A settanta anni dalla loro redazione ecco per la
prima volta in rete i documenti che Galeazzo Ciano
allegava al suo DIARIO

 

 


CIANO IN UNGHERIA

 


Budapest, 19-22 maggio 1937-XV

Durante i colloqui che ho avuto con il Presidente Darànyi e con il Ministro Kànya, abbiamo compiuto un largo giro di orizzonte esaminando tutti i problemi che direttamente e indirettamente interessano la politica dei due Paesi. Devo premettere che fin dall'inizio delle conversazioni ho notato nel Ministro Kànya una certa perplessità, determinata particolarmente da alcuni dubbi che che nutriva circa la nostra politica in Austria, le nostre trattative con la Romania, le nostre relazioni con l'Inghilterra. Tali dubbi non parevano condivisi dal Presidente Darànyi.
In seguito dirò come io abbia potuto dare al Ministro Kànya le assicurazioni opportune, sicché egli, alla fine dei colloqui, mi ha confermato esplicitamente che nessuna incertezza esisteva piú nel suo animo nei confronti della nostre direttive.
Europa Centrale. - Ho detto ai miei interlocutori quali fossero stati i risultati dei colloqui di Venezia e il mio esposto ha integralmente coinciso, a loro dire, con quello già fatto da Schuschnigg in occasione della sua visita a Budapest.
Durante i colloqui avuti a Londra, a Kànya era stato ripetutamente detto dagli inglesi che noi, presi in Africa dalla nostra politica coloniale e panislamica, e in Ispagna dalla campagna antibolscevica, ci preparavamo a disinteressarci completamente del problema austriaco con tutto vantaggio della Germania nazista. Eden aveva apertamente consigliato Kànya a cercare, insieme all'Austria e alla Cecoslovacchia, di costruire un argine contro la pressione tedesca. In pari tempo aveva lasciato comprendere che l'interessamento inglese alle vicende dell'Europa centrale non poteva essere che un interessamento platonico. D'altra parte Kànya gli aveva risposto che l'Ungheria, pur preoccupandosi di un eventuale dilagare della potenza tedesca verso i suoi confini, non vedeva la possibilità né intendeva mutare la sua linea politica basata sull'amicizia con l'Italia e sulla collaborazione con la Germania.
Comunque Kànya nutriva dei dubbi circa il nostro attivo interessamento alla indipendenza dell'Austria e particolarmente l'articolo di Gayda era valso a confermare in lui, come, a suo dire, in alcuni circoli ungheresi e in molti austriaci, l'opinione che l'Italia si stesse gradualmente allontanando dalla posizione austriaca. Ho ribattuto ciò con i noti argomenti e gli ho detto che una sola eventualità potrebbe immediatamente compromettere il nostro appoggio all'Austria: quella cioè di un allineamento di Vienna sull'asse democratico bolscevico di Parigi, Praga, Mosca.
Kànya ha preso atto di queste mie dichiarazioni e ne è parso vivamente soddisfatto.
Per quanto concerne i rapporti con la Piccola Intesa, ho narrato con molta ricchezza e precisione di particolari i colloqui con Stoiadinovic ed ho illustrato i risultati del Patto di Belgrado. Per quanto concerne la Romania ho confermato che, nonostante ogni voce corsa, nonostante il reale interesse che potrebbe avere il condurla nel nostro sistema, noi non avevamo negoziati in corso né intendevamo iniziarli fino a quando l'Ungheria non ci avesse fatto conoscere che la stipulazione di un patto tra Roma e Bucarest non era soltanto ammessa, ma risultava utile e gradita alla politica magiara.
Kànya, facendo il punto delle relazioni ungheresi con i tre Stati limitrofi, mi ha detto che egli aveva accolto con simpatia il Patto di Belgrado e che anche l'opinione pubblica ungherese si era, nella sua assoluta maggioranza, resa conto delle importanti ragioni che lo avevano determinato e delle conseguenze benefiche che esso avrebbe potuto avere nei riguardi della stessa Nazione magiara. Inoltre Kànya ha accolto con la piú viva soddisfazione le mie dichiarazioni relative alla nostra politica nei confronti della Romania. Per quanto concerne l'attuale posizione ungherese egli faceva rilevare che il solo Stato con il quale avrebbe potuto stipulare un Patto in ogni momento, era la Cecoslovacchia la quale continua a rinnovare le sue profferte. Ma ciò non è, almeno per ora, nelle intenzioni del Governo ungherese. Con la Jugoslavia le relazioni hanno subíto una notevole détente, ma per il momento è da escludere, in seguito ai noti recenti accordi conclusi a Belgrado nella riunione della Piccola Intesa, un accordo separato con Belgrado. Piú difficili sono le relazioni con la Romania ove la pressione sulle minoranze ungheresi diviene ogni giorno piú grave e dolorosa e dove l'opinione pubblica romena è nettamente orientata in senso anti-magiaro.
Allo stato degli atti Kànya non vede la possibilità di un immediato sviluppo della situazione. Si è parlato in alcuni ambienti ungheresi della possibilità di svolgere trattative contemporaneamente con i tre Stati per arrivare a dei Patti bilaterali con ciascuno di essi, lasciando poi al tempo di far sopravvivere quei Patti che avessero in sé contenuto di vitalità e di far morire quello che in Ungheria non è desiderato, e cioè il Patto con la Cecoslovacchia. Comunque nessuna decisione è per ora presa e Kànya conferma che prima di iniziare trattative in qualsiasi senso prenderà contatto con il Governo Fascista.
Nostre relazioni con l'Inghilterra. - Durante il suo soggiorno londinese Kànya ha avuto colloqui con Eden e Vansittart i quali gli hanno dichiarato che da parte inglese si desiderava vivamente di arrivare ad un'intesa con l'Italia e che a loro parere nulla dovrebbe ormai sostanzialmente ostarvi. Ciò è quanto Kànya mi ha detto. Ma in realtà ritengo che i due uomini politici inglesi abbiano descritto il nostro atteggiamento nei confronti dell'Inghilterra come quello di chi intende provocare un conflitto e ciò aveva profondamente impressionato Kànya. Questi mi ha ripetuto più volte numerose considerazioni sulla potenza inglese e sulle alleanze democratiche che automaticamente si salderebbero intorno ad una Gran Bretagna attaccata a noi.
Darànyi poi, meno diplomatico e nei riguardi nostri più schiettamente amico, mi ha rivolto questa domanda esplicita: "È vero che Mussolini vuole fare la guerra all'Inghilterra?".
Ho risposto elencando la serie di gesti da noi compiuti per rendere possibile una ripresa di relazioni con la Gran Bretagna e quella incontestabile delle numerose provocazioni che da parte britannica ci sono in questi ultimi tempi venute. Anche in futuro noi vogliamo fare del nostro meglio per rendere normali le relazioni con l'Inghiiterra, ma non abbiamo nel frattempo chiuso gli occhi alla realtà, e, di fronte alla preparazione inglese, la nostra preparazione procede con un ritmo metodico e sicuro. Nessuna intenzione aggressiva da parte nostra. Egualmente nessuna possibilità di ripiegamento italiano di fronte ad una eventuale aggressione britannica. Queste mie dichiarazioni sono state accolte con molto compiacimento da Kànya il quale era tornato da Londra preoccupato che noi volessimo intransigentemente provocare un conflitto con l'Inghilterra.
Nei riguardi delle relazioni con la Francia gli ungheresi mi hanno ripetuto che da parte francese si sono rinnovati i tentativi per indebolire il sistema politico dei Protocolli di Roma e per allontanare l'Ungheria dall'asse Roma-Berlino, ma l'azione francese non si è svolta che saltuariamente e sopratutto valendosi della cooperazione inglese. Le relazioni fra l'Ungheria e la Francia continuano a mantenersi su una base di assoluto convenzionalismo, tanto piú che il popolo ungherese non sente nessun legame di simpatia verso la Nazione francese. Tentativi forse piú insistenti ed organici sono stati compiuti dal Governo di Parigi presso Schmidt, ma Kànya assicura che il contegno di quest'ultimo è stato assolutamente irreprensibile durante il periodo delle visite a Londra e a Parigi. Si è fatto chiaramente capire a Delbos che ogni intensificazione di rapporti con la Francia e con la stessa Cecoslovacchia, potrà avere luogo sul terreno economico, ma che non è il caso di parlare di nuovi legami politici.
In seguito a richieste rivoltemi particolarmente da Darànyi ho dato assicurazione che, nonostante il nuovo trattato di commercio con la Jugoslavia, gli interessi ungheresi verranno tenuti in particolare considerazione da parte nostra. Ciò è riuscito tanto più gradito in quanto che in alcuni ambienti ungheresi si era temuta la concorrenza del commercio jugoslavo e se ne erano previste conseguenze seriamente dannose.
Tanto Darànyi quanto Kànya hanno tenuto a confermarmi a piú riprese la loro soddisfazione per i colloqui avuti durante il mio soggiorno a Budapest e che sono valsi a dissipare ogni incertezza che si era potuta determinare relativamente alle nostre direttive politiche.
Darànyi, in un colloquio che ho avuto con lui durante un ricevimento a Palazzo Reale, mi ha fatto chiaramente comprendere di non avere piú una assoluta fiducia nella persona di Kànya. Con molto garbo pensa di allontanarlo dal Governo. Ciò potrebbe aver luogo in ottobre prendendo a pretesto le scosse condizioni di salute del ministro Kànya. A sostituirlo potrebbe essere chiamato o il conte Bethlen o l'attuale ministro di Ungheria a Bucarest.


 

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