intesa con la Gran Bretagna, e
che nell'animo degli italiani non albergavano propositi minacciosi ed aggressivi
nei riguardi dell'Inghilterra. L'articolo su "Guadalajara", che parla
chiaramente di non lontane vendette, lo aveva condotto a riflettere e a domandarsi
se, nel suo desiderio di raggiungere un accordo con l'Italia, non si fosse lasciato
indurre in errore giudicando come sopra ho detto.
Gli ho risposto che certamente egli era nel giusto. Il Duce fin dal novembre
scorso ha dato prova di desiderare il ritorno ai rapporti normali con la Gran
Bretagna e la conclusione del gehtlemen's agreement è stata la prova
decisiva di questa sua volontà. Anche oggi credo di poter affermare che
Mussolini è disposto ad intendersi con la Gran Bretagna sulla base di
una intesa completa e chiarificatrice di ogni punto. A cominciare naturalmente
da quello del riconoscimento dell'Impero che tolga ogni pratica possibilità
di equivoco e di attrito nei rapporti futuri.
Per quanto concerne l'articolo "Guadalajara", non sarà certo
sfuggita all'Ambasciatore di Gran Bretagna l'ondata di entusiasmo sollevata
in Italia da questa pubblicazione. Ma, anziché rendere piú difficile
un avvicinamento alla Gran Bretagna io penso che debba facilitarlo. In realtà,
come ebbi occasione di dire a Drummond dopo gli incidenti di stampa per la questione
di Bermeo, il Duce era rimasto profondamente ferito dalle affermazioni fatte
dai giornali inglesi nei riguardi dell'Esercito italiano. La pubblicazione dell'articolo
"Guadalajara" valeva, a mio avviso, a mettere definitivamente in chiaro
un episodio del quale si era cosí erroneamente e calunniosamente parlato,
ed anche per quanto concerne personalmente il Duce, a permettergli di considerare
i rapporti con la Gran Bretagna con la serenità che è data a colui
che ha potuto finalmente dire quanto aveva in cuore. Per quanto concerne poi
la "vendetta", Drummond non doveva dimenticare che i nostri volontari
sono ancora in Spagna e che è certamente sul terreno iberico che l'azione
è considerata. La presa di Bilbao insegna.
Drummond ha risposto che prendeva atto con molto compiacimento di questo mio
punto di vista e che per parte sua intendeva spingere, per quanto possibile,
l'opera di conciliazione. Però egli non vede la possibilità di
arrivare al riconoscimento giuridico dell'Impero prima della prossima sessione
ginevrina. Mi ha chiesto se potevo dargli qualche suggerimento in proposito.
Gli ho risposto che non avevo nessuna formula pronta da sottoporgli, ma che
comunque anch'io avrei riflettuto su questa sua richiesta e che per il momento
mi limitavo a ringraziarlo di quanto mi aveva detto e a dirgli che le dichiarazioni
fattemi comunicare da Eden, per il tramite di Grandi in questi ultimi giorni,
erano riuscite gradite.
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